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Massima
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 13 marzo 2015, n. 4, recante «Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volontà di donazione degli organi e dei tessuti», e della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 10 luglio 2015, n. 16, recante «Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n. 4, considerata la sua incidenza su aspetti essenziali dell’identità e dell’integrità della persona, contenendo disposizioni di volontà relative ai trattamenti sanitari nella fase terminale della vita, al pari di quelle che regolano la donazione di organi e tessuti e, pertanto, necessita di uniformità di trattamento sul territorio nazionale.
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Ricognizione
Il Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 127 Cost., ha promosso questione di legittimità costituzionale sulle leggi della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 4/2015, recante “Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volontà di donazione degli organi e dei tessuti” e n. 16/2015 recante “Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n. 4 (…)”, per violazione degli artt. 3 e 117, comma 2, lettera l), e comma 3, della Costituzione. L’impugnata legge regionale istituisce un registro regionale volto a raccogliere le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, nonché eventualmente le disposizioni di volontà in merito alla donazione post mortem di organi e tessuti, per i cittadini residenti o che abbiano eletto domicilio nella Regione Friuli-Venezia Giulia.
Si tratta, secondo il ricorrente, di atti di manifestazione della volontà del singolo che, potendo risolversi in un vero e proprio atto di disposizione del proprio corpo, fino a determinare la morte, coinvolgono profili concernenti i diritti personalissimi, rientranti nella materia dell’ “ordinamento civile”, che l’art. 117, comma 2, lettera l), Cost., riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Le norme regionali inciderebbero, inoltre, sulla materia dell’ “ordinamento penale”, anch’essa di competenza esclusiva dello Stato, dal momento che la attuazione delle suddette dichiarazioni, potendo richiedere un comportamento “attivo” da parte dei medici chiamati a rispettarle, necessiterebbe di un coordinamento con le norme del codice penale che prevedono determinati reati (omicidio, omicidio del consenziente, istigazione o aiuto al suicidio).
Infine, tali previsioni violerebbero l’art. 117, comma 3, Cost., non potendosi contestare la loro inerenza alla materia della “tutela della salute” e, particolarmente, ai suoi principi fondamentali, di competenza della legislazione statale.
Considerazioni analoghe valgono anche per la successiva legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2015 che continua prevedere (art. 1, comma 1, lettera a) l’istituzione di un registro regionale volto a raccogliere le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario e, contestualmente, le dichiarazioni di volontà in merito alla donazione di organi e tessuti post mortem.
Le disciplina risultante dalle due leggi summenzionate deve essere oggetto di valutazione congiunta, trattandosi di leggi caratterizzate da disposizioni dal contenuto omogeneo, dipendenti l’una dall’altra e integralmente coinvolte dalle predette censure.
La Corte costituzionale ritiene fondate le questioni di legittimità sollevate in riferimento all’art. 117, comma 2, lettera l), Cost.
Come innanzi accennato, la disciplina risultante dall’intervenuta legge modificativa prevede l’istituzione di “un registro regionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT) con accesso ai dati tramite Carta regionale dei servizi”. Essa inoltre stabilisce la forma, l’oggetto e i destinatari delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario. Infatti, ai sensi dell’art. 2, tali dichiarazioni debbono assumere la forma di un atto scritto, avente data certa con firma autografa, e debbono essere presentate alla azienda per l’assistenza sanitaria competente per territorio (art. 2, comma 3); possono essere registrate sulla Carta regionale dei servizi e sulla tessera sanitaria personale (art. 2, comma 2); il loro contenuto deve specificare la volontà del singolo di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volontà “permanente e irreversibile” (art. 2, comma 3); possono anche contenere l’indicazione dei soggetti a cui le dichiarazioni possono essere comunicate (art. 2, comma 6), e può essere disposta la nomina di eventuali “fiduciari” abilitati a interloquire con il Servizio sanitario regionale in ordine alle dichiarazioni rese dall’interessato (art. 3, comma 1). Il successivo art. 4 precisa che le suddette dichiarazioni non necessitano di alcuna conferma successiva al rilascio e che il cambio di residenza non comporta la loro cancellazione dalla banca dati.
A fronte di una legislazione così configurata, non può essere condivisa l’interpretazione offerta dalla Regione resistente circa l’asserita inidoneità della disciplina regionale a innovare l’ordinamento giuridico. Né può ritenersi che la legislazione regionale, volta a offrire un servizio meramente ancillare alle prestazioni ordinariamente erogate a carico del servizio sanitario regionale, avrebbe natura puramente amministrativa, mantenendosi nell’ambito della competenza legislativa e amministrativa regionale per la tutela della salute e della relativa organizzazione dei servizi pubblici.
Piuttosto, la legislazione regionale censurata appresta una disciplina organica e puntuale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, sottraendo gli intendimenti del singolo soggetto alla sfera meramente privata e facendo confluire gli stessi in un registro pubblico. L’attribuzione di un rilievo pubblico a tali manifestazioni di volontà, espressive della libertà di cura, implica la necessità di una articolata regolamentazione che rientra nell’ambito dell’ “ordinamento civile” di cui all’art. 117, comma 2, lettera l), non potendo essere invece oggetto di legge regionale.
D’altra parte, data la sua incidenza su aspetti essenziali della identità e della integrità della persona, una normativa in tema di disposizioni di volontà relative ai trattamenti sanitari nella fase terminale della vita – al pari di quella che regola la donazione di organi e tessuti – necessita di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza (principio consacrato dall’art. 3 Cost.), ratio ultima della riserva allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento civile”.
Per i motivi che precedono entrambe le leggi censurate devono essere pertanto dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione degli artt. 3 e 117, comma 2, lettera l), Cost., restando assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale sollevati.