Abstract
Ci giunge dal nostro Socio Dott. Luigi Mastroroberto, un ampio commento in merito alle “nuove” tabelle relative alla valutazione del danno biologico permanente compreso tra i 10 e 20 punti di invalidità allegate allo schema di DPR di cui abbiamo già dato notizia che dovrebbe in futuro regolare la valutazione e la liquidazione del danno biologico. Il Dott. Mastroroberto, la cui competenza è nota a tutti risulta particolarmente interessante non solo per le noti tecniche relative propriamente ai valori tabellari, ma anche perché ci ricostruisce, da protagonista diretto, quale era stata la modalità con cui erano state predisposte le nomine della Commissione tecnica medico-legale che, per le tabelle attuali, rimane invece ancora “un enigma avvolto in un mistero”.
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La comparsa in questi giorni, sugli organi di stampa, dello schema di DPR contenente le tabelle, sia quella medico legale, sia quella dei valori economici del danno alla persona che comporta un pregiudizio permanente stimabile fra 10 e 100 punti percentuali, ha già suscitato a “caldo” razioni di vario segno tra i principali protagonisti di questo rilevante settore della nostra Società (magistrati, giuristi e assicuratori in particolare).
L’attenzione, fino ad ora si è però concentrata quasi esclusivamente sulla seconda delle due tabelle, quella dei valori economici. A quanto mi risulta, al momento vi è un unico commento all’altra tabella, quella delle menomazioni, commento redatto dal dr. Franco Marozzi dal titolo intrigante (Le misteriose nuove tabelle di valutazione e liquidazione del danno biologico – Simla) pubblicato ieri sul sito della SIMLA (Società Italiana di Medicina Legale) che mi pare significativo segnalare per dimostrare l’estraneità di questa Società dalla redazione della cosiddetta “nuova tabella” ed il fatto che al momento, anche ricercando approfonditamente sul web, non si riesce a verificare da chi sia stato composto il Gruppo Tecnico istituito il 18 marzo 2018 presso il Ministero della Salute, a quali comunità scientifiche appartengono i vari componenti ovvero quali i titoli che ne documentano la specifica competenza.
Faccio questa osservazione ad un unico scopo, quello di marcare la differenza con quanto era avvenuto in passato e che, per meglio comprendere le osservazioni al documento che seguiranno, credo possa essere utile ricordare.
Negli anni successivi alla introduzione, nel nostro sistema di risarcimento del danno alla persona secondo la dottrina del danno alla salute, moltissimi contributi giuridici e medico legali hanno affrontarono il tema sotto diversi angoli di visuale, non sempre con identità di pensiero e fu in questo scenario che all’inizio del terzo millennio, questo criterio di valutazione del danno alla persona secondo la dottrina del danno biologico ebbe la necessità di una sua definizione legislativa, benchè limitatamente all’ambito della Responsabilità Civile Auto (RCA). Nel 2001 infatti, con la legge n. 57, fu concepita ed elaborata una norma che stabiliva, ma solo per i danni temporanei e per i danni alla persona che determinavano una invalidità permanente compresa fra 1 e 9 punti percentuali, cosa si dovesse intendere per danno biologico e come questo dovesse essere risarcito. La stessa legge stabilì anche che il Ministero della Salute, di concerto con i ministeri economici e quello di Grazia e Giustizia, dovesse predisporre una tabella medico legale che desse indicazione su come valutare questi danni di lieve-modesta entità.
Alla legge 57/2001 fece seguito, l’anno dopo, l’articolo 23 della legge 273/2002 (che pochi ricordano, ma che è quella che originariamente si fece carico di farlo) la quale diede mandato, agli stessi ministeri, di predisporre anche le tabelle, sia quelle economiche, sia quelle medico legali, per la determinazione dei danni di maggiore entità, responsabili di invalidità comprese fra il 10% ed il 100%.
Nel maggio 2002 l’allora ministro della salute istituì una apposita commissione, nominando tecnici e professionisti, ciascuno in rappresentanza delle entità istituzionali maggiormente interessate al risarcimento del danno alla persona in responsabilità civile. Parteciparono dunque non solo esperti medico legali nominati da due società scientifiche (la Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni e l’Associazione Melchiorre Gioia), ma anche tecnici dell’ANIA (fra i quali il sottoscritto), dell’ISVAP, dell’INAIL e dei ministeri del lavoro, della sanità e di grazia e giustizia. L’incarico fu però solo per la messa a punto dello strumento previsto dalla legge 57, ossia per la tabella dei danni permanenti compresi fra l’1 ed il 9%. Nell’arco di un anno la commissione, nonostante travagli interni, concluse i lavori e diede alla luce una tabella che fu poi approvata definitivamente mediante un decreto ministeriale in data 3 luglio 2003 e la relativa pubblicazione sulla Gazzetta dell’11 settembre dello stesso anno; tabella che dunque, fin da allora, è vincolante per il medico legale non solo per la RCA ma, a partire dalla legge 189/2012, la cosiddetta legge Balduzzi (e, dunque, 5 anni prima della più nota legge “Gelli n. 24/2017) anche per la RC Sanitaria.
Il 26 maggio 2004, il ministro della Salute, dando seguito a ciò che aveva previsto l’art 23 della già citata legge 273 del 2002, confermò la precedente commissione, implementandola con altri tecnici di altre associazioni (associazione vittime della strada, società di consumatori, sindacato specialisti in medicina legale e delle assicurazioni), dandole mandato di predisporre anche una tabella delle menomazioni comprese fra 10 e 100 punti di danno permanente biologico. A differenza di quanto era accaduto con la legge 57/2001, che aveva già indicato i valori economici di quel tipo di danno permanente, il mandato ricevuto dal ministero per la tabella 10-100 fu di predisporre anche le tabelle economiche, da allestire però all’interno delle competenze del ministero e senza avvalersi di una commissione tecnica. Il tutto doveva poi essere oggetto di un decreto del presidente della Repubblica. Le tabelle medico legali furono messe a punto dalla commissione e consegnate al ministro della salute nel dicembre 2005, ma di fatto, benchè più volte oggetto di schemi di DPR per la loro approvazione e di verifica anche da parte del Consiglio di Stato, non sono mai state approvate. Eppure, ne fa menzione lo schema di decreto che si sta commentando, a pag. 2 quando ci dice che la tabella medico legale proposta oggi è una rivisitazione di quella che, ricordo, fu istituita con decreto ministeriale del 26 maggio 2004. E di qui la prima considerazione ed il primo dubbio: a fronte di un lavoro che ha visto confrontarsi i rappresentanti più accreditati delle principali entità della nostra Società che ruotano intorno al risarcimento del danno alla persona, non sarebbe stato forse meglio adottare lo stesso criterio di rappresentatività che avrebbe evitato (come aveva evitato in passato) discussioni e conflitti? E se vi era la necessità di aggiornare la precedente tabella, perché essa è stata modificata anche su parti che non hanno subito alcun aggiornamento in questi anni e che hanno da sempre fatto parte del bagaglio dei medici legali in una tradizione valutativa che, ripeto, come peraltro è avvenuto nel corso degli anni negli altri Paesi che si avvalgono di tabelle medico legali, doveva essere implementata con voci scaturenti da progressi della Medicina e della Riabilitazione clinica e strumentale, ma non certo nei suoi punti fermi? Fra l’altro, nelle precedenti due commissioni e su istanza di molte delle parti in essa rappresentate, era emersa la necessità di creare la maggiore uniformità possibile con la tabella del danno biologico che nel 2000 era stata strutturata dall’INAIL, al fine evidente di ridurre il più possibile la conflittualità nelle azioni di surroga dell’Ente nei confronti dei responsabili civili di infortuni professionali causati da incidenti stradali. Basta scorrere questa “nuova tabella” e gli esempi che seguono per rendersi conto di come questa finalità in molti punti è stata abbandonata, venendo proposti valori che con la tabella INAIL non sono più conciliabili.
Prima però mi sembra opportuno segnalare una “svista” (e se non fosse tale sarebbe un fraintendimento clamoroso sul significato stesso degli strumenti attuativi che sono stati proposti) di chi ha redatto la relazione introduttiva allo schema di DPR. Mi riferisco a quanto scritto a pagina 3 quando, nell’elencare le regole ed i criteri applicativi della tabella, il punto a) testualmente riporta:
“le regole di valutazione del danno non patrimoniale devono tener conto della consolidata giurisprudenza di legittimità; ciò significa da un lato una bipartizione del danno non patrimoniale nelle due componenti del danno biologico (inteso come lesione dell’integrità fisica) e del danno morale (inteso come danno psichico e dinamico-relazionale) e dall’altro una speciale attenzione alla giurisprudenza di merito”.
Molto sommessamente e fuori da ogni intento polemico e di irriverenza, faccio rilevare come le due definizioni date di danno biologico e di danno morale, al contrario di quanto affermato sono totalmente estranee alle norme di legge ed alla più recente ed accreditata giurisprudenza di Cassazione (v. definizione di danno biologico data dagli articoli 138 e 139 che riferisce il termine non alla semplice lesione alla integrità fisica, ma proprio alle ripercussioni della lesione sia fisica e psichica sulle attività dinamico relazionali). Così come il “danno morale”, sempre in base alla più recente ed accreditata giurisprudenza, risulta essere ben altra cosa rappresentando il patimento interiore, ossia quel pregiudizio al “sentire” e non al “fare”. Ma soprattutto è una definizione, quella data del termine danno morale, in palese contrasto con le tabelle medico legali di ogni tempo, compresa quella riportata da questo schema di decreto, che considera le conseguenze psichiche di una lesione come parte integrante del danno biologico, alla stessa stregua ad esempio del danno estetico e del danno sessuale.
Fatte queste premesse di carattere generale e analizzando la struttura della tabella medico legale, questa, come era stato per la tabella redatta dalla commissione istituita nel 2004, è composta di due parti: la tabella vera e propria, in cui sono elencate una serie di condizioni patologiche con, di fianco, le indicazioni del valore percentuale di danno permanente biologico che ad esse è stato assegnato, e le norme da seguire per adattare i valori alla specificità dei singoli casi da esaminare. In realtà è lo stesso schema che era stato allegato alla precedente tabella, in parte immutato, in parte modificato. E sono appunto le modifiche più significative che di seguito saranno oggetto di commento.
Menomazioni preesistenti
Il paragrafo riguarda uno degli aspetti della valutazione del danno alla persona particolarmente complesso e che forse, più di altri, ha necessitato di una norma chiarificatrice. Incomprensibilmente, in questa versione delle premesse alla tabella è stata eliminata una parte di quella presente nelle norme applicative delle precedenti tabelle che alle relative commissioni era parsa invece di particolare importanza e maggiormente esplicativa di come il medico legale deve affrontare situazioni del genere. Lo scopo di questa indicazione nelle premesse è riaffermare che per personalizzazione del danno non si intende solo il tener conto di particolari attività svolte dal soggetto (argomento questo che confluisce nel risarcimento aggiuntivo di eventuali particolari aspetti soggettivi) ma ci si riferisce soprattutto ad un concetto tipicamente medico-legale. È vero infatti che esistono dei valori tabellati, ma è vero anche che se le commissioni che hanno predisposto le tabelle non avessero previsto delle situazioni specifiche attraverso le quali poter derogare ad essi, si sarebbero creati i presupposti per giungere a veri assurdi valutativi. La precedente tabella, al riguardo testualmente recitava:
“Nel caso in cui la menomazione interessi organi o apparati già sede di patologie o esiti di patologie le indicazioni date dalla tabella andranno modificate a seconda che le interazioni tra menomazioni e preesistenze aumentino ovvero diminuiscano il danno da lesione rispetto ai valori medi”.
Per meglio far comprendere il principio, nel testo originale venivano proposti due esempi. Il primo è: “il valore tabellato per la perdita di un occhio andrà maggiorato nel caso la lesione si verifichi in soggetto monocolo o con deficit visivo nell’occhio controlaterale”. Se non ci fosse stata questa precisazione, il soggetto che perde, a causa di lesioni da responsabilità di terzi, 5/10 di acuità visiva nell’unico occhio sano sarebbe stato valutato tabellarmente nel range dei danni di lieve entità, a fronte invece di un peggioramento del suo stato anteriore che è di ben maggiore gravità e che dunque, come tale, andrà adeguatamente personalizzato derogando dal valore tabellare previsto che è riferito al soggetto con normale funzione dell’altro occhio. Il secondo esempio, che faceva invece riferimento ad una situazione opposta, recita: “il valore tabellato per un’anchilosi di caviglia andrà ridotto se la menomazione si realizza in un soggetto paraplegico”. Se infatti compito del medico legale è quello di dire in che misura si è ridotta la quantità di cose che il soggetto non può più fare per effetto della lesione, è evidente che questo deve farlo anche (anzi prioritariamente) in relazione a ciò che quel soggetto era e faceva prima del fatto di cui è rimasto vittima. Ed allora, all’opposto dell’esempio della menomazione dell’occhio integro nel soggetto che era monocolo, nel soggetto paraplegico che riporta una lesione alla caviglia con residua anchilosi della stessa, non potrà certo essere valutato allo stesso modo del soggetto giovane che riporta la stessa lesione. Il motivo è facilmente intuibile: il paraplegico aveva già perso la funzione di quell’arto e la anchilosi della caviglia non modifica di fatto nessuna delle residue abilità di cui prima disponeva. Gli si riconoscerà certamente un danno, ma questo dovrà necessariamente essere inferiore a quello che si sarebbe riconosciuto ad un soggetto che in precedenza aveva una normale funzionalità degli arti inferiori. Per quale motivo questa eventualità, indispensabile per capire il criterio valutativo in caso di lesioni che si verificano in un soggetto già portatore di menomazioni, sia stata rimossa dai criteri applicativi non è dato saperlo. Come non è dato sapere perché questo Gruppo Tecnico abbia previsto di applicare la regola solo quando lo stato anteriore patologico aumenta il valore tabellato della menomazione da valutare e non anche quando (come nel caso della lesione al piede del paraplegico) lo stato anteriore deve comportare – anche solo per logica e buon senso – una riduzione del valore previsto dalla tabella per le menomazioni del piede. Anche questo dunque, esprime un parere personale di chi ha redatto il documento, un parere che è contrario a ciò che dottrina e Giurisprudenza affermano e non mi pare proprio rappresenti un “aggiornamento”.
Menomazioni dentarie
Questa norma applicativa, alla quale è stato dedicato uno spazio rilevante nello schema di DPR, non compariva nella precedente tabella dei danni 10-100, mentre, visto che nella grande maggioranza dei casi le lesioni dentarie rientrano in questa categoria, è presente nelle norme applicative delle tabelle delle “micro” che, come ricordato più volte, sono da tempo vincolanti per legge. Il rischio dunque è che questa diversa formulazione del criterio applicativo entri in conflitto con quanto prevede la tabella relativa ai danni di lieve entità.
Menomazioni visive
Questo paragrafo acuisce ulteriormente quanto appena scritto.
Il fatto che il valore della perdita della vista di un occhio è stato elevato, rispetto alla percentuale precedentemente prevista, al 30%, non solo è un arbitrio che non ha alcun motivo di “aggiornamento”, non solo fa cadere l’obiettivo di allineamento con i valori della tabella INAIL, ma soprattutto (andando credo fuori dal mandato ricevuto da questo Gruppo Tecnico) modifica i valori previsti per i danni oculari che rientrano nella disciplina dell’art. 139 e che erano stati calcolati su un diverso valore della perdita della vista di un occhio. Oltretutto lo schema previsto per la valutazione della diplopia, come pure la voce diplopia su tutti i piani dello sguardo è invece parametrato al vecchio valore e non aggiornato a quello diverso che è stato dato in questa nuova tabella. Di contro, è stata inserita una nuova voce che prevede valori di invalidità del 90-95% per la anoftalmia bilaterale, condizione certamente di gravissima menomazione ma che non rispetta il criterio della proporzionalità rispetto ad altre ancor più gravi menomazioni.
Menomazioni psichiche
In questo caso l’aggiornamento era doveroso, atteso che la precedente tabella si basava su un nomenclatore delle malattie psichiatriche che è stato sostituito dal più recente DSM 5. Altrettanto doveroso era ribadire (come è stato fatto) la estrema delicatezza di questo aspetto del danno alla persona che, al contrario di altre lesioni, ad esempio le fratture, non è mai oggettivamente accertabile né misurabile. Doveroso quindi il richiamo al maggior rigore possibile sulla base dei consolidati principi della Medicina Legale “… nell’accertamento della permanenza del disturbo psico-patologico accertato, dello stato anteriore della persona e, soprattutto, del suo nesso causale con l’evento dal quale lo si vuole far discendere. La verifica quindi del nesso causale deve infatti passare attraverso la rigorosa applicazione della criteriologia medico-legale, atteso che molti dei sintomi appartenenti alle categorie morbose sopra richiamate possono essere di natura idiopatica e potranno considerarsi di natura post-traumatica soltanto previo accurato vaglio della loro coerenza quali-quantitativa e della loro proporzionalità rispetto alla comprovata valenza psico-traumatizzante dell’evento lesivo”. Viene quindi ribadito il necessario ricorso a strumenti (prima fra tutti la scala di Holmes e Rahe) che da tempo è stata suggerita dalla Dottrina per stimare in che misura un determinato danno psichico è da ritenere realmente conseguenza dell’evento stressante e quanta invece dipende da caratteristiche proprie del soggetto leso. La perplessità ed il timore di generare confusione in chi dovrebbe utilizzare questa tabella derivano però dal fatto che, nelle premesse alla tabella, venga fatto riferimento a quadri psico-patologici che, per loro natura, non fanno parte della casistica della traumatologia stradale o dei pregiudizi derivanti da una responsabilità sanitaria (v. ad esempio i disturbi bipolari e quelli dello spettro schizofrenico) ovvero (come i disturbi del neuro sviluppo ed i disturbi di conversione) che, anche se si manifestano a seguito di sinistri stradali o di trattamenti sanitari incongrui, hanno fondamento in una struttura preesistente predominante se non addirittura esclusiva.
Protesi
Anche in questo caso le norme applicative della tabella ribadiscono alcuni concetti fondamentali indispensabili per evitare, soprattutto in caso di protesi dovute ad amputazione di arti, che si discuta (come spesso oggi avviene) in astratto di progetti di protesizzazione davvero onerosi, senza verificare prima la loro fattibilità, l’adattamento dell’infortunato a questi ausili e, soprattutto il beneficio funzionale (non solo in termini di danno biologico, ma evidentemente anche in termini di capacità di lavoro e di guadagno) che il soggetto amputato ne riceve. Necessario quindi riaffermare che le valutazioni definitive di questi casi (e conseguenti giudizi di plausibilità delle spese richieste per i futuri rinnovi delle protesi) non possono essere dati se non prima che abbia termine il percorso riabilitativo.
Altrettanto condivisibile è l’aver introdotto nella tabella le voci relative alle protesi di spalla, ginocchio e caviglia non contemplate nella precedente tabella. A fronte però della opportunità di farlo, le indicazioni che vengono date nella tabella appaiono francamente sproporzionate rispetto al valore attribuito alla perdita funzionale di quei distretti articolari, come se le protesizzazioni, oggi sempre più tecnologicamente avanzate, avessero riflessi negativi sull’articolazione piuttosto che migliorativi.
Entrando infine nel merito della parte tabellare, diverse incongruenze riguardano anche alcuni valori dati a menomazioni degli arti. Ad esempio, l’aver incrementato il valore della perdita funzionale totale del movimento delle spalle (distretto che, nella casistica prevalente, è spesso sede di lesioni) non trova una spiegazione logica in un’ottica di “aggiornamento” della tabella, come se negli ultimi 10-15 anni fosse mutato il ruolo della spalla – ma non quello del gomito, del polso e della mano – nel “funzionamento” comune a tutte le persone. Ma, come si è scritto per altre le menomazioni visive e dentarie, incrementare il valore della perdita funzionale della spalla crea soprattutto un conflitto con i valori indicati dalla tabella delle micro che erano stati calcolati in base al parametro dato dalla precedente tabella 10-100.