Abstract
Il ruolo del Myocardial Bridging nel determinismo della morte improvvisa è controverso. La Letteratura sul tema, infatti, offre a considerare numerosi case report di patologia forense deponenti per una correlazione causale univoca. Per converso ampie casistiche anatomopatologiche e cardiochirurgiche ridimensionano la valenza critica di tale condizione.
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Per Myocardial Bridging si intende il decorso atipico intramuscolare di una arteria coronarica epicardica, solitamente l’Interventricolare Anteriore. Il rivestimento miocardico del vaso può produrre una obliterazione del lume durante la contrazione sistolica, con potenziale insulto ischemico dei tessuti a valle.
Tuttavia, a fronte di una una prevalenza di Myocardial Bridging nella popolazione prossima al 25%, solo in una ridotta percentuale di casi coesistono segni istopatologici di ischemia.
Peraltro, tutti i rami della circolazione coronarica assumono rivestimento muscolare nelle porzioni terminali, senza determinare lesioni ischemiche dei territori di competenza. Tale riscontro ben collima con l’assunto secondo il quale solo il 15% della perfusione miocardica avviene durante la contrazione sistolica cardiaca.
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Il Myocardial Bridging come cofattore
Alcuni studi hanno evidenziato una discrasia tra l’entità della compressione vascolare da Bridging Miocardico e la severità delle lesioni ischemiche, elicitando il sospetto di una genesi multifattoriale dell’ipoperfusione (LINK).
In particolare è stato osservato come il tunnelling del vaso coronarico possa variamente associarsi ad alterazioni della componente muscolare della tonaca intima. Tali alterazioni sarebbero potenzialmente predisponenti eventi di spasmo coronarico (LINK). Inoltre, è riportato come il tratto di coronaria prossimale rispetto al bridging sia maggiormente esposto a rischio di aterosclerosi. Entrambe le alterazioni sarebbero quindi responsabili di alterazioni emodinamiche del vaso coronarico, quali contrazione del lume persistente in diastole e flusso retrogrado.
Ulteriori lavori hanno evidenziato come il Myocardial Bridging rappresenti un epifenomeno della Cardiomiopatia Ipertrofica (LINK), pur in assenza di evidenze di una associazione sistematica tra Bridging secondario ad ipertrofia e rischio aumentato di Morte Improvvisa.
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Il significato patologico del Bridging Miocardico isolato
Recenti pubblicazioni attribuiscono al Myocardial Bridging un ruolo diretto ed univoco nella causazione di ischemia quando caratterizzato da un decorso intramuscolare profondo (>5mm) e prolungato (2-3 cm) (LINK).
Altri autori, invece, riconoscono una connotazione chiaramente patologica a fronte di quadri di profondità (2mm) e lunghezza (2 cm) inferiori, seppur in concomitanza con alterazioni ischemiche miocardiche nel territorio di competenza della coronaria interessata dal Bridging. Rientrano in tale casistica, ad esempio, tratti intramuscolari dell’IVA con alterazioni ischemiche, croniche o acute, a livello della parete anterosettale del ventricolo sinistro.
L’applicazione di tale rigore nella riscostruzione eziopatogenetica consentirebbe di ascrivere casi di morte improvvisa a Bridging Miocardico solo in un numero estremamente limitato di casi.
Ne consegue la necessità di una accurata documentazione e descrizione anatomopatologica delle caratteristiche morfologiche e dimensionali del tratto coronarico interessato da Bridging Myocardico unitamente ad un campionamento estensivo del territorio miocardico potenzialmente interessato da deficit perfusivi.
Nei casi di Bridging isolato non rispondenti ai summentovati criteri appare opportuno un rigoroso vaglio dell’esclusione di cause alternative, ivi incluse cause genetiche quali le channelopatie (LINK).
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