Noi medici legali, soprattutto quelli che si occupano di scienze forensi di più frequente applicazione in ambito penale, tendiamo ad esaltare, magari con dosi eccessive di positivismo scientifico un po’ d’antan, le meraviglie nuove e antiche dell’applicazione delle scienze forensi, genericamente intese, come fonte di prova nel processo.
Siamo, invece, molto più restii ad ammettere i limiti applicativi delle stesse nel medesimo ambito.
Un bel libro
Sul tema suggerisco un interessante testo di giuristi anglosassoni: Forensic Science Evidence and Expert Witness Testimony. Reliability through Reform? Edited by Paul Roberts, Professor of Criminal Jurisprudence, University of Nottingham and Michael Stockdale, Professor, Head of Law and Director of the Northumbria Centre for Evidence and Criminal Justice Studies, Northumbria University, Newcastle, UK.
Nel primo capitolo “Making sense of forensic science evidence“, disponibile in forma completa anche on line, Paul Roberts elenca quelli che lui definisce I temi ricorrenti che in molti anni, nell’ambito della dottrina giuridica – ovviamente nei paesi di ‘common law’ – mettono in luce le criticità della prova acquisita attraverso le scienze forensi.
I 20 fardelli
Ve li proponiamo in elenco che, secondo l’autore, è redatto non in ordine di importanza:
- La junk science: particolari tecniche utilizzate nell’ambito delle scienze forensi non sono valide, nel senso che non “funzionano”: i test non misurano ciò che pretendono di misurare i risultati non dimostrano quello che si pretende di dimostrare;
- Procedure non convalidate e/o schemi interpretativi fallaci. le tecniche utilizzate nella scienza forense mancano di un’adeguata convalida o di quadri interpretativi logici (compresi quelli di natura probabilistica),compromettendo l’affidabilità dei risultati analitici e/o delle conclusioni inferenziali che si suppone siano basate su di essi;
- Gestione carente delle prove: i laboratori e i professionisti che operano nell’ambito delle scienze forensi spesso non dispongono di protocolli e procedure adeguati per raccogliere, conservare e processare i campioni fisici, evitando la loro contaminazione o degrado o altrimenti compromettenti la catena di custodia;
- Carenze nella metodologia scientifica applicata: particolari test o opinioni non soddisfano gli standard “scientifici” di obiettività, indipendenza e imparzialità, con una particolare suscettibilità alla (inconsapevole) insorgenza di “bias” cognitivi;
- Fallibilità umana: gli scienziati forensi e i testimoni esperti (periti) commettono errori anche clamorosi (compreso l’utilizzo di dati completamente errati);
- Ciarlataneria: gli esperti sono ciarlatani, corrotti o incompetenti;
- Testimonianza “eccessiva”: gli esperti si spingono oltre i limiti delle loro legittime competenze della nel fornire pareri in ambito forense;
- Distorsioni strutturali del processo: la scienza “sana” è corrotta dalle pratiche investigative e/o dal contraddittorio tipico del processo penale;
- Manipolazione da parte dei legali: gli avvocati e i giudici non comprendono la scienza correttamente, e di conseguenza maneggiano male le prove scientifiche e/o ne abusano per i propri fini di strategia processuale;
- 1Mancanza di comunicazione: gli esperti sono incapaci o non sono disposti a esprimersi (oralmente o per iscritto) in modo comprensibile per i non addetti ai lavori;
- Standard di ammissibilità delle prove scientifiche lassisti (“liberali”): i tribunali ammettono troppo facilmente prove scientifiche discutibili all’interno del processo, esponendo così i giurati che devono accertare i fatti a rischi eccessivi di errore giudiziario;
- Standard di ammissibilità delle prove scientifiche eccessivamente esigenti (“conservatori”): i tribunali escludono troppo facilmente perizie effettuate con metodi innovativi o non convenzionali, privando così coloro che devono valutare in giudizio di informazioni rilevanti per il loro processo decisionale;
- Silenziamento delle testimonianze: le procedure processuali per la raccolta di testimonianze orali impediscono ai testimoni esperti di comunicare nella la loro lingua e/o alle loro condizioni;
- Deficit di contraddittorio: il supporto scientifico per la difesa è inadeguato in tutto il processo sia in fase predibattimentale che dibattimentale;
- Disaccordo “costruito”:le procedure processuali contraddittorie accentuano discrepanze minori tra le opinioni degli esperti, oscurando al contempo le situazioni in cui vi è accordo sostanziale;
- Incapacità istituzionale del processo: i processi penali per loro essenza sono incompetenti per tentare di risolvere divergenze di opinioni in ambito scientifico;
- Eccessiva deferenza della giuria: Ll giurie non comprendono le prove scientifiche e troppo facilmente si rimettono alla testimonianza degli esperti;
- Eccessivo scetticismo della giuria: le giurie non comprendono l’evidenza scientifica e di conseguenza non danno credito alla testimonianza degli esperti.
- Incompetenza matematica (l’autore parla di “cecità numerica”): in particolare, i non addetti ai lavori non comprendono le basi probabilistiche o statistiche dell’evidenza scientifica e, di conseguenza, si verifica più facilmente quanto descritto nei due paragrafi precedenti;
- Due culture antitetiche: Diritto e Scienza sono metodologicamente incompatibili, condannando la scienza forense – in un errato tentativo di proporre un “matrimonio tra opposti” – ad affrontare questo reale conflitto di personalità.
Qualche considerazione
E’ evidente che molte delle problematiche elencate hanno rilevanza in un sistema processuale diverso dal nostro anche se, ogni tanto sarebbe bene ricordarlo, anche da noi vige una procedura di natura “accusatoria” e soprattutto in ambito dibattimentale la metodologia dell’ascolto della testimonianza esperta non dovrebbe differire granché. E forse, negli interrogatori peritali, si registra spesso una incapacità dei legali nel sottoporre periti e consulenti a interrogatori e controinterrogatori che abbiano delle caratteristiche più consone ad un processo da “common law” anche per una certa intolleranza dei Giudici ad una tenzone processuale senza esclusione di colpi e/o eccessivamente articolata.
L’autorità di Sir Spilsbury
D’altronde, da sempre sappiamo, che molti reputano più importante la personalità, l’importanza accademica o professionale o ancora la capacità comunicativa dell’esperto durante il processo piuttosto che un’evidenza ben argomentata e dimostrata attraverso un metodo scientifico adeguato. E il testo che vi abbiamo presentato porta, nel capitolo dedicato alla “reliability” dell’expert witness, un esempio lampante di quanto abbiamo detto sopra riferendosi ad un famosissimo patologo forense britannico Sir Bernard Spilsbury, perito nei più importanti processi per omicidio inglesi nella prima metà del secolo scorso, famosissimo sia per il suo carisma scientifico ma anche per una straordinaria eloquenza. Tutte queste doti lo rendevano, al di là della sua applicazione al caso – a volte a fine carriera assai discutibile – del tutto credibile da parte delle giurie. Talmente credibile che le sue testimonianze portarono a condanne per delitti gravissimi in modo del tutto contestabile.
L’eloquenza di Sir Meadows
Un altro esempio portato nel testo, si riferisce ad un altro importante expert witness, Sir Roy Meadows, un famoso pediatra, che assunse il ruolo di perito in alcuni importanti casi di omicidi di bambini che molti ritengono responsabile di incredibili errori giudiziari. Oltre che per la sua parlantina Medows era anche famoso per gli esempi chiari e operati con linguaggio “quotidiano” che proponeva alla giuria.
Per esempio, relativamente al fatto che alcuni omicidi di infanti erano stati perpetrati da parte dell’accusato testimoniò che “La possibilità di scommettere su un cavallo ritenuto da tutti come un outsider quindi mal quotato nel Grand National e vincere è improbabile… ma la possibilità che ciò si verifichi per quattro anni di seguito sappiamo tutti che è straordinariamente improbabile…Vale lo stesso per questo caso. La probabilità che le morti di questi bambini avvenute nella famiglia dell’imputato siano naturali è da ritenersi molto, molto, molto improbabile“. D’altronde risultava talmente convincente che una vittima ingiustamente condannata anche attraverso una sua testimonianza ebbe modo di dichiarare, con humour tipicamente british, che: “Sapevo di essere innocente ma ascoltandolo mi sarei creduto senz’altro colpevole“.
E qualche epigono dei due baronetti è rinvenibile anche nella comune pratica forense esercitata nelle diverse regioni del nostro stivale.
Conclusioni
Comunque, riprendendo il filo è vero che, peraltro, i distinguo portati alla vostra attenzione sono prevalentemente applicabili in ambito penalistico ma ma mi sentirei di richiamare la vostra attenzione sul fatto che alcune problematiche prima espresse possono benissimo interessare i lavori dei nostri consulenti tecnici in ambito civilistico.
Non si può concludere che lasciando alla vostra attenzione questi punti di vista sottolineando però che, forse, sarebbe il caso di soffermarci di più sugli aspetti che il nostro autore mette in luce. Questi, alla fin fine, rappresentano parte di quel complesso di elementi che costituiscono il cuore della nostra disciplina. Il dubbio, il confronto delle opinioni, soprattutto il “metodo” nelle scienze forensi sono i presupposti per valutare qualunque risultato ottenuto anche grazie alle migliori tecniche operative spesso al di là dei risultati e del mezzo, magari sofisticato, con i quali sono stati ottenuti.
Oh no?