Pubblichiamo integralmente un articolo che il Prof. Alessandro Dell’Erba, Presidente di FAMLI (Federazione delle Associazioni Medico Legali Italiane), ha redatto e che il Consiglio Direttivo della Federazione ha fatto proprio come posizione della stessa rispetto al tema che riguarda l’atteggiamento della medicina legale nei confronti delle tabelle per la liquidazione del risarcimento del danno a persona proposte dai diversi Osservatori per la Giustizia Civile dei Tribunali italiani, in particolare quelli di Milano e Roma.
L’entità economica del risarcimento del danno è – o non è – una “questione” medico-legale?
Il 28 Dicembre 2018 il Presidente del Tribunale di Roma ha “pubblicato” le Tabelle risarcitorie alle quali – a partire dalle date indicate – gli Uffici afferenti faranno riferimento per la quantificazione del pregiudizio.
Quest’ultime nascono evidentemente per la ritenuta insufficienza di quelle milanesi, già “validate” dalla Suprema Corte.
Non è certamente compito medico-legale valutare la coerenza normativa dell’una piuttosto che dell’altra Tabella. O se la stessa sia -o meno- coerente con le indicazioni della stessa Corte di Cassazione. O ancora, se sia corrispondente ai canoni evolutivi di ingegneria giuridica al quale il sottoinsieme della Responsabilità Civile è stato sottoposto nell’ultimo trentennio.
Certo –sia detto per inciso- talora appare stridente con la logica (medico-legale) la differenziazione risarcitoria, a parità di menomazione o di qualsivoglia altra variabile, a seconda delle modalità di produzione della lesione da cui la predetta menomazione discende.
Si tratta, tuttavia, di aspetti interpretativi di stretta pertinenza giuridico-giurisprudenziale che volentieri si lasciano agli esperti del diritto.
Nondimeno tale “querelle” – per certi versi apparentemente ormonale – non può e non deve lasciare indifferente la Medicina Legale ed gli specialisti in medicina legale. Il quesito di fondo sotteso a tanto è per certi versi “politico” ed attiene alla metodologia stessa di costruzione delle tabelle risarcitorie. Se cioè esse possano –o meno- essere pensate, costruite, formulate ed al fine implementate al di là ed al di fuori dei coinvolgimento istituzionale della comunità medico-legale. Per rispondere in maniera non umorale a tale quesito è bene prima di tutto fare chiarezza all’interno della Medicina Legale stessa.
La stima economica del danno non è materia “vile”
Ebbene, per atavica convinzione, le cui origini dottrinarie non sono note, buona parte del mondo medico-legale ritiene che gli aspetti risarcitori di quantificazione del pregiudizio non siano o non debbano essere materia di approfondimento e di valutazione. Vi sono, ovviamente, le dovute eccezioni (in primis la Scuola Pisana e da ultimo Ranieri Domenici) ma la “vulgata” medico-legale non infrequentemente ritiene la stima (economica) del danno come non afferente al suo ambito, ovvero materia “vile” alla quale non asservire la competenza specialistica. Terminata quindi – secondo condivise metodologia e criteriologia – la parte accertativo-valutativa, quel che ne consegue non concerne il professionista ed anzi è da demandare a chi a tal uopo è destinato, siano essi liquidatori, avvocati o – in ultima analisi – Giudici.
A noi la questione interessa perché interessa alla “vittima” danneggiata
Così non è, ovvero – più correttamente – così non deve essere. Con questo, si badi bene, non vuole affermarsi che lo specialista medico-legale debba provvedere (anche) al risarcimento del danno. Sarebbe velleitario ed ultroneo affermarlo, proprio in virtù di quegli aspetti interpretativi normativo-giurisprudenziali dei quali si è detto. Altrettanto velleitario – ed erroneo – sarebbe tuttavia affermare il contrario ritenendo(si) estranei alla materia.
Tanto, ovviamente, per ragioni di metodo e di merito. Sulle prime si tornerà oltre, ma quel che vuole affermarsi è che – evidentemente – il nucleo centrale di interesse del tema è proprio quello risarcitorio. Per certi versi – e ci scusino i “puristi” per una affermazione in tal senso – la “vittima” (cardine centrale di tutto il sistema della responsabilità civile) ha poco – se non nullo – interesse alla stima in sé del pregiudizio sotto il profilo medico-legale. Se la anchilosi di gomito abbia valore x, piuttosto che x+ o x-, non è argomento che possa appassionare. Così non è, evidentemente, per gli specialisti in Medicina Legale. Egli avrà interesse al tema se – e nella misura in cui – esso può essere tradotto in valore economico. L’evento accidentale, pacificamente non rapportabile a responsabilità di terzi ovvero svincolato anche da tutele previdenziali, non motiva mai alla richiesta di approfondimento medico-legale.
A maggior ragione per il 696 bis
Ecco allora che il valutatore medico-legale non può ritenersi estraneo ovvero “chiamarsi fuori”, perché ne va della essenza stessa della sua professionalità. Ma vi è di più. La competenza risarcitoria medico-legale è insita nella stessa norma con esplicito riferimento all’art. 696bis c.p.c. A prescindere – se si vuole – dei contenuti dell’art. 8 L. 24/2017, la media-conciliazione nella sua accezione più ampia non può che realizzarsi attraverso una approfondita conoscenza dei sistemi risarcitori e dei dettagli dei meccanismi che portano al quantum economico.
Rispetto a quanto sopra potrà motivatamente obiettarsi, sempre da parte dei “puristi”, che si tratta – per l’appunto – di aspetti professionali e professionalizzanti. Questi non dovrebbero inficiare la “purezza” dell’approccio intellettuale medico-legale, della valutazione in sé del danno in tutte le sue multiformi espressioni: de minimis praetor non curat.
Ancora una volta così non è e così non deve essere. Se solo si facesse mente locale alla formazione delle Tabelle (medico-legali) di valutazione del danno, alla loro origine storica ed al fatto che esse – seppur affinate e perfezionate nel tempo con sempre più soddisfacente completezza e razionale – al fine altro non sono che un sistema convenzionale o – più correttamente – di convenzione. E che esse stesse – per gli stessi “trascorsi” storici dei quali si è detto – nascono e si sviluppano per una esigenza pratica, vuoi che sia di tipo indennitario, di tipo risarcitorio e/o assistenziale sociale.
Si è detto tuttavia che la Medicina Legale (e con essa e per essa lo specialista) non può essere estranea al sistema risarcitorio anche per ragioni di “metodo”. È questo – lo si ribadirà anche oltre – il motivo fondante per il quale la Medicina Legale deve avere ruolo anche nella predisposizione delle Tabelle, di Milano, di Roma o Nazionali che siano.
L’età come variabile naturale e progressiva: ma l’anziano allora?
Le variabili sulle quali sono costruite entrambe infatti, a prescindere dalle singole “parti” di giudizio, sono il grado di danno e l’età. Quest’ultima è – evidentemente – una variabile naturale e progressiva ed in questo senso – ed ai fini delle presenti brevi note – verrà ritenuta ininfluente. Questo non vuol dire che, nel concreto, non lo sia e che essa (età) non debba rientrare nel novero delle “sensibilità” medico-legali. Basti ricordare l’ormai prossima Consensus Conference – fortemente voluta da FAMLI E SIMLA – proprio sulla valutazione medico-legale dell’anziano. Semplicemente il tema età non è centrale rispetto al presente argomentare.
Quel che assume rilievo è infatti il concetto stesso di invalidità, inabilità, pregiudizio, infermità, disabilità, danno biologico, menomazione, minus, stato anteriore, ecc… Ciascuno di questi termini ha una sua definizione e ciascuno di essi – se si vuole – coglie una parte, maggiore o minore, del tutto, ove per esso si intende il danno risarcibile.
Valore incrementale del danno e “preesistenze”
Esso (concetto) è fondato su due elementi che non possono ritenersi tra loro coincidenti e – soprattutto – non possono ritenersi l’uno funzione matematica dell’altro. Ciò che si è perso e ciò che rimane. Sono due facce della stessa medaglia ma deve essere inequivoco che la loro somma non deve – necessariamente – essere pari a 100. Tanto può essere compreso solo in una prospettiva dinamica del danno stesso ed in relazione allo stato anteriore. Sempre a mente della natura “convenzionale” delle Tabelle medico-legali.
È ovvio cioè che la perdita “secca” deve essere parametrata rispetto a quella che era la condizione preesistente. E’ altrettanto certo, però, che quanto “rimane” non è sicuramente pari in termini numerici a quel che si è perso. Senza contare le capacità adattative in ragione delle quali, ferma restando la perdita subita e quindi la oggettiva “permanenza” del danno, la condizione realizzatasi determina un nuovo equilibrio (biologico, ma anche relazionale e sociale) al quale parametrare “quel che rimane”
Inclinate come volete le curve ma 2 “vale” più di 1
Ecco allora che – già solo per questo – non può ritenersi la Medicina Legale estranea alle Tabelle risarcitorie. Da tanto peraltro, per logica clinica ancor prima che medico-legale, discende la ulteriore evidenza – in verità già riconosciuta da entrambe le Tabelle anche se con accezioni differenti – della valenza incrementale della “invalidità”. La perdita dello stesso punto non ha, non può e non deve avere lo stesso valore in relazione alla perdita subita ed allo stato anteriore.
Per dirla chiara il valore del singolo punto deve essere progressivo ed incrementale. La inclinazione della specifica curva potrà essere oggetto di ulteriore valutazione, questa si funzione di valutazione generali di tipo economico-sociale e come tale conseguenza di scelte condivise parzialmente estranee alla Medicina Legale. E’, comunque, inequivoco che il valore risarcitorio tra 1 e 2 deve essere inferiore rispetto a quello tra 10 e 11 e così via fino al 99-100. Non può esservi alternativa sotto il profilo biologico ed a questo principio qualsivoglia meccanismo di traduzione economica deve ancorarsi.
Si potrà dire, sotto il profilo pratico ed assolutamente condivisibile, che nel concerto valutativo differenziare tra 21 e 22 piuttosto che tra 89 e 90 è ben difficile. Ciò, infatti, attiene – il più spesso – a sensibilità semantiche piuttosto che ad una reale differenza. Altrettanto evidentemente tanto concerne aspetto del tutto diverso, di costruzione ed applicazione delle Tabelle (medico-legali), non pertinente al principio secondo cui all’aumentare del pregiudizio “differenziale” debba corrispondere analogo incremento risarcitorio.
“Personalizzazione” e “sofferenza” sono questioni medico-legali
Né questo principio, proprio perché ancorato ad una realtà biologica, ai “fatti” si oserebbe dire, può piegarsi a logiche diverse e, se si vuole, soggettive. Sempre per la maggiore chiarezza espositiva possibile, quel che si vuole affermare è che la “personalizzazione” del danno è condizione della valutazione della incapacità biologica. Essa è connessa ad altri e differenti elementi di fatto, propri del singolo soggetto, anch’essi qualitativamente di pertinenza medico-legale ma – per certi versi – svincolati dalla entità del pregiudizio stesso. Non può e non deve esservi un automatismo risarcitorio per tali aspetti. Tutto ciò, sia per evidenti questioni procedurali di “prova”, sia – e soprattutto – poiché anche lessicalmente “automatismo risarcitorio” e “personalizzazione” costituiscono un ossimoro.
Per certi versi analogo è l’argomentare sulla sofferenza morale/danno morale. Si è già detto che non è compito medico-legale la attribuzione normativo-giurisprudenziale. Ma se il riferimento è alla “sofferenza”, ebbene tanto non è che un ulteriore aspetto di danno medico-legalmente accertabile. Esso quindi è sì differente ontologicamente dal danno biologico. Quindi. come tale non è ancorabile ad esso in termini risarcitori, ma è comunque funzione, nella sua realtà ed eventuale entità, di una stima metodologica e criteriologica medico-legale.
Ne consegue che anche tale aspetto può trovare un meccanismo risarcitorio coerente con la stima del pregiudizio accertato. Pertanto deve riconoscersi la dignità medico-legale nel contribuire alla identificazione del “giusto” ammontare risarcitorio.
Ulteriori e molteplici sono gli aspetti, se si vuole parcellari, nei quali la Medicina Legale ha pieno diritto di interloquire.
La medicina legale e il “danno catastrofale”. Quanti errori
Si pensi solo al cosiddetto danno catastrofale. Questo in quanto tale, non può essere solo ancorato ad un criterio tabellare. Ma, certamente, –in ragione della sua specificità- dovrà trovare un quid plus, che sia tuttavia anch’esso coerente con il sistema tabellare generale, nel quale dovranno essere identificati i criteri di accertamento, valutativi e di traduzione economica.
Su questo tema, peraltro, la Medicina Legale è stata chiamata in causa in modo del tutto errato nell’elaborazione delle tabelle dell’Osservatorio di Milano. In quest’ultime si giunge ad affermare che sarebbe “l’esperienza medico legale” a determinare che il danno decresca nel tempo. Questo, poiché il soggetto si adatterebbe alla sua condizione. Si attribuisce, dunque, alla nostra disciplina un’affermazione del tutto antiscientifica che non può che far destare le nostre proteste.
La medicina legale e le tabelle per il risarcimento: una nuova sfida
Prima di chiudere una necessaria precisazione. La doverosità della integrazione della Medicina Legale non è una mera rivendicazione di principio e non è scevra di conseguenze, come sempre allorquando si lascia la propria turris eburnea. Essa è funzione –lo si è già accennato- del tema di fondo che è, per l’appunto, la valutazione del danno alla persona.
E la persona è l’insieme biologico di unità somato-psichica e delle caratteristiche, uniche, che tanto determina sotto il profilo degli effetti “esistenziali”.
In questa prospettiva, lungi da qualsivoglia prospettiva sindacale ma nell’ottica culturale che è propria della Disciplina, la Medicina Legale stessa non potrà esimersi da una sorta di “ripensamento” delle realtà acquisite. Il riferimento è al sistema tabellare medico-legale.
Parafrasando più celebri aforismi il sistema tabellare (medico-legale) non sarà certamente perfetto, ma è di gran lunga il migliore possibile.
Esso tuttavia deve avere coerenza interna e, in una visione sistemica, coerenza esterna proprio con il sistema tabellare risarcitorio.
Così ad oggi non è.
È questa la sfida che la Medicina Legale ha di fronte. Siamo sicuri che la Disciplina nel suo complesso è pronta per essa.
Antonio Dell’Erba a nome del Consiglio Direttivo FAMLI