Massima
La distinzione tra il delitto di concussione per induzione e quello di truffa aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale va individuata nel fatto che nella concussione il privato mantiene la consapevolezza di dare o promettere qualcosa di non dovuto, mentre nella truffa la vittima viene indotta in errore dal soggetto qualificato circa la doverosità delle somme o delle utilità oggetto di dazione o promessa e la qualità di pubblico ufficiale concorre solo in via accessoria a condizionare la volontà del soggetto passivo (in applicazione di tale principio, la Corte ha qualificato come concussione la condotta di un dirigente medico in servizio presso il reparto di ginecologia di un ospedale che praticava aborti illegali presso il proprio studio privato).
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Il caso
Un dirigente medico in servizio presso il reparto di ginecologia di un ospedale pubblico specula sui tempi della procedura legale di interruzione volontaria della gravidanza – essendo uno dei due soli sanitari non obiettori di coscienza – prospettando difficoltà organizzative e lungaggini in modo da spingere donne in stato di gravidanza, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, ad un aborto illegale (clandestino) a pagamento presso il proprio studio privato, in assenza delle prescritte autorizzazioni.
La Corte di cassazione, a seguito di ricorso dell’indagato avverso l’ordinanza del Tribunale di Messina, applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione, si interroga circa la qualificazione giuridica del fatto sopra descritto. E ciò in quanto, attraverso il predetto ricorso, la difesa dell’indagato prospetta la derubricazione del reato da concussione (art. 317 c.p.) a induzione indebita a dare o promettere denaro o altra utilità (art. 319quater c.p.), oppure da concussione a truffa (art. 640 c.p.) aggravata ai sensi dell’art. 61 c.p.
Ricognizione
I giudici di legittimità esordiscono osservando che la stessa Suprema Corte, a Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. Un., n. 12228/2014) ha precisato, ai fini della distinzione tra i reati di cui agli artt. 317 e 319quater c.p., che il privato, nonostante abbia ottenuto un trattamento preferenziale assecondando la richiesta del pubblico agente, ben può essere stato oggetto di una vera e propria costrizione psicologica, assimilabile alla coazione morale di cui all’art. 54, comma 3, c.p., con conseguente decisiva incidenza negativa sulla sua libertà di autodeterminazione, ed inquadramento del reato nell’area operativa dell’art. 317 c.p.. Il riferimento è a quelle situazioni in cui il privato, attraverso la prestazione indebita, intende soprattutto preservare un proprio interesse di rango particolarmente elevato (si pensi al bene vita, posto in pericolo da una grave patologia); oppure, di fronte ad un messaggio comunque per lui pregiudizievole e al di là del danno ingiusto o giusto preannunciato, sacrifica, con la prestazione indebita, un bene strettamente personale di particolare valore (libertà sessuale), e ciò in spregio a qualsiasi criterio di proporzionalità, il che finisce con l’escludere la configurabilità in suo favore del vantaggio indebito richiesto dall’art. 319quater c.p.
Nel caso di specie, l’indagato era uno dei due sanitari non obiettori dell’Ospedale (OMISSIS) presso il quale funzionava un ambulatorio di interruzione volontaria della gravidanza e, con la prospettazione di lungaggini nella pratica standard ed ostacoli organizzativi (in realtà insussistenti) convinceva donne in stato di gravidanza che avevano necessità di abortire in tempi contenuti ad effettuare l’aborto a pagamento, nonché clandestinamente, presso il proprio studio privato.
Ebbene, una condotta siffatta, in considerazione del coinvolgimento di un interesse di rango particolarmente elevato riferibile alle pazienti (integrità psico – fisica), per la cui salvezza alle stesse non rimaneva alternativa che quella di rivolgersi privatamente all’indagato, ha determinato una radicale compressione della volontà negoziale di tali vittime, la cui libertà di autodeterminazione appare oggetto di totale compressione veicolata dalla finalità di conseguire una remunerazione frutto delle illecite pratiche abortive. Pertanto, risulta corretto l’inquadramento della condotta nell’alveo applicativo dell’art. 317 c.p.
Né, tantomeno, la condotta surriferita può essere ricostruita in termini di truffa aggravata. Infatti, la distinzione tra il delitto di concussione e quello di truffa aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale va individuata nel fatto che nella concussione il privato mantiene la consapevolezza di dare o promettere qualcosa di non dovuto, mentre nella truffa la vittima viene indotta in errore dal soggetto qualificato circa la doverosità delle somme o delle utilità oggetto di dazione o promessa e la qualità di pubblico ufficiale concorre solo in via accessoria a condizionare la volontà del soggetto passivo (Cass. pen., n. 20195/2009). E, nel caso di specie, vi era piena consapevolezza, da parte delle gestanti, che le somme pagate o promesse erano il prezzo dell’illecita alternativa “privata” alla quale erano costrette.
In considerazione di siffatte osservazioni, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Riferimenti normativi: artt. 61, 317, 319quater, 640 c.p.