Diamo conto di questa recente Sentenza della Cassazione Civile (Sez. III Sent. 20829 21 agosto 2018 – Presidente Chiarini, Relatore Scarano) che affronta, almeno ad una prima lettura, forse in modo non perfettamente consapevole, la tematica del danno differenziale discutendo però di nesso di causalità.
LA SENTENZA E’ SCARICABILE QUI SOTTO
Corte di Cassazione_Sez._III Sent._20829_21_agosto_2018
Si sta parlando, quindi, delle modalità, sia della valutazione dell’incidenza delle preesistenze patologiche sul nesso causale ma anche della medesima sul danno alla persona derivato dal fatto antigiuridico, sia nella sua valutazione, che nella sua liquidazione.
La vicenda in sé è abbastanza semplice e anche di comune rilievo nell’ambito dei casi responsabilità professionale medica ovvero è legata alle tragiche conseguenze di un parto.
Le CTU eseguite rinvengono elementi di colpa professionale nei medici che, ritardando l’esecuzione di un taglio cesareo, avrebbero determinato una condizione ipossica cerebrale nel feto con conseguenti sequele patologiche in un soggetto, che, però, presentava antecedenti morbosi sempre in sede encefalica (si parla di leucomalacia periventricolare evidentemente legata a prematurità).
Circa gli effetti sul bambino di tale condotta si preferisce lasciare le parole a quanto riportato dai Giudici di Cassazione relativamente alla sentenza d’Appello contestata:
La corte di merito ha al riguardo affermato che < <con ottima probabilità di logica e di conoscenza … la leucomalacia periventricolare ( danno alla sostanza bianca ) presente nel cervello di (omissis) semmai originata da ignota condizione primitiva, è stata certamente aggravata a) dall’ipossia fetale acuta immediatamente precedente la nascita oltreché b) dall’insulto ipossico cronico, di cui il ritardo di accrescimento è indiscutibile testimonianza … nella misura di almeno il 50% le condizioni cliniche di (omissis) che oggi presenta una totale incapacità lavorativa e di autogestione>> (in grassetto quanto sarebbe riportato nella precedente sentenza in discussione e, francamente, la suddetta frase sembra riportata in modo non del tutto preciso o al contrario, invece, la scarsa chiarezza è da da addebitarsi ai Giudici di merito). La Suprema Corte continua: A fronte di tale premesse argomentative, essa è quindi pervenuta a liquidare a carico dell’odierna ricorrente un ammontare costituente il 100% del danno nella specie conseguentemente subito dal minore“.
La Suprema Corte definisce tale posizione come “ERRATA”.
Si lascia alla lettura completa della Sentenza il Vostro personale giudizio (è curioso, per esempio, che in nessun punto si parli di “danno biologico”).
Sta di fatto che la Corte di merito non ha pensato – almeno stante la posizione della Suprema Corte – a quel 50 % come ad un aggravamento del danno (oggi ho un danno del 100 % a causa di un fatto antigiuridico; se quel fatto non si fosse verificato, l’invalidità sarebbe stata del 50 % anche se poi, a pensarci bene, se vi fosse stato un aggravamento del 50 % di un danno del 50 %, il danno complessivo sarebbe stato del 75 %). Essa ha, quanto meno scritto in sentenza, che quell’incidenza causale della preesistenza – interpretata nella misura del 50 % – aveva prodotto un danno del 100%.
Ciò è quanto deducono i Magistrati di Cassazione quando scrivono: “Trattasi di antecedente naturale ai medesimi non imputabile, di riconosciuta concorrente -seppure autonoma- incidenza causale nella verificazione dell’evento dannoso, nella stimata misura del 50%“).
La Corte afferma che nel caso di specie si è in presenza “ di uno stato patologico pregresso del paziente/danneggiato non legato all’altrui condotta colposa da un nesso di interdipendenza causale. Ove sia possibile pervenire ad attribuire a tale antecedente una concorrente -seppure autonoma- incidenza causale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica del paziente/danneggiato, trattandosi di ipotesi di concorso di più cause efficienti nella determinazione del danno…l’automatica riduzione dell’ammontare risarcitorio dovuto alla vittima/danneggiato in proporzione del corrispondente grado percentuale di incidenza causale non può invero ritenersi ammissibile“.
Aggiungendo infine:”Anziché sul piano dell’accertamento in via equitativa della frazione di nesso di causalità (c.d. criterio equitativo proporzionale del nesso di causalità), lo stato patologico pregresso può -come detto- in tale ipotesi assumere allora se del caso rilievo, in ossequio al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte ( v. Cass., 11/11/2008, n. 26972 ) in base al quale il danneggiante risponde di tutto il danno ma solo del danno cagionato, solo sul diverso ( e successivo) piano della delimitazione dell’ambito del danno risarcibile e di determinazione dell’ammontare del quantum risarcitorio dovuto mediante valutazione equitativa ex art. 1226 e.e“.
Le domande che sorgono alla lettura di questa sentenza sono molte e spesso legate a una certa oscurità nell’incidere deduttivo dei giudicanti, che, si spera, siano stati correttamente illuminati dalle consulenze mediche eseguite (non dico medico-legali perché non è noto a quali specialisti si siano rivolti i Giudici).
Francamente si ha qualche dubbio in proposito ed è certo che questa sentenza non aiuta a risolvere il nostro annoso problema circa la valutazione delle preesistenze patologiche che, in questo caso, sarebbero senz’altro “concorrenti” e quindi passibili di valutazione “differenziale”. E’ chiaro che la Suprema Corte parla di altro anche se poi il passaggio alla metodica di liquidazione “equitativa” non è del tutto chiaro. Ma nelle CTU, il danno biologico non era stato valutato ? E non è che allora la Corte di merito ha confuso l’incidenza delle pregresse condizioni patologiche sulla causalità con quelle, invece, sul danno ?
Davvero sarebbe assai interessante, per avere un integrale quadro della vicenda, essere in possesso, quanto meno, delle CTU eseguite.