Abstract
In molte Procure è invalsa, anche per questioni meramente organizzative, rubricare fascicoli anche in casi di soggetti deceduti, soprattutto per sospetta responsabilità sanitaria, al modello 45. In questa circostanza, in assenza di indagati, per le indagini autoptiche eseguite, ovviamente, come “accertamento tecnico non ripetibile” non viene inviata ad alcuno la notifica di presenziare attraverso propri consulenti. La Cassazione Penale si dimostra decisamente contraria a tale atteggiamento.
. . . .
Con la sentenza n. 16819 del 4 maggio 2021, la Quarta Sezione Penale della Cassazione (Presidente Izzo, Relatore Tanga), viene riaffermato un principio di diritto alla difesa che, come risulta anche nell’esperienza di molti medici legali, viene spesso disatteso .
Il caso che viene trattato nella sentenza riguarda una vicenda incentrata su una una sospetta responsabilità sanitaria: si arriva ad una condanna per i due lettighieri che avevano, secondo il Tribunale e la Corte d’Appello, colposamente determinato la caduta di un soggetto che avevano prelevato presso l’abitazione. Nella caduta si produceva una trauma cranico e successivo decesso imputabile, secondo i Giudici di merito, al medesimo con conseguente riconoscimento di colpa da parte del personale sanitario intervenuto.
L’autopsia era stata eseguita senza che fosse stato dato alcun avviso ai due infermieri che, comunque, all’epoca dell’esecuzione della necroscopia, non si trovavano ancora nel registro degli indagati anche se i nominativi dei due sanitari risultavano nella denuncia presentata dai familiari del soggetto deceduto.
Ancora una volta si pone il problema relativo alla liceità di un “accertamento tecnico non ripetibile”, regolato dall’art. 360 Cod. Proc. Pen. in relazione ai diritti di difesa degli indagati o dei soggetti comunque possibili autori di reato in quanto raggiunti da indizi di reità.
Gli ermellini, nella motivazione della loro sentenza, esplicano in modo assai chiaro la loro posizione sulla base del concetto, appunto, del “diritto di difesa” interpretato, peraltro, in senso assai estensivo dai Giudici della Cassazione Penale. Le conseguenze della decisione della Suprema Corte, nel caso di specie, risultavano di notevole rilevanza in quanto, nonostante il reato fosse prescritto, venivano annullati sia gli effetti penali che quelli civili della condanna.
La decisione della Cassazione ripropone la problematica connessa ai casi di morti post vaccinali e di sospetta malpractice connessa a Covid-19: scudo penale sì ma non dal punto di vista della procedura. Maggiori garanzie o aumento dei timori?
Qui sotto potete trovare la sentenza in forma completa: