Abstract
In questo articolo il nostro Socio Davide Santovito rilegge una sentenza di Cassazione evidenziando la possibile importanza per il Giudice di una consulenza di parte che abbia adeguate caratteristiche sotto il profilo tecnico.
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Si è appena concluso il 45°Congresso Nazionale SIMLA, che ha visto nel pomeriggio del 26 maggio l’incontro sulla “Valutazione della sofferenza – correlata e della personalizzazione del danno alla persona”. I relatori hanno discusso sul ruolo della medicina legale. Questo dibattito può anche considerarsi alimentato dall’Ordinanza n. 15733/2022 della 3° Sezione della Corte di Cassazione Civile (vedi).
L’ordinanza citata focalizzava l’attenzione sulla procedura con cui si deve procedere alla liquidazione complessiva del danno non patrimoniale in merito alle voci di danno attinenti al danno dinamico relazionale (danno biologico), alla sua personalizzazione e al danno morale e quindi sui compiti dello specialista medico legale.
Per quanto d’interesse attuale, l’Ordinanza negava la possibilità di rimettere in gioco il giudizio liquidato della Corte d’Appello in quanto parte ricorrente, che si doleva del mancato recepimento da parte della Consulenza Tecnica d’Ufficio di un profilo diagnostico che era stato evidenziato dalla propria Consulenza Tecnica di Parte. I Giudici della Cassazione rettavano tale richiesta sia ritenendo adeguata le argomentazioni della Corte territoriale relative alla correttezza motiva della Consulenza eseguita per conto dell’Ufficio, sia rigettando le argomentazioni di parte ricorrente in quanto, tra l’altro, “con particolare riguardo a una consulenza di parte di contenuto medico-legale, andrà rilevato come, delle circostanze valorizzate nella consulenza tecnica di parte eventualmente trascurate dal giudice d’appello, dev’essere altresì argomentata la decisività, poiché l’omesso esame, da parte del giudice, dei rilievi della parte, in tanto rileva come vizio di omessa motivazione, denunciabile in cassazione, in quanto la parte ne indichi, con riferimento a serie e documentate argomentazioni medico-legali, la decisività, ossia l’incidenza sulla valutazione della sussistenza o meno di un determinato stato patologico”.
Spinto dalla curiosità, leggendo e rileggendo l’Ordinanza, ho trovato in uno dei passaggi uno spunto di riflessione che a dir il vero, non so se passato sotto silenzio o noto ai più, ha attirato il mio interesse: e se il focus della sentenza non fosse la metodologia liquidativa del complessivo danno non patrimoniale?
L’immagine in primo piano cattura sempre lo sguardo, ma forse avere l’ambizione di Leonardo da Vinci, per quanto audace possano essere queste poche righe, permette di cogliere aspetti e particolari che passano inosservati. Infatti è stato fatto notare che la “vera prospettiva di Leonardo [è]: non distinguere fra cose in primo piano e cose sullo sfondo, fra il centrale e il marginale, fra l’insieme e il dettaglio” (Mercadini R. L’ingegno e le tenebre. Rizzoli, 2022).
Ebbene, cogliendo il consiglio di Mercadini ho dato uno sguardo all’insieme e allo sfondo, perdendo di vista il primo piano. Così ho spostato il punto di vista.
Il risultato, almeno per lo scrivente, è stato un po’ sorprendente: il cuore della Ordinanza può non essere la metodologia del calcolo del complessivo danno non patrimoniale, ma la consulenza tecnica di parte ed il suo compito fondamentale nel perorare le difese delle parti, anche di fronte al giudizio di legittimità, purché corredata da attributi di qualità e quantità.
Ci si chiede quindi se i Giudici di Legittimità non abbiano voluto sottolineare i doveri delle parti e l’ufficio del consulente tecnico medico legale nel perorare le proprie ragioni avanti al giudice ordinario, secondo quella dialettica tecnica ormai consolidata dalla Cassazione stessa.
In altre parole: se il senso dell’ordinanza non fosse la procedura della liquidazione del complessivo danno non patrimoniale, ma un “sonoro” richiamo ai compiti dei propri consulenti tecnici delle parti?
Gli Emellini fanno un chiaro richiamo a pagina 8 dell’ordinanza riguardo alla consulenza di parte di contenuto medico-legale.
Senza addentrarci in modo dettagliato nell’argomento, è nozione nota che “la consulenza tecnica di parte deve considerarsi un mero atto difensivo… privo di autonomo valore probatorio” (Cassazione Civile Sent. Sez. U. n. 5624/2002).
Tuttavia, la stessa consulenza nel rispetto del contraddittorio ben può assumere aspetti rilevanti all’interno della vicenda giudiziaria, purché le critiche mosse all’elaborato di CTU siano dotate, come “Le Cinque Leggende” (DreamWorks Animation, diretto da Peter Ramsey, 2012), di argomentazioni: puntuali, dettagliate, specifiche, serie e documentate (Cassazione Civile Ord. Sez. 5 n. 25526/2018; Cassazione Civile Ord. Sez. 3 n. 15733/2022). Solo così la consulenza tecnica di parte è in grado di inficiare una sentenza, anche in punto di legittimità, nel caso in cui il giudice (o il CTU) ne ometta l’analisi.
Le cinque aggettivazioni rappresentano il fulcro della relazione tecnica di parte, attraverso la quale si muovo osservazioni e controdeduzioni all’elaborato dell’ausiliare del Giudice.
Il monito che gli Ermellini muovono alle parti, con il quale richiamano la professionalità dei consulenti tecnici nella criteriologia utilizzata nel proprio elaborato di critica, è chiaramente indicato dalle aggettivazioni utilizzate:
- Documentato: esplicito riferimento agli atti ed ai documenti presenti nel fascicolo di causa; facente riferimento ad un minuzioso esame delle fonti;
- Serio: che analizza con piena coscienza i propri doveri e i propri compiti, che si distingue per preparazione, competenza, senso di responsabilità, così da caratterizzarsi come elaborato che analizza con gravità e non indulge a valutazioni o interessi frivoli o da poco;
- Specifico: che faccia riferimento al singolo caso trattato, limitato all’ambito del contendere;
- Dettagliato: caratterizzato da particolarità, da elementi circostanziali minuti, esaminato o esposto con ricchezza di particolari;
- Puntuale: fatto con precisione, con scrupolo, che prende in esame tutti gli aspetti della questione.
Se spesso una fonte di perplessità e, non neghiamolo, anche di frustrazione deriva dal fatto che le osservazioni dei consulenti tecnici di parte sono trascurate in sede dibattimentale, forse è necessario comprende la motivazione per cui ciò accade. Come ebbe modo di dire Gustave Flaubert “Si può essere padroni di ciò che si fa, ma mai di ciò che si prova”, prova inteso come sentimento. Gli Ermellini non fanno altro che richiamare l’alta professionalità che è richiesta anche nell’espletamento di un incarico professionale di parte.
Certamente queste brevi riflessioni non hanno alcuna ambizione. Il momento è stato semplicemente propizio per sperimentare come la prospettiva di Leonardo da Vinci sia ancora oggi valida e del tutto applicabile anche nel nostro ambito di competenza, in cui ogni figura professionale è chiamata ad espletare il proprio incarico secondo i canoni della professionalità.
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