Giurisprudenza Medicina Legale Civilistica

È compito del medico-legale valutare il danno biologico? La Cassazione non sembra molto d’accordo

È compito del medico-legale valutare il danno biologico? La Cassazione non sembra molto d’accordo
È compito del medico-legale valutare il danno biologico? La Cassazione non sembra molto d’accordo

Abstract

Vi presentiamo una recentissima sentenza di Cassazione in cui viene fortemente ridimensionato il ruolo del medico-legale nelle decisioni operative in relazione alla valutazione del danno biologico. A quest’ultimo non spetterebbe né la scelta del baréme da utilizzare, né si configurerebbe alcuna violazione del diritto qualora il Giudice, da solo, una volta scelto il baréme procedesse a fornire l’indicazione percentuale del danno biologico sulla quale poi operare la liquidazione definitiva. 

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La sentenza della Terza Sessione di Cassazione Civile 11724/21 del 5 maggio 2021 (Presidente Travaglino, Relatore Vincenti) è una di quelle che sicuramente desterà clamore nell’ambiente medico-legale perché va ad interessare in modo incisivo la specialistica metodologia di valutazione del danno, almeno apparentemente, minando la necessità della componente medica nella sua elaborazione.

Il caso è questo: siamo a Bari nel 1996: sono passati quindi quasi 25 anni dal loro accadimento e il processo non è ancora giunto al termine. A causa di un evento connesso a responsabilità medica (intervento di legatura della vena spermatica per un varicocele in cui il paziente aveva riportato una lacerazione dell’arteria iliaca) allo stesso residuavano le seguenti menomazioni (le si riporta dalla sentenza): arteriopatia, lesione del nervo femorale, parestesia gamba con claudicatio lieve, subfertilità, danno psichico.

Un caso, quindi, tutt’altro facile da giudicare dal punto di vista della valutazione medico-legale del danno.

Sulla base di questo quadro menomativo, il CTU nominato dal Tribunale di Bari, senza riferire sulla base di quale tipo di baréme fosse stato fornito il giudizio, valutava il danno biologico nella misura del 40 % e su questa base veniva liquidato il danno.

La Corte d’Appello, intervenuta successivamente, utilizzando barémes scelti dai Giudici (le Linee Guida SIMLA del 2016, tabelle relative alle micro permanenti), senza ricorrere ad alcun’altra CTU, liquidava il danno in relazione ad una nuova valutazione del biologico che veniva determinato dalla Corte nella misura del 25 % sulla base del profilo diagnostico di cui si è detto sopra.

Oltre che per altre doglianze esposte da entrambe le parti, il caso giungeva in Cassazione lamentando parte attrice la mancanza di contraddittorio (art. 101 CpC) nelle decisioni che i Giudici dell’Appello avevano preso nel ridurre la valutazione del danno biologico.

Abbastanza incredibilmente, gli Ermellini sostengono che tutto è andato assolutamente per il verso giusto.


Questo perché:

  1. Il danno non patrimoniale viene liquidato  dal Giudice in via equitativa ai sensi del 1226 CC ed è il Giudice che sceglie quale è la base di tale decisione.
  2. Il medico legale accerta la natura dell’invalidità ma la quantificazione avviene affidandosi a barémes che possono anche essere imposti per Legge come nel caso delle micro permanenti nell’ambito dell’infortunistica stradale e dei casi di responsabilità medica.
  3. Al di fuori di questi casi, in attesa di tabelle medico legali di Legge, il giudizio è ancora di tipo equitativo ex 1226 e, di conseguenza, la scelta del baréme “è un giudizio nella disponibilità del giudice e non solo del consulente tecnico… ne consegue che la scelta del baréme in base al quale stimare il grado di percentuale di invalidità permanente non può essere lasciata alla mera intuizione del medico-legale, né, a fortiori, può restare tale scelta sottratta dal controllo del Giudice”.
  4. Per stabilire, quindi, in modo equo le diverse fattispecie, innanzitutto, bisogna che il baréme sia uguale per tutti almeno nel medesimo ufficio giudiziario e “sarà compito del Giudice e non del medico legale individuarlo, con scelta che orienta verso quello più scientificamente autorevole e cronologicamente recente”.
  5. Dunque, scelto dal Giudice il baréme  (in questo caso Linea Guida SIMLA e le tabelle a cui fa riferimento l’art. 139 del CdA – micro permanenti) lo stesso non ha violato alcun principio del contraddittorio (ex art. 101 CPC) e, anzi, ha messo in opera in pieno l’art. 1226. Vi sarebbe errore soltanto dimostrando che sia risultata sbagliata l’individuazione della voce corrispondente all’invalidità concretamente accertata. La parte attrice non ha contestato questo punto e quindi la sentenza, sullo specifico tema, non è stata cassata.

Qui sotto potete scaricare la sentenza in modo integrale (riguardo il tema precedentemente trattato vi segnaliamo le pagine che vanno dalla 18 alla 25).

Riteniamo che i commenti a questa decisione si possano sprecare e forse qualcuno potrà ritenere che le deduzioni della Suprema Corte siano fortemente condizionati dall’errata richiesta d’intervento da parte dei ricorrenti che altro avrebbero dovuto contestare.

Sta di fatto che, certamente, il profilo clinico della valutazione del danno ne esce a pezzi.

Pur non potendosi negare il ruolo del Giudice quale peritus peritorum, già messo in dubbio in numerose sentenze allorché il profilo tecnico decisionale superi le sue competenze ma mai evidentemente sopito, è evidente che una parte del sistema giudiziario italiano, tra l’altro quella che conterebbe di più, ritiene che la valutazione del danno derivi soltanto da mere scelte numeriche compiute sulla base di parametri (i barémes) decisi, peraltro, dal Magistrato e non da un’elaborazione basata su criteri scientifico clinici che si muovono su meri profili indicativi rappresentati nelle “tabelle”.

È evidente che non sappiamo in quale misura questa decisione possa influire sulle scelte quotidiane dei Giudici sui temi in gioco. Forse poco o nulla. Ma, allora, forse ci dovremmo domandare se anche tutte le decisioni operate dalla Cassazione in questo periodo abbiano la medesima riduttiva valenza e, francamente, parrebbe di no. Se fosse così tutti gli enormi cambiamenti suscitati dalle prese di posizione della Terza Sezione non avrebbero portato a decisioni operative radicali quali, ad esempio, la trasformazione delle Tabelle di liquidazione del danno del Tribunale di Milano.

Questa sentenza, però, è indubbiamente spia di una assai scarsa sensibilità sul ruolo della medicina legale, che, evidentemente, nello specifico ambito, è considerata come una fonte di riferimento culturale di importanza relativa e operativamente di scarsa o nulla utilità. Non tralasciando, infine, che la Suprema Corte, evidentemente, non ritiene che la valutazione del danno – in termini di emissione di una determinazione percentuale della menomazione – sia “un atto medico”.

La Suprema Corte entra quindi in modo decisivo in stimolando un intervento dei Giudici in settori di che risultavano fino ad oggi di assoluta competenza medica. D’altronde ciò era già avvenuto, per esemplificare, nel caso della sentenza Rossetti sull’introduzione del “danno differenziale incrementativo”.

Ci fermiamo qui anche se le cose da dire sarebbero molte.
Sorge però spontanea la domanda.
Saprà la medicina legale italiana reagire nel ribadire il suo ruolo di centralità nella valutazione del danno a persona ?


Manzonianamente non si può che concludere “ai posteri l’ardua sentenza”.

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Leggi anche: La Cassazione dà il via libera al “danno differenziale”

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