INTRODUZIONE PROF. RICCARDO ZOIA (Presidente SIMLA)
Riceviamo un contributo completo e puntuale su aspetti epidemiologici e storici della pandemia da Covid-19 che favorisce in modo tangibile molte importanti considerazioni di rilievo medico legale: ne sono autori colleghi specialisti, impegnati direttamente sul territorio in questo momento di generale sconvolgimento, che ringraziamo molto per l’impegno e per la volontà di condividere i risultati della loro ricerca attraverso i canali di comunicazione della Società.
Questa esperienza rientra in modo prezioso negli scopi di S.I.M.L.A. di acquisire spunti tecnici, esperienziali, di studio e di ricerca nonchè di casistica sui quali riflettere e dei quali fornire comunicazione diffusa, come esempio di compartecipazione, discussione e colleganza del grande patrimonio medico legale che costantemente si pone alla nostra attenzione.
E’ un auspicio più volte dichiarato, e che merita ora di essere ribadito, che Soci, Gruppi, Istituzioni e Componenti associati a S.I.M.L.A. contribuiscano attivamente a questo importante scambio consentendone un consolidamento ed uno sviluppo, guardando alla nostra Comunità medico legale, alla ricchezza che vive e della quale fa esperienza quotidiana con passione e sacrificio.
La collaborazione alla crescita comune è fatta anche di ogni scambio intelligente e generoso.
IL COVID-19:
STORIA E SVILUPPO DELLA PRIMA PANDEMIA DA CORONAVIRUS
G. L. Castellani, M. Portas, G. Giannini (Verona), L. Di Mauro (Catania)
Gloria Luigia Castellani
Lucio Di Mauro
Gli albori dell’anno corrente hanno subìto un repentino susseguirsi di eventi e provvedimenti, volti a comprendere e quindi gestire l’epidemia da nuovo coronavirus. Passo dopo passo i Governi e le Istituzioni hanno cercato di fare proprie le informazioni provenienti dalla Letteratura disponibile attraverso autorevoli riviste on-line, per emanare appositi provvedimenti volti alla protezione della popolazione.
L’elaborato qui proposto tenta di ripercorrere, con un approccio evidence-based, i passaggi salienti delle prime fasi dell’epidemia da SARS-CoV-2 e i relativi aspetti di interesse scientifico-sanitario correntemente emersi, dai primitivi riscontri sino al conclamato stadio di pandemia, per poi sintetizzare, da ultimo, gli elementi principali del quadro tutt’ora in atto.
I. L’OUTBREAK IN CINA
Figura 1
Nella città di Wuhan, una metropoli di 19 milioni di abitanti nel sud-est della Cina – fulcro dei trasporti nazionali e internazionali – dall’8 dicembre compaiono casi di sindrome acuta respiratoria di origine sconosciuta: clinicamente si presenta con febbre e dispnea in aggiunta a lesioni infiltrative polmonari bilaterali.
Al 31 dicembre, data del primo report ufficiale, sono segnalati in totale 27 casi, tutti ricollegati all’esposizione diretta al più grande mercato locale di prodotti ittici-umidi per il consumo alimentare in Wuhan: il mercato viene chiuso il 1 gennaio 2020[1].
Il 7 gennaio le Autorità cinesi dichiarano di aver identificato e isolato l’agente patogeno: si tratta di un nuovo tipo di coronavirus (novel Cov – nCoV). Della stessa famiglia di virus fanno parte i patogeni responsabili dell’epidemia di SARS del 2003 – anch’essa inizialmente ricollegata all’esposizione ad un mercato locale[2] – e di MERS (sindrome respiratoria mediorientale).
Il 10 gennaio la WHO segnala come non via sia significativa trasmissione interumana; non è raccomandataalcuna specifica misura sanitaria per i viaggiatori; contestualmente, la WHO si pronuncia contraria all’applicazione di misure restrittive riguardo viaggi/commerci con la Cina[3]; lo stesso giorno è pubblicata la sequenza genomica del virus[4]. Al 12 gennaio i casi confermati sono in totale 41, tutti circoscritti nella zona di Wuhan; è segnalato 1 decesso.
II. LA PRIMA DIFFUSIONE INTERNAZIONALE
Il 13 gennaio è individuato il primo caso al di fuori del territorio cinese, in Tailandia: è una donna residente a Wuhan, recatasi a Bangkok tramite aereo il 5 gennaio. Il 14 gennaio è confermato un caso anche in Giappone, in un soggetto con recente viaggio a Wuhan.
Lo stesso giorno è pubblicato un articolo sul Journal of Travel Medicine[5] che propone un’allerta internazionale nei confronti dei trasporti dalla città di Wuhan, a fronte della mancanza di ufficiali restrizioni rispetto alle maggiori metropoli asiatiche, potenzialmente ritenute i più probabili siti di eventuale esportazione del virus.
Al 20 gennaio sono 4 i Paesi interessati dall’epidemia: oltre alla Cina, sono riportati casi in Tailandia (2), Giappone (1) e Corea del Sud (1), tutti provenienti da Wuhan, per un totale di 282 casi e 6 decessi.
Il 22 e il 23 gennaio si riunisce per la prima volta l’Emergency Committee convocato dal WHO: al termine dei lavori, il Comitato conclude che l’epidemia ancora non costituisce un Public Health Emergency of International Concern (PHEIC)[6].
Un articolo scientifico[7] suggerisce come vi possa essere una concreta trasmissione interumana del virus; per quanto riguarda la severità della patologia, il rischio di decesso nei pazienti ospedalizzati è stimato pari al 14%.
Il giorno 23 gennaio i casi confermati salgono a 581, di cui 571 in Cina; si individuano casi anche a Hong Kong, Taipei, Regione di Macau e USA. Da questo giorno, la città di Wuhan è posta in quarantena, con blocco dei trasporti e voli da/per la città[8].
Un articolo pubblicato su International Journal of Infectious Diseases[9] analizza i primi dati dell’epidemia per proporre una stima preliminare del numero di riproduzione di base [R0 – definito dal numero stimato dei casi secondari prodotti da una singola infezione] per la trasmissione interumana del nuovo coronavirus: i dati evidenziano come l’R0 – compreso in un range tra 2.24 e 3.58 – sia simile a quello emerso nelle precedenti epidemie da coronavirus interessanti l’uomo e sensibilmente maggiore rispetto alle prime stime.
Questi risultati esprimono il potenziale del nCoV di sviluppare quadri epidemici.
Figura 2
III. I PRIMI CASI EUROPEI
Il 24 gennaio sono 846 i casi globalmente riconosciuti. Tutti i casi rilevati al di fuori della Cina presentano una storia di recente viaggio a Wuhan o almeno un contatto con casi di Wuhan.[10]
Confermati i primi 3 casi in Europa, in Francia: il primo paziente è un soggetto francese con recente viaggio professionale a Wuhan, i cui sintomi erano insorti il 16 gennaio; positivi altri due soggetti, una coppia di turisti cinesi, sintomatici dal 19 e 23 gennaio rispettivamente.[11]
Esce un articolo su The Lancet[12] che indica chiaramente una trasmissione interpersonale, sottolineando come fino al momento della pubblicazione stessa nessuna evidenza di trasmissione person-to-person fosse stata presentata nella letteratura scientifica; gli Autori concludono rimarcando come sia cruciale isolare i pazienti come anche tracciare e porre in quarantena i rispettivi contatti nel minor tempo possibile poiché l’infezione asintomatica appare verosimile. Sono illustrate anche le analogie della nuova epidemia con l’outbreak di SARS del 2003: è sottolineato come nel caso del coronavirus della SARS la trasmissione interumana fosse efficiente e “super spreading”.
Un parallelo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine[13], basato sulle analisi genetiche del virus isolato in un primo cluster di pazienti, rileva come vi sia una sovrapposizione del 86,9% della sequenza nucleotidica rispetto ad un genoma precedentemente pubblicato, appartenente un SARS-like CoV infettante i pipistrelli.
Il 25 gennaio i casi confermati salgono a 1.320; oltre alla Francia, si rilevano pazienti anche in Australia, Taiwan, Singapore e Vietnam.
Il giorno 28 gennaio si conferma il primo caso in Germania[14], ritenuto il paziente 1: è un businessman con precedenti contatti con una collega cinese, recatasi in Germania nei giorni 20 e 21 gennaio, poi riconosciuta positiva al virus. Il paziente 1, dopo una prima fase di malessere, il 27 gennaio (asintomatico) era tornato al lavoro e aveva intrattenuto contatti con altri individui.
In data 29 gennaio, a fronte di 6.065 casi confermati e 132 decessi totali, la WHO raccomanda lo screening di uscita dalle aree di infezione, pronunciandosi contraria all’applicazione di restrizioni nei confronti del traffico internazionale.
L’Emergency Committee si riunisce, per la seconda volta, il giorno 30 gennaio: si dichiara[15] lo stato di PHEIC; il Comitato ritiene prevedibile una ulteriore diffusione dell’epidemia, raccomandando una globale attenzione alle misure di contenimento attraverso precoce identificazione dei casi, sorveglianza attiva, isolamento e tracciamento dei contatti. In Francia i casi salgono a 5; in Germania 4: oltre al paziente 1, risultano positivi 3 colleghi della stessa compagnia. Si rileva un caso in Finlandia, importato.
Il giorno 31 gennaio sono confermati i primi due casi anche in Italia: si tratta di una coppia di turisti cinesi, arrivati a Milano in aereo da Wuhan il 23 gennaio. Da qui, si erano spostati fino a Roma, albergando in un hotel cittadino dove sviluppavano i primi sintomi. Successive analisi genetiche documentano come, probabilmente, la coppia avesse contratto il virus prima dell’arrivo in Italia, datando il contagio al 19 gennaio[16].
Subito dopo, in Italia (primo paese europeo) è chiuso il traffico aereo da e per la Cina[17]; la WHO non raccomanda misure restrittive per trasporti internazionali né specifiche misure per i viaggiatori[18].
In Francia i casi totali sono 6, in Germania 5.
Figura 3
IV. LA DIFFUSIONE GLOBALE
Il primo febbraio i casi salgono a 11.953; parallelamente la WHO afferma che la diffusione del virus attraverso i soggetti asintomatici probabilmente non rappresenta una importante [“major”] via di trasmissione[19]. Inoltre, all’interno di un suo statement per la prima volta non figura più il parere contrario alle restrizioni dei traffici internazionali, pur non essendo previste delle specifiche misure rivolte ai viaggiatori. Compaiono i primi casi di infezione di cosiddetta “terza generazione” e si rende nota la positività di un abitante della Corea del Sud, con storia di un recente viaggio in Giappone, senza quindi alcun rapporto diretto con la Cina.
Il 2 febbraio si diffonde la notizia del primo decesso per nCoV di un paziente al di fuori del territorio cinese, nelle Filippine. Il giorno seguente la WHO postula l’applicazione di limitazioni del traffico internazionale e nazionale[20]:
“In certain specific circumstances, such as uncertainty about the severity of a disease and its transmissibility, measures that restrict the movement of people may prove temporarily useful at the beginning of an outbreak to allow time to implement preparedness activities, and to limit the international spread of potentially highly infectious cases”
Il 4 febbraio i contagi hanno superato la quota 20.000; parallelamente un gruppo di Autori Colombiani pubblica uno studio in cui sono analizzati i dati registrati dal sito ProMED (Program of Monitoring Emerging Disease), una piattaforma libera on-line inserita nel programma mondiale dell’International Society for Infectious Diseases, attraverso la quale sono riportate le infezioni emergenti a livello mondiale. Erano selezionati 109 report, per mezzo della parola chiave “coronaviruses”, inseriti dal 29 febbraio 2000 al 22 gennaio 2020, di cui il 61,6% dei casi corrispondeva ad infezioni da nuovo Coronavirus 2019.
Inoltre 20 di questi casi erano importati e rispettivamente registrati in Regno Unito, Tailandia, Francia e USA. Il confronto finale con i dati trasmessi in parallelo dalla Letteratura Scientifica, rileva come il tasso di fatalità sia inferiore nei casi segnalati per mezzo di ProMED; tale difformità era comunque spiegata dagli Autori con il fatto che il sito si proponesse primariamente di riportare i nuovi casi su scala mondiale e non già di seguirli fino al loro outcome finale, quale ad esempio l’exitus[21].
Il 5 febbraio Il CDC Americano pubblica on-line le Linee Guida per il contenimento dell’epidemia[22]. Secondo un articolo pubblicato sul Journal of Medical Virology[23], le analisi genetiche datano la forma ancestrale del virus al 25 novembre 2019.
Il 7 febbraio sale a 31.481 il numero di casi confermati, con 638 decessi. Di questi, secondo il report dell’ECDC, 17 sono i casi di operatori sanitari infetti. In Europa si contano 6 casi in Francia (5 importati, 1 acquisito localmente), 13 casi in Germania (11 acquisiti localmente, 2 importati), 3 casi UK (importati); 1 in Belgio, Svezia, Finlandia e Spagna (importati). In Italia, i soggetti positivi salgono a 3: oltre alla coppia di turisti cinesi, si aggiunge un individuo – prima persona di nazionalità italiana – evacuato dalla città di Wuhan e posto in quarantena al rientro in Italia. È un uomo di 30 anni, immediatamente trasferito all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma.[24]
72 Paesi hanno già adottato delle misure di restrizione relative ai viaggi e agli spostamenti di merci su scala internazionale.
Il 9 febbraio i decessi salgono a 813, di cui solo 1 fuori dal territorio cinese; inoltre il numero di vittime da nCoV-19 supera il totale delle vittime associate all’epidemia da SARS-CoV negli anni 2002 e 2003, pari a 774 persone[25].
Figura 4
V. LA NUOVA CARTA D’IDENTITÀ DEL VIRUS
L’11 febbraio la WHO rinomina la patologia causata dal nCoV-19 nell’acronimo “COVID-19” [CO per corona; VI per virus; D per disease; 19 come l’anno di prima manifestazione].
Sull’International Journal of Antimicrobial Agents è pubblicato un articolo[26] che pone l’accento sulle evidenze raggiunte fino a quel momento sul nuovo coronavirus 2019, nel contempo rinominato dall’International Commitee of Taxonomy of Viruses SARS-CoV-2. In particolare gli Autori rilevano come sia ormai chiara una trasmissione interumana del virus, attraverso le droplets e il contatto diretto. Le indagini disponibili fino a questo momento postulano la presenza di alcuni pipistrelli e animali vivi nel mercato umido di Wuhan, verosimili reservoir del virus, responsabili della contaminazione diretta di oggetti, materiali e aree circostanti, per mezzo del gocciolamento dei loro fluidi. Nella parte dedicata all’epidemiologia, si riporta:
“The current estimate of the mean incubation period for COVID-19 is 6.4 days, ranging from 2.1 days to 11.1 days (2.5th to 97.5th percentile), with potential asymptomatic transmission. Although the situation is evolving and further updated data are required to confirm these estimations, there is great potential for a large outbreak of COVID-19 soon”
Per ciò che attiene la clinica, gli Autori sottolineano come la febbre sia il sintomo principale, seguito dalla tosse secca e dalla dispnea. Inoltre, sotto il profilo laboratoristico, si riscontra leucopenia in oltre il 56% dei casi. Il quadro radiologico polmonare più frequente è l’opacità a vetro smerigliato, in assenza di linfoadenopatia, noduli o cavitazioni. Nell’86% dei casi osservati vi è un coinvolgimento polmonare bilaterale. Per ciò che attiene infine le possibilità di trattamento, sono elencati gli effetti positivi della Clorochina, in vitro, rappresentati dall’inibizione dell’uncoating del virus e/o l’alterazione delle modificazioni post-traslazionali nelle proteine sintetizzate ex novo.
Il 12 febbraio si contano 24 paesi con casi di infezione da COVID-19 confermati, oltre alla Cina; tra questi 23 riferiscono casi con precedente contatto in Cina.
Figura 5
Il 14 febbraio, con un numero di decessi su scala mondiale pari ad oltre 1500, la WHO pubblica delle raccomandazioni specifiche per l’epidemia in atto, riferite al raduno e agli assembramenti di persone, che richiamano un analogo documento già pubblicato nel 2015. In particolare sono proposti degli specifici strumenti di valutazione del rischio del singolo evento, in base alle caratteristiche ambientali e personali dei partecipanti, nonché ai tempi e alle modalità e tipologie di svolgimento, in modo tale che il singolo Stato possa decidere circa lo realizzazione della manifestazione stessa. In generale la WHO afferma[27]:
“all countries with community transmission should seriously consider postponing or reducing mass gatherings that bring people together and have the potential to amplify disease and support the recommended best practice of physical distancing”
Dopo due giorni, per quanto riguarda la realtà italiana, a Milano si disputa comunque la partita di calcio ECL Atalanta – Valencia. Le presenze confermate, senza alcuna restrizione per ambo le tifoserie, sono pari a 45.792 persone. Fino a tale data sono stati ufficialmente confermati 2 casi in Spagna e 3 casi in Italia; sono 2.009 i decessi totali, con un aumento di 1.892 nuovi casi su un totale di 75.204.
Figura 6
VI. GLI EPICENTRI IN ITALIA
Il 20 febbraio si individua un nuovo caso di infezione in paziente italiano, da qui in poi definito il “paziente 1”. Si tratta di un uomo sano, di 38 anni, accolto all’Ospedale di Codogno (LO). È un dipendente di una multinazionale di Casalpusterlengo, Comune della provincia di Lodi [230.198 abitanti secondo dati ISTAT]; si ritiene abbia contratto il virus durante una cena con un amico rientrato dalla Cina. Nei 4 giorni precedenti è andato a correre, ha giocato a calcio e ha partecipato a 3 cene. A seguire risulteranno positivi la moglie, un insegnante e un terzo individuo con sintomi di polmonite comparsi dopo un contatto con il paziente 1[28].
Il Ministro della Salute pone in quarantena obbligatoria 60 persone che hanno avuto contatti con il paziente 1. Non si individua il paziente 0: per la tempistica e per l’estrema contagiosità del virus, si ritiene plausibile che si tratti di uno dei due turisti cinesi trovati positivi il 31 gennaio[29]. La stampa locale porta all’attenzione delle polmoniti emerse nella stessa zona geografica, a Castiglione d’Adda, prima dell’identificazione del paziente 1.[30]
Nella stessa giornata compaiono nelle riviste scientifiche specializzate due differenti studi. Il primo, di tipo osservazionale di popolazione, attraverso l’analisi dei dati sanitari registrati sul sito/social network cinese DXY.cn, pone in evidenza una trasmissione del virus in un cluster di pazienti che non hanno avuto alcun contatto di viaggio con Wuhan, ovvero una “trasmissione di seconda generazione” registrata a Shaanxi il 21.01.2020[31].
In un secondo studio retrospettivo sono coinvolti 138 pazienti ospedalizzati consecutivamente presso lo Zhongnan Hospital di Wuhan dal 01.01.2020 al 28.01.2020, affetti da polmonite da SARS-CoV-19. Le evidenze finali indicano come presumibilmente il 41% dei pazienti avesse attendibilmente contratto l’infezione in ambiente ospedaliero[32].
A distanza 24 ore, in data 21 febbraio, si individuano altri 36 casi nell’area di Codogno e Lodi; inoltre è resa nota la notizia di un ulteriore focus epidemico nella zona di Vo’ Euganeo, un Comune di 3.300 abitanti nella provincia di Padova[33]. A seguito del Comunicato n.85 del Ministero della Salute, si impone l’isolamento quarantenario obbligatorio per i contatti stretti con un soggetto risultato positivo, nonché la sorveglianza attiva con permanenza domiciliare fiduciaria per chi è stato nelle aree a rischio negli ultimi 14 giorni.
In aggiunta, si pone in“lockdown” l’area dei comuni lombardi di Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano.
Il giorno stesso, nel mondo scientifico emergono nuovi studi osservazionali retrospettivi relativi alla mortalità del nuovo coronavirus. In particolare sono pubblicati i risultati di 52 pazienti critici, indicando come il lasso temporale intercorrente tra l’insorgenza della condizione di criticità e il decesso è pari a 1-2 settimane a seguito del ricovero presso la Terapia intensiva.
È sottolineato ancora una volta un rischio più elevato di complicanze maggiori per i pazienti oltre 65 anni, con comorbidità e ARDS. Infine è posto l’accento sullo stretto legame tra la severità della polmonite da SARS-CoV-2 e le risorse di terapia intensiva e medicina critica disponibili nell’apparato sanitario di riferimento, soprattutto se non adeguatamente organizzate. Si riportano i seguenti assunti dalla discussione finale:
“For non-critically ill patients, close followup is likely to be sufficient to manage the disease … For critically ill patients, however, aggressive treatments and intensive care are needed … However, the mortality rate in patients with SARS-CoV-2 infection in our cohort is higher than that previously seen in critically ill patients with SARS. The mortality rate in our cohort is likely to be higher than that seen in critically ill patients with MERS infection … Since the follow-up time is shorter in our cohort we postulate that the mortality rate would be higher after 28 days than that seen in patients with MERS-CoV … Therefore, it is reasonable that the mortality at 28 days of severe SARS-CoV-2 pneumonia is similar to the mortality of severe ARDS, which is near 50%”
Infine dai dati raccolti emergeva quale dato laboratoristico sovente presente nei pazienti critici, ovvero in circa il 35% del totale, la linfocitopenia, di origine apoptosica e necrotica, la cui entità sembrava essere in relazione con la gravità del quadro clinico generale [34].
Il numero dei morti aumenta su scala mondiale: in Italia il 22 febbraio 52 sono i casi confermati, tutti in Nord Italia. Nel comune di Lodi emerge come “tutte le situazioni di positività hanno avuto contatti con il pronto soccorso e l’ospedale di Codogno nei giorni del 18 e 19 febbraio“[35].
Il giorno successivo l’Italia diventa il terzo Paese al mondo con il maggior numero di contagi da SARS-CoV-2; appare come i focolai epidemici del territorio italiano non siano correlati ad una trasmissione first generationda persone in viaggio da zone endemiche ma piuttosto ad un meccanismo di trasmissione locale; casi di trasmissione sono riportati anche negli ospedali, con contagi a carico di personale sanitario e pazienti[36].
Il 23 febbraio è emanato il DPCM che estende il lockdown ai 10 comuni del lodigiano già interessati dalla pandemia e del Comune di Vo’ Euganeo; parallelamente in tali aree sono sospese le manifestazioni e iniziative di qualsiasi natura, pubbliche e private, con la contemporanea chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, dei musei e degli altri istituti e luoghi di cultura, nonché di tutte le attività commerciali, escluse quelle di vendita di beni di prima necessità[37].
VII. LE CAPACITÀ E MODALITÀ DI DIFFUSIONE DEL VIRUS
IL 24 febbraio, secondo il Comunicato del Ministero della Salute, nel nostro Paese vi sono 229 soggetti contagiati; 6 sono i decessi.
Nella rivista Viruses è pubblicato un Commentary [38] dedicato al nuovo Coronavirus, di cui si riporta l’interessante timeline di sviluppo dell’epidemia e quindi della pandemia:
Figura 7
Al momento della stesura dell’articolo (21.01.2020) vi sono 26 casi fatali associati all’infezione da nCoV-2019, di cui molti affetti da ulteriori comorbilità e interessanti soggetti di età superiore ai 50 anni. Il tasso di mortalità del virus, se comparato con quello della SARS (10 %) e della MERS (35%) risulta inferiore, con l’eccezione dei soggetti più anziani e di coloro che presentano preesistenti problematiche di salute.
“While the Huanan seafood market in Wuhan has been associated with the majority of cases, many of the recent cases do not have a direct connection. This fact suggests a secondary source of infection, either human to human transmission or possibly infected animals in another market in Wuhan. Both possibilities represent major concerns and indicate the outbreak has the potential to expand rapidly. For human to human transmission, there was limited data in the initial set of cases; one family cluster is of three men who all work in the market. Similarly, a husband and wife are among the patients, with the wife claiming no contact with the market. In these cases, direct human to human infection may have been possible; alternatively, a contaminated fomite from the market may also be responsible as surfaces all around the market were found to test positive 2019-nCoV. However, the major increase in the number of cases, the lack of direct connection to the Wuhan market for many cases, and the infection of health care works all suggest human to human spread is likely… The recent reports of numerous infected health care workers in Wuhan indicate human to human infection can occur with 2019-nCoV and may be the product of a super spreading patient …However, while large swaths of healthcare workers are not getting sick as seen with SARS and MERS-CoV, it may be too early to rule out their potential exposure to the novel CoV as their disease may be asymptomatic … For 2019-nCoV, contact tracing to date suggest limited human to human spread and a low R0 . However, the recent increase in cases, both in and outside Wuhan could signal the existence of super-spreading individuals fueling the outbreak. Alternatively, super spreading could occur from the zoonotic source which has been seen in other disease outbreaks”.
Al 20.01.2020 la malattia si è già diffusa in altre province della Cina, nonché in Sud Corea. Al 21.01.2020 l’origine precisa del virus, secondo tale articolo, risulta ancora sconosciuta, ovvero non sono stati identificati né alcuna specifica associazione animale, né il vettore animale intermedio.
Per ciò che attiene le popolazioni suscettibili, gli Autori propongono un confronto con le precedenti epidemie Coronavirus-correlate, in cui i pazienti più a rischio erano over 60 e presentavano alcune comorbidità quali: ipertensione, diabete, alterazioni della funzionalità cardiaca e/o renale. Ciò che invece appare più interessante è il soddisfacimento dei cosiddetti “postulati di Koch”[39], che in quest’epoca dell’epidemia sono stati soddisfatti solo in parte (esclusione dei punti 3-4, nessun modello animale disponibile. Il paragrafo in assoluto più interessante, che è da porsi in relazione con i contemporanei Statement della WHO, è il 6, di cui si riportano alcuni estratti:
In stessa data è pubblicato on line uno studio specifico[40] circa le modificazioni radiografiche polmonari in correlazione all’infezione. Il dato più interessante era:
“Notably, 15 cases of asymptomatic infection were discovered on the basis of abnormal lung findings on CT scans, suggesting that chest CT scans or serum antibody tests should be done in asymptomatic high-risk individuals with a history of exposure to patients with COVID-19 pneumonia to facilitate early identification of the disease”.
Il 25 febbraio è la volta del nuovo DCPM[41] che restringe ulteriormente le possibilità di aggregazione di massa, allargando i limiti per le manifestazioni sportive, le attività scolastiche, socioculturali e in generale i momenti di ritrovo sociale, all’interno del territorio delle regioni dell’Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria.
Il 28 febbraio, con un numero totale di 83.652 contagiati su scala mondiale di cui 888 nel territorio Nazionale, si contano 21 decessi nelle fila dei soggetti anziani affetti da plurime patologie croniche. Nella stessa data si riscontra un articolo[42] che propone un modello stocastico di trasmissione dell’epidemia, in cui è infine evidenziata l’importanza del numero basale di replicazione R0 unitamente al lasso temporale intercorrente tra l’isolamento del paziente e l’insorgenza dei sintomi, nonché la virulenza e la capacità di contagio prima dell’insorgenza dei sintomi stessi.
VIII. L’EMERGENZA ITALIANA SINO ALLA FASE PANDEMICA
Al primo di marzo, l’Italia – dopo Cina e Corea del Sud – figura ancora come il Paese al mondo con più casi confermati di contagio da SARS-CoV-2 (1.128 soggetti e 28 decessi).
Il 5 marzo è elaborata la prima review scientifica riguardo il COVID-19[43]: si conferma come il reservoir del coronavirus in Cina fossero i pipistrelli; i più comuni sintomi segnalati per l’infezione da SARS-CoV-19 sono febbre (82%), tosse (61%), dolori muscolari e/o fatigue (36%) e dispnea (26%).
Dal punto di vista radiografico, le anomalie polmonari più frequenti sono rappresentate da opacità bilaterali con aree infiltrative e di addensamento parenchimale. Il tasso di mortalità globale è pari al 3%; dai primi studi epidemiologici, i maggiori tassi di mortalità sono associati al sesso maschile, età superiore ai 60 anni, ritardo nella diagnosi e diagnosi di polmonite severa. Il tasso di pazienti richiedenti ricovero in unità di terapia intensiva è pari al 8.3% dei casi studiati.
Il giorno 8 marzo il conteggio dei casi confermati in Italia sale a 7.375 e 366 decessi totali: in stessa data, a fronte del quadro epidemico, è promulgato un nuovo DPCM[44] che applica il regime di lockdown a tutta la regione Lombardia così come alle 14 province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia: in tali aree sono vietati spostamenti in entrata e uscita, sono sospesi tutti gli eventi e competizioni sportive nonché tutte le manifestazioni organizzate ed eventi pubblici/privati, tutte le attività scolastiche e socio-culturali, come tutti i motivi di aggregazione sociale e parallelamente sono calmierati gli esercizi commerciali.
A partire dal 9 marzo, le medesime misure di contenimento sono poi estese a tutto il territorio nazionale[45].
Il 10 marzo l’Italia è ormai il secondo Paese, dopo la Cina, con più contagi al mondo[46]; a fronte di 113.702 casi confermati globalmente, in Italia se ne contano 10.149 (8% dei casi globali) con 631 decessi. Infine, in data 11 marzo, tramite nuovo DPCM[47] sono ulteriormente potenziate le misure restrittive sul suolo nazionale.
Contestualmente, a livello internazionale, a fronte di 118.000 casi totali e 4.291 decessi in 114 Paesi coinvolti, la WHO dichiara lo stato di pandemia[48].
IX. …MA LA STORIA CONTINUA: COSA SAPPIAMO OGGI
- IL “BOLLETTINO DI GUERRA”: NON ERA UNA SEMPLICE INFLUENZA?
In data 11 marzo è stato dichiarato lo stato di pandemia da SARS-CoV-19. La definizione di pandemia (dal greco pan–demos, “tutto il popolo”) è stata più volte rivista e dibattuta all’interno del mondo scientifico; recentemente lo stesso Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases degli Stati Uniti, ha affermato che tuttora non esiste una definizione scientifica e definitiva di ciò che costituisce una pandemia. La sua connotazione più classica, secondo il dizionario Oxford[49] di epidemiologia, è:
“an epidemic occurring worldwide, or over a very wide area, crossing international boundaries and usually affecting a large number of people”
In termini assoluti, la diffusione del SARS-CoV-2 rappresenta la prima pandemia da coronavirus nonché la quinta pandemia – documentata – della storia[50].
DENOMINAZIONE | ANNO | SOTTOTIPO VIRALE | MORTI STIMATE |
Spanish Flu | 1918 | H1N1 | 50 milioni |
Asian Flu | 1957 | H2N2 | 1.5 milioni |
Hong Kong Flu | 1968 | H3N2 | 1 milione |
Pandemic Flu | 2009 | H1N1 | 300.000 |
La WHO, all’interno di una recente guida volta all’organizzazione interna dei Paesidurante le pandemie[51], ha proposto un pattern segmentato delle varie fasi di una pandemia, correlate alla differente qualificazione del rischio epidemico che si declinerà poi in specifiche modalità di manifestazione nelle varie regioni del mondo. Rilevante sottolineare come secondo questo modello, sotto riportato, la fase pandemica è seguita da uno stadio di transizione, durante il quale è prevedibile assistere ad un nuovo rialzo della curva epidemica.
Figura 8
Attualmente tutti i continenti del mondo sono interessati dalla pandemia da SARS-CoV-2: dall’outbreak di dicembre 2019, circoscritto alla sola città di Wuhan, il virus si è diffuso globalmente sino ad interessare 187 Paesi per un totale di 4.126.154 casi[52] con 283.120 decessi confermati [dato aggiornato all’ 11.05.2020]. Il numero globale di vittime si avvicina, già ora, la pandemia da SARS-CoV-2 alla Pandemic Flu H1N1 del 2009.
Il Paese attualmente più afflitto, sia in termini di contagi che decessi, è l’U.S.A., ove sono riportati 1.329.799 casi e un totale di 79.528 morti. Secondo dati WHO, a partire dal 28 marzo gli Stati Uniti d’America sono il Paese con maggior numero di casi al mondo[53].
Figura 9
A tutt’oggi, sempre secondo dati WHO[54] [aggiornati al 10.05.2020], l’area geografica maggiormente colpita – per contagi e decessi – risulta essere il continente europeo, il cui numero di casi totali corrisponde a 1.707.946 unità con 155.552 decessi.
Attualmente, l’Italia è il terzo Paese al mondo sia per numero di contagi (dopo U.S.A. e Spagna) che per numero di morti (dopo U.S.A. e U.K.): il numero totale di casi confermati è pari a 219.070; i decessi sono ormai arrivati alla quota di 30.560. Per meglio comprendere l’entità di questa cifra, si consideri come nel 2016 in Italia i decessi per sinistri stradali[55] erano in totale 3.283, ovvero quasi un decimo rispetto alle morti causate finora, in meno di tre mesi, dal COVID-19.
- CENNI DI CLINICA E DIAGNOSI: (RI)CONOSCERE IL NEMICO…
L’incubazione della malattia è compresa tra 1 e 14 giorni, con una mediana pari a 5 giorni. Le manifestazioni cliniche dell’infezione da SARS-CoV-2 sono variegate, da condizioni asintomatiche sino alla severa insufficienza respiratoria con disfunzione multiorgano[56]: approssimativamente l’80% dei contagiati presenta un quadro di blando malessere, il 14% dei casi è caratterizzato da una patologia severa e il 5% subisce invece manifestazioni critiche; la gravità del quadro è associata all’età avanzata e a comorbidità sottostanti.
Similarmente alla SARS e alla MERS, i sintomi più comuni risultano essere la febbre, tosse, dispnea, mialgia, fatigue[57]. In alcuni casi possono presentarsi anche sintomi quali mal di gola, rinorrea, cefalea e confusione. In casi ancora minori, si possono verificare diarrea, emottisi, addominalgia e, talvolta, ipoosmia e ipogeusia.
È un virus estremamente contagioso: recenti studi hanno calcolato una mediana di R0 – stima del numero di individui infettati da un caso positivo – pari a 5.7, ovvero molto superiore rispetto alla MERS (<1) e SARS-CoV (3)[58]. Peraltro, in base alle evidenze emerse, appare ormai chiaro come anche i soggetti asintomatici giochino un importante ruolo nella trasmissione del SARS-CoV-2[59].
Allo stato attuale, nelle aree epidemiche tutti i pazienti con sintomi di infezione respiratoria acuta[60] devono essere considerati sospetti per COVID-19 e, quindi, indirizzati al percorso di diagnosi.
Attualmente, oltre ai parametri clinico-strumentali, la conferma diagnostica si fonda principalmente sul diretto riconoscimento dell’RNA virale mediante tecniche di natura molecolare: sui campioni biologici ottenuti da tamponi del tratto respiratorio – prevalentemente raccolti a livello orofaringeo o nasofaringeo – si applicano metodiche di amplificazione genomica [RT-PCR] che permettono l’identificazione del genoma del SARS-CoV-2.
L’accuratezza e affidabilità di queste indagini dipendono fortemente dalla fonte biologica: è stimato come, nei pazienti affetti da COVID-19, il tasso di riconoscimento del SARS-CoV-2 [rectius, la sensibilità] sia pari al 93% nel liquido di lavaggio broncoalveolare, al 72% nell’espettorato, al 63% nei tamponi nasali, mentre nel tampone faringeo scende, secondo alcuni studi, fino al 32%[61].
Ai fini di una conferma diagnostica potrebbe quindi rendersi necessario ripetere i test diagnostici o, eventualmente, raccogliere tamponi del tratto respiratorio inferiore.
Alcuni recenti studi hanno suggerito anche la potenziale utilità delle analisi molecolari del campione salivare[62].
I test sierologici, indiretta espressione dell’infezione, possono essere di ausilio nella conferma diagnostica del contagio; tuttavia, considerato che la risposta immunitaria anticorpale necessita di settimane per svilupparsi e dunque divenire dosabile ai test mirati, il ruolo di queste indagini nella gestione di un caso attivo/sospetto è limitato[63]. I test sierologici andrebbero quindi sempre associati alla diretta ricerca del virus con metodiche molecolari[64].
- TERAPIA: IL NOSTRO “ARSENALE”
Attualmente non sono presenti indicazioni univoche e supportate da sufficiente evidenza, in relazione alla terapia specifica per la COVID-19. Tra i primi documenti sistematici e autorevoli ritroviamo le Linee Guida Cinesi, nella loro settima versione, pubblicate in data 3.3.2020 dalla Commissione della Salute Nazionale della R.P.C. e dall’Amministrazione Nazionale della Medicina Tradizionale della R.P.C..
Ad oggi sono numerosissimi i trials clinici in atto, di cui è stata proposta una iniziale review pubblicata il 10.04.2020[65] , ove le categorie di farmaci disponibili sono sommariamente suddivise in molecole che bersagliano direttamente il ciclo di replicazione virale e quelle invece basate su approcci immunoterapici, volti sia al potenziamento della risposta immunitaria innata antivirale, sia ad alleviare il danno indotto da risposte infiammatorie sregolate.
Alcuni farmaci sono già noti e utilizzati o per infezioni virali, anche influenzali, o per condizioni a carattere neoplastico e reumatologico sistemico.
Figura 10
Le molecole più promettenti paiono essere il favipiravir, un farmaco influenzale che interferisce con la replicazione virale, e l’idrossiclorochina, generalmente somministrata nel trattamento e nella profilassi antimalarica, che è stata impiegata altresì nel trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2 in Lombardia, secondo lo specifico Vademecum stilato in concerto con la SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), in associazione ad un macrolide per il trattamento preventivo di un’eventuale sovrapposizione batterica.
Attraverso una ricerca ancor più attuale con il sistema UpToDate®, in merito al trattamento dei pazienti ospedalizzati, si rileva che, nella mancanza comunque di dati univoci e definitivi, uno dei farmaci più promettenti potrebbe essere il remdesivir, parimenti inibitore del ciclo di replicazione del virus.
Infine, una attualissima review[66] di 7 Linee Guida internazionali e nazionali per il trattamento della patologia nei suoi differenti stadi, tra cui la il Vademecum per il trattamento dei soggetti affetti da COVID-19 pubblicato dalla sezione Lombarda della SIMIT e le Linee Guida ad interim della WHO nel trattamento clinico dell’infezione grave acuta respiratoria qualora la COVID-19 sia sospettata, conclude ancora una volta come sia necessario acquisire e attendere il prima possibile i dati provenienti dai trials clinici.
Ciò anche in riferimento alle differenti classificazioni di gravità che nel mondo sono utilizzate per stratificare i pazienti positivi al SARS-CoV-2, rendendo quindi difficile il confronto di efficacia delle molecole farmacologiche in nostro possesso.
Un discorso a parte merita l’utilizzo dell’eparina a basso peso molecolare (EBPM), nei pazienti in condizioni gravi o critiche, in cui si è ampiamente dimostrata, anche attraverso le autopsie svolte in due aziende ospedaliere lombarde, l’elevata predisposizione alle complicanze trombotiche, anche non associate all’evoluzione finale tipica dello shock settico e dell’insufficienza multiorgano.
Per tale ragione l’International Society on Thrombosis and Haemostasis ha raccomandato che tutti i pazienti ospedalizzati per COVID-19, non soltanto accolti presso presso l’Unità di Terapia Intensiva, debbano ricevere una terapia profilattica a base di EBPM, in assenza di controindicazioni (i.e. sanguinamento in atto, conta piastrinica < 35*109/L)[67].
- I REPERTI ANATOMOPATOLOGICI
Le evidenze fino ad oggi raccolte, derivano da limitati studi autoptici e dal campionamento bioptico.
Per ciò che attiene il comparto toracico, macroscopicamente si apprezzano pleurite, pericardite e multiple aree di consolidamento del parenchima polmonare, di aspetto francamente edematoso e peso aumentato. Alla microscopia i caratteri osservabili con maggior frequenza sono quelli tipici del cosiddetto DAD – danno alveolare diffuso, con essudati e formazione di membrane ialine. Inoltre l’infiltrato infiammatorio è generalmente di tipo linfocitario, con associate delle cellule giganti polinucleate collocate in vicinanza di pneumociti atipici di dimensioni elevate, in assenza di apparenti inclusi virali[68].
L’essudato può già strutturarsi e consolidarsi, con la formazione di fibrosi polmonare. Non sono infrequenti quadri di emorragia intra-alveolare, associati a necrosi focali, fino a franchi quadri di infarto polmonare. Inoltre si annoverano fenomeni micro-trombotici, inizialmente osservati in Cina e recentemente riportati in un lavoro ad opera di un gruppo di Anatomo-Patologi bergamaschi[69], che nella quasi totalità delle autopsie eseguite hanno riportato trombi di fibrina e piastrine, localizzati nelle arteriole di primo calibro (< 1 mm in diametro) del polmone.
Interessante inoltre quanto emerso dall’esame microscopico di due pazienti sottoposti a resezione polmonare parziale per il trattamento di un adenocarcinoma, che successivamente sono risultati positivi al SARS-CoV-2, ove si sono osservati dei reperti assolutamente aspecifici, quali edema, iperplasia pneumocitaria, infiammazione locale e assenza delle membrane ialine[70].
Per ciò che attiene gli altri distretti corporei, si rilevano aspetti correlati all’insufficienza multi-organo tipica delle fasi finali dell’infezione.
Nel Regno Unito il 17 febbraio è stato pubblicato un briefing a cura del Royal College of Pathologysts[71] [72], utile alla quantificazione del rischio associato all’esecuzione di esami autoptici su pazienti la cui morte era ipoteticamente causata o con-causata dall’infezione da SARS-CoV-2; il 23 marzo seguiva un analogo protocollo stilato dall’Istituto Superiore di Sanità, contenente specifiche raccomandazioni rivolte alle tecniche da adottarsi, all’utilizzo di specifiche sale nonché di dispositivi di protezione individuale[73], da adottarsi altresì nel caso di ipotetica e non solo accertata infezione da SARS-CoV-2.
- LA MORTALITÀ: IN CONCLUSIONE, QUANTO È PERICOLOSO IL “NEMICO”?
Un affidabile parametro per stabilire la severità e pericolosità del SARS-CoV-2 è rappresentato dal tasso di letalitào Case-Fatality rate (CFR): è un indicatore che corrisponde al rapporto tra i soggetti deceduti per una determinata patologia/condizione e il totale dei soggetti da quella medesima patologia affetti; come da definizione del Dictionary of Epidemiology[74], esprime la proporzione di casi con una specifica patologia che risultano fatali in uno specifico periodo di tempo. [Non deve essere confuso con la mortalità che rappresenta al contrario una stima della porzione di una popolazione che muore durante un dato intervallo temporale]
Pur essendo un utile parametro, nel corso di un quadro epidemico il CFR può essere sotto- o sovrastimato[75]. Si consideri come, nello specifico caso del COVID-19, la maggior quota dei soggetti infetti rimane asintomatica o sviluppa solo una blanda sintomatologia che non richiede ospedalizzazione, potenzialmente esitando in una minor quota di casi “accertati” rispetto all’effettivo numero di casi presenti; altresì, la latenza nella diagnosi e nella segnalazione di casi possono contribuire alla sottostima.
Fatte salve tali premesse, attualmente il CFR globale del COVID-19 è pari al 6,8% [calcolato con i dati relativi contagi-decessi aggiornati al 11.05.2020]. È possibile notare un trend in ascesa, considerato che, al 20.03.2020, il CFR si attestava al 4,5%[76] mentre il 20.02.2020, utilizzando dati ufficiali WHO, il parametro era pari a 2,8%.
È comunque ormai noto come il CFR vari sensibilmente tra i vari Paesi. Negli U.S.A., il Paese ad oggi maggiormente colpito dall’epidemia, il tasso di letalità è pari al 5,9%; in Cina, ovvero area di primitivo outbreak, è calcolato pari al 5,5%. Ad una disamina globale, si evince come i maggiori tassi di letalità siano relativi all’area europea (8 Paesi nei primi 10).
In Italia, quarto paese in assoluto per CFR, il tasso di letalità è del 13,95%. Di seguito si riporta la tabella dei 10 Paesi con maggior valore di CFR [dati aggiornati al 11.05.2020].
Figura 11
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FIGURE:
- Immagine tratta dal dominio internet: https://www.viaggio-in-cina.it/guidaturistica/coronavirus-in-cina.htm
- Immagine tratta dal Novel Coronavirus (2019-nCoV) Situation Report – 3, 23 January 2020, WHO
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- Immagine estratta dall’articolo: Lisa E. Gralinski 1 and Vineet D. Menachery Return of the Coronavirus: 2019-nCoV, Viruses 2020, 12(2), 135
- Immagine estratta dal Pandemic Influenza Risk Management Guidance – WHO May 2017
- Immagine estratta dal dominio internet: https://coronavirus.jhu.edu/map.html
- Immagine estratta dall’articolo: Yung-Fang Tu, Chian-Shiu Chien, Aliaksandr A. Yarmishyn et Al. A Review of SARS-CoV-2 and the Ongoing Clinical Trials – Int. J. Mol. Sci. 2020, 21, 2657
- Tabella estratta dal dominio internet: https://www.cebm.net/covid-19/global-covid-19-case-fatality-rates/