Nella L. n. 194 del 1978, art. 6, lett. b è espressamente previsto che idonei a determinare “un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna” che legittimi l’eccezionale possibilità di farsi luogo, dopo i primi 90 giorni di gravidanza, alla relativa interruzione, sono “rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro”.
La giurisprudenza non richiede, per procedere mediante presunzioni, che ci si trovi di fronte ad una malformazione grave, nè tantomeno che questa patologia affligga necessariamente le capacità intellettive del nato.
Nella sentenza impugnata, la Corte di merito non ha fatto corretta applicazione di tali principi laddove ha escluso di poter applicare il ragionamento presuntivo per ottenere la prova in questione, sulla base del rilievo che la malformazione da cui è risultato affetto il nato, privo degli arti superiori, non incide sull’espletamento di attività fisica e soprattutto psichiche, e quindi non sarebbe grave.
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