Come avevamo preannunciato nell’ambito della presentazione del focus 2025 di Simlaweb sull’attività autoptica, iniziamo proponendovi il protocollo recentemente deliberato dall’ASL di Sassari nel quale vengono affrontati con impostazione innovativa aspetti davvero importanti relativi alla natura degli incarichi giudiziari per il medico dipendente di struttura pubblica.
In questo articolo il Collega Dott. Salvatore Lorenzoni, Direttore UOC della ASL 1 di Sassari nonché Presidente del locale Ordine dei Medici, presenta questa iniziativa che ha fortunatamente sostenuto nel corso di diversi anni di tenaci battaglie per il riconoscimento del ruolo medico legale nell’ambito del sistema sanitario.
Incarichi giuziari per i medici dipendenti da struttura pubblica

Ormai da alcuni anni è sorto, e sta assumendo sempre maggiore il rilievo, il problema della corretta configurazione degli incarichi giudiziari per i medici dipendenti, tenuti da un lato ad ottemperare alle richieste dell’Autorità giudiziaria, e dall’altro a rispettare gli impegni istituzionali dell’ente di appartenenza.
Questa situazione coinvolge principalmente i medici legali, per i quali gli incarichi giudiziari sono ricorrenti. Tuttavia i medici legali, in particolare nelle Aziende sanitarie, rappresentano una minoranza, per cui i regolamenti aziendali non prevedono questa particolare fattispecie di attività.
“Incarichi extraistituzionali”?
La regola, dunque, copre la condizione generale e non prevede l’eccezione.
Anzi, la maggior parte dei regolamenti include gli incarichi giudiziari (spesso con qualche confusione tra perizie, consulenze tecniche in ambito penale, consulenze tecniche d’ufficio in ambito civile) tra i cosiddetti “incarichi extraistituzionali” di cui all’art. 53 del CCNL della Dirigenza Medica, consentendone l’espletamento al di fuori dell’orario di servizio e subordinatamente a autorizzazione dell’Azienda o, nella migliore delle ipotesi, a comunicazione all’Azienda stessa con anticipi anche di 30 giorni.
Previsione evidentemente incompatibile con la concretezza della quotidianità, prima ancora che con il corretto inquadramento giuridico. Ciò, in particolare, per quanto concerne l’attività svolta per la Procura della Repubblica, sia sul cadavere che sul vivente, caratterizzata quasi sempre da imprevedibilità e urgenza.
Questa impostazione ha anche generato alcuni situazioni paradossali, per esempio quando a seguito di ispezioni ministeriali i Procuratori di varie sedi hanno richiesto alle Aziende sanitarie se i medici legali erano autorizzati ad attività di consulenza e perizia per gli uffici giudiziari, ricevendo, come risposta, i dettami dei succitati regolamenti ed i riferimenti all’art. 53 del CCNL.
Quando però qualche medico legale ha obiettato al magistrato che, sulla base di queste disposizioni, emergeva una materiale impossibilità ad accettare ulteriori incarichi, si è sentito rispondere, tra il serio e il faceto, e comunque correttamente, che l’incarico giudiziario è obbligatorio, e che se necessario tale obbligo verrebbe ricordato e reso effettivo dai Carabinieri.
Qualche altro magistrato, in termini ancora più concreti, ha scritto direttamente all’Azienda che qualunque difficoltà resa ad un dipendente nell’accettazione e espletamento di incarichi giudiziari sarebbe stata interpretata come “intralcio alla Giustizia”.
Per non essere un “intralcio alla Giustizia”: l’importanza della “regola”
Quanto sopra riportato rappresenta il punto di partenza degli sforzi compiuti negli ultimi anni per ottenere, in ambito aziendale, un regolamento che prevedesse la condizione del medico legale (e non solo) titolare di incarico giudiziario, creando dunque una regola per l’eccezione.
In questa ottica è da subito necessario chiarire un aspetto: gli incarichi giudiziari non rientrano tra le attività extraistituzionali previste dall’art. 53 del CCNL. Univoci ed inequivoci, in questo senso, sia la Giurisprudenza che i pareri dell’ARAN. In particolare vengono ribaditi, in termini sovrapponibili tra i vari pronunciamenti, da un lato l’obbligatorietà dell’incarico, dall’altro l’autonomia e indipendenza del Giudice nella scelta fiduciaria del consulente o perito.
E dunque tale attività non può essere subordinata ad autorizzazione da parte dell’Azienda di appartenenza del consulente/perito, ma neppure a comunicazione preventiva.
Proprio dalla natura obbligatoria dell’incarico giudiziario discende un’altra conseguenza logica: il tempo impiegato dal consulente/perito nell’espletamento dell’incarico, sia pure apparentemente sottratto all’attività del servizio di appartenenza, non può e non deve essere aggiunto al normale debito orario, in quanto rappresenterebbe un gravame cui consulenti/periti non potrebbero sottrarsi.
Incarico giudiziario come mansione assistenziale
In altri termini, il dipendente, obbligato a svolgere incarichi giudiziari, soprattutto se ricorrenti (in ragione delle proprie competenze specifiche, come nel caso del medico legale), se dovesse anche recuperare l’orario lavorativo corrispondente al tempo impiegato per lo svolgimento degli incarichi, sarebbe costretto ad un carico di ore lavorative eccessivo ed iniquo, del quale peraltro non potrebbe liberarsi. Questo passaggio, invero, al di là dell’evidenza logica, trova qualche difficoltà risolutiva rispetto all’ordinamento contrattuale che però è stata correttamente risolta nel regolamento recentemente deliberato dall’ASL Sassari laddove recepisce e sancisce che le attività di consulenza/perizia racchiudono in sé una quota rilevante di mansioni assistenziali.
Giusto a titolo esemplificativo, l’esecuzione di un’autopsia giudiziaria fornisce, oltre che le risposte ai quesiti del magistrato, anche una diagnosi di morte, ed il titolare dell’incarico compila documenti/certificazioni di competenza sanitaria (denuncia della causa di morte, certificato necroscopico, denunce sanitarie obbligatorie, ecc).
Si pensi anche alle consulenze/perizie in tema di compatibilità carceraria, piuttosto che a quelle psichiatrico forensi in tema, laddove il confine tra la risposta peritale e l’indicazione sanitaria è davvero molto sottile.
In questa prospettiva il regolamento deliberato dall’ASL Sassari è da considerarsi illuminato laddove sancisce che “Le attività di accertamento tecnico e diagnostico e la compilazione della necessaria documentazione tecnica, oltre che con lo svolgimento dell’incarico assegnato dall’autorità giudiziaria, coincidono con lo svolgimento di adempimenti di sanità pubblica, cui il dipendente è chiamato per via delle mansioni svolte presso l’Amministrazione. Tali attività di accertamento, referto e emissione di atti avente pubblica fede, si considerano svolte all’interno delle attività istituzionali del dirigente AS.”.
Non solo risolto il “debito orario”
Si supera il problema del debito orario, insomma, specificando la coincidenza tra interesse giudiziario ed interesse/ricaduta sanitaria.
Il regolamento dell’ASL Sassari in linea con i principi sopra enunciati, prevede alcuni ulteriori aspetti interessanti:
- la previsione della stipula di protocolli con i vari uffici giudiziari per l’attività di interesse;
- l’allestimento di un tariffario relativo alle spese a carico dell’Azienda, sia per quanto concerne i beni strutturali che le risorse umane, con fatturazione diretta dell’Azienda stessa all’ufficio committente (evitando dunque l’anticipo delle spese da parte del consulente/perito);
- un sistema di comunicazione postuma dell’incarico ricevuto ed espletato da parte del consulente/perito all’Azienda (così da evitare comunicazioni anticipate di difficile effettuazione);
- un sistema di registrazione cartacea e in futuro elettronica (con causale dedicata) dell’orario dedicato agli incarichi giudiziari;
- l’estensione del regolamento non ai soli medici legali, ma anche a tutte le altre figure regolarmente e potenzialmente coinvolte (tra le prime gli psichiatri forensi, tra le seconde qualsivoglia specialista integrante un collegio peritale, per esempio ai sensi della Legge Gelli 24/2017).
Resta inteso che i cosiddetti onorari previsti da apposite norme di Legge per consulenti e periti sono da intendersi in termini di indennizzi per gli incarichi svolti (e per tutti gli aspetti, anche futuri, ad essi connessi) e come tali imprescindibilmente dovuti nominalmente.