Con Bosco Umberto e Abbruzzese Noemi, studenti del V anno di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Torino, e tirocinanti presso la SC Medicina Legale della AOU Città della Salute e della Scienza abbiamo avuto l’ardire di analizzare l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 24656 del 13 settembre 2024, sempre con lo spirito che è proprio di questo sito.
Il fatto
Una paziente nel mese di novembre 20.. fu ricoverata all’ospedale X per un intervento chirurgico di protesi totale dell’anca destra. Successivamente sviluppò una infezione. Per questo motivo, un mese dopo, a dicembre dello stesso anno si recò al pronto soccorso presso lo stesso ospedale per essere curata. La paziente fu quindi ricoverata per i dovuti trattamenti del caso.
Siccome l’infezione tardava a guarire, la paziente decise di recarsi presso un altro ospedale.
Dal momento che la signora riteneva sussistente una relazione causale attribuibile a colpa professionale tra l’intervento di protesi all’anca e l’insorgenza dell’infezione seguita al primo ricovero, citò in giudizio l’ospedale, sostenendo un inadempimento del contratto di cura stipulato.
Il Tribunale di primo grado ricorse alla Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) che non rilevò alcun errore in occasione del primo ricovero di novembre, ma individuò un “inadempimento” in occasione del secondo ricovero di dicembre sempre nella stessa struttura. Per questo motivo, il Tribunale riconobbe il risarcimento a favore della paziente.
La Corte d’Appello ribalta la sentenza di primo grado
L’ospedale decise di ricorrere alla Corte d’Appello, sostenendo in propria difesa che la responsabilità assegnatagli dal CTU, individuata nel secondo ricovero di dicembre, fosse basata su fatti diversi rispetto a quelli presentati nella domanda introduttiva della paziente che sollevava inadempienze avvenute in occasione del primo ricovero di novembre.
La Corte di Appello accolse la richiesta dell’ospedale e riformò in toto la sentenza di primo grado.
Il ricorso in Cassazione
Per questa decisione, la paziente fece ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse valutato complessivamente la sua richiesta. Infatti, secondo la ricorrente, nonostante nella domanda fosse indicato soltanto, come atto di doglianza, quanto accaduto durante il primo ricovero, sarebbe stato corretto valutare tutto il percorso di cure presso il medesimo ospedale citato, comprendente quindi sia il primo ricovero del novembre, che il secondo del dicembre dello stesso anno.
La Corte di Cassazione rigettò la domanda della paziente.
Le motivazioni della Suprema Corte
Gli Ermellini hanno riconosciuto la correttezza dell’operato della Corte di Appello, in quanto ritengono che il giudice di primo grado sia andato extrapetita, inciampo in cui cadde anche il nominato CTU.
Uno dei motivi di ricorso da parte della paziente faceva leva sul fatto che la sua domanda risarcitoria, per quanto avesse individuato errori nel corso del primo ricovero di novembre, avrebbe dovuta essere interpretata come complessiva, intendendo che essa comprendeva tutta l’attività svolta presso il medesimo ospedale, quindi coinvolgente sia il primo che il secondo ricovero.
Non è la storia che conta ma il titolo del fatto giuridico
La Cassazione rigetta tale formulazione in quanto afferma che il fatto storico è implicito in un altro ove ne costituisce specificazione o svolgimento, all’interno della medesima dimensione spaziale e temporale. Tale fatto si indentifica per il diritto in base a criteri giuridici e non meramente storici nei quali si è eseguita la prestazione sanitaria (o svolta la condotta medica). Questa si identifica ulteriormente nel titolo dal quale si muove il fatto giuridico.
I contratti sono due
Nel caso specifico la Corte di Cassazione individua i due ricoveri come due contratti, ossia due obbligazioni, differenti non solo per il tempo e lo spazio (il secondo ha avuto inizio dopo l’estinzione del primo), ma anche per l’obbligazione assunta dall’ospedale di cui una sola fu messa in discussione dalla ricorrente. Infatti, se il primo ricovero (contestato) riguardava l’impianto della protesi d’anca, il secondo assumeva il carattere di un altro rapporto contrattuale con una obbligazione differente dalla prima, ossia curare l’infezione.
Nel caso specifico si è quindi trattato di un diverso ed ulteriore contratto, il secondo ricovero, che non fu mai oggetto di doglianza del ricorrente nel corso del giudizio.
La Cassazione riconosce che “non può aversi identità di domande, né può dirsi che l’una è implicita nell’altra, se esse fanno valere due inadempimenti diversi in quanto relativi a prestazioni oggetto di diversi contratti”.
Difatti, anche sotto un profilo di contraddittorio e di difesa, per il convenuto “difendersi dall’accusa di essere inadempiente al primo contratto non è come difendersi dall’accusa di inadempimento del secondo il che rende ulteriormente conto della diversità delle domande”.
Ce ne sono anche per il CTU
L’ordinanza non si risparmia, per quanto velatamente, a redarguire anche l’operato del CTU i cui limiti e ambito di movimento sono già stati delineati in vari contributi pubblicati su questo sito.
Gli Ermellini, dal tenore della sentenza, pare non diano supporto al fatto che una consulenza percipiente, secondo la prospettazione della ricorrente, possa valutare e accertare “fatti” (nel caso specifico la Corte di Appello aveva sostenuto che il CTU aveva esorbitato dai poteri del consulente, in quanto si è spinto a valutare la correttezza dell’operato del secondo ricovero, anche se tale ricovero non era stato messo in discussione dall’attrice).
Infatti, anche il CTU deve essere “orientato nel tempo e nello spazio” secondi i canoni di diritto che sono stati espressi dalla Corte e precedentemente descritti.
Il lavoro del CTU non può quindi esorbitare dai fatti dedotti nella domanda introduttiva, altrimenti si va extrapetita.
Il CTU non è posto in una posizione superiore rispetto alle parti, ma il suo lavoro tecnico deve muoversi all’interno di quei fatti che le parti sollevano, allegano e provano l’uno verso l’altro.
Quindi, in casi di questo tipo, attenzione. A domanda si risponde e non di più.