Abstract
Le “visite” mediche per la valutazioni del danno a persona effettuate sulla base della sola documentazione, dopo la prima ondata pandemica, sono diventate uno standard richiesto da numerose compagnie assicurative ai propri fiduciari. Raccogliamo la voce di alcuni medici-legali milanesi che hanno postato le loro considerazioni su questa nuova procedura affrontandone le problematiche professionali, tecniche ed anche di natura etico-deontologica.
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Come si diceva più sopra, la prima ondata della pandemia Covid-19 ha sconvolto abitudini consolidate nella usuale pratica medico-legale. A fronte di difficoltà oggettive legate all’impossibilità di recarsi a visita medica, anche se per un periodo, in fondo, limitato di tempo rispetto a quello comunque necessario per la stabilizzazione dei postumi (due-tre mesi) sono state introdotte modalità di accertamenti e di valutazione del danno sulla base della documentazione presentata a volte supportata da complesse operazioni telematiche di acquisizione della documentazione stessa (consensi, fotografie, immagini di lastre recepite dai medici con le modalità elettroniche più diverse). Naturalmente l’obbligatorietà della risposta era legata alla possibilità per il medico-fiduciario di esprimere un giudizio sulla base delle “carte” che, su base tecnico-logica, avrebbe dovuto essere possibile soltanto in pochissimi casi. Unitamente alle procedure di smart-working introdotte in tutto il comparto assicurativo per i dipendenti, che non si sono mai allentate dall’inizio della pandemia, simili procedure sono state mantenute e le richieste sono diventate ancora più stringenti con la seconda ondata Covid-19. È evidente che l’accoglimento di questo approccio alla visita medico-legale da parte di molti colleghi, ha condizionato l’intero comparto liquidativo delle Compagnie per assicurarsi, un gran numero di valutazioni definitive sulle carte anche perché, molti colleghi, hanno proceduto, comunque, a fornire costantemente i giudizi richiesti per far funzionare a ciclo continuo la macchina della liquidazione. Badate bene si sta parlando di “visite” e non di interventi sulla documentazione che prevedono un giudizio sommario per l’attuazioni di procedura di rilevazione del sinistro o di rivalutazione di casi già visitati ma di veri e propri primi e unici accertamenti su quadri clinici stabilizzati che, nella pratica usuale, portavano all’accertamento diretto da parte del medico della Compagnia.
Riportiamo qui sotto, come si diceva poc’anzi, tre interventi di colleghi lombardi nostri Soci operanti sulle piazze di Milano e Bergamo, che dicono la loro sulle visite per tabulas. Si tratta della Dott.ssa Marta Mandelli, del Dott. Matteo Marchesi e del Dott. Michele Dufuor.
Intervento di Marta Mandelli
Sono ormai giorni che rifletto sulla questione dei pareri per tabulas, argomento che negli ultimi tempi ha suscitato in me non poco nerviosismo e per tale ragione ho atteso prima di scrivere queste righe.
Sono venuta a conoscenza (anzi sento sempre più di frequente) di colleghi, su varie città, che ormai utilizzano questo mezzo anche quando non richiesto dalle compagnie, proponendolo ai pazienti (se così li vogliamo chiamare) come prima scelta.
Mi chiedo dove arriveremo.
Viviamo in una realtà in cui è così difficile mantenere alto il valore della specialità medico legale e trovo questo atteggiamento svilente la professione, poco etico e deontologicamente inappropriato.
Del resto, mi chiedo chi dei colleghi che aderiscono con tanta enfasi a questa pratica, addirittura proponendola quando non richiesta da nessuno, non rimanga perplesso valutando l’operato di sanitari (ad esempio in tema di responsabilità sanitaria) che non visitano. Mi chiedo se di fronte ad un ortopedico, un chirurgo, un oculista o qualsiasi altro specialista che diano pareri senza visita, non esprimiamo tutti un pensiero di censura? Allora perchè noi dovremmo rinunciare ad un momento fondamentale della nostra attività come la visita? Siamo meno medici di altre specialità? Francamente non avrei speso sei anni di medicina e ulteriori per la specialità in medicina legale, se avessi saputo che mi sarei ridotta a guardare la carte ed “inventare” dei numeri senza mettere mano al paziente (ma questo forse è solo un problema mio). Trovo questa via lontana da una forma etica/deontologica corretta perchè si tratta di una valutazione standardizzata e non mirata al paziente che ha invece diritto di essere risarcito / indennizzato per la sua effettiva condizione e non per medie di andamento di lesioni consimili.
Trovo poi le giustificazioni che ho sentito, ancor più agghiaccianti… tipo “era solo una contusione, una piccola ferita con una cicatrice, mi ha mandato le foto”…perchè quelli con le cicatrici non si visitano? A me hanno insegnato a guardarle, palparle, capirne l’adesione o meno dai piani profondi, vedere le variazioni della cute dopo averle premute. Potrei fare a decine di esempi simili…
Credo proprio per questo che questa modalità di approccio vada disincentivata. Sicuramente le assicurazioni hanno i loro ritorni in relazione al costo della nostra prestazione che, in alcuni casi, si riduce, gli avvocati senza visita contrattano “meglio”… ma qui si parla di altro… peraltro posso anche capire la necessità iniziale nel corso del precedente lockdown per cercare di andare avanti (io ho cercato di ridurli al minimo e di lasciare forchette valutative nei pochi pareri fatti in questo modo) ma ora che possiamo visitare non mi pare una opzione accettabile, nè tanto meno da avvallare per il futuro. Non voglio fare quella che si mette a sabotare, ma certo non mi pare una via praticabile
Il mercato sta rubando la nostra professionalità e molti di noi stanno prestando il fianco a tutto questo. Credo che si debba fermare questa tendenza prima di perderne il controllo.
Chiedo che presidenti e segretari di AMLA, FAMLI e SIMLA si muovano in tal senso.
Da liberi professionisti ci stiamo facendo ingabbiare come polli in batteria, per cosa?
Magari qualcuno riesce a convincermi che è la cosa giusta, perchè per ora il solo pensare a questa metodologia di accertamento suscita in me solo tanta rabbia.
Intervento di Matteo Marchesi
Egregi Colleghi,
sappiamo bene che l’emergenza sanitaria non solo è tuttora in essere, ma anche che rispetto alla primavera è più diffusa sul territorio regionale e nazionale. Sappiamo altrettanto bene che, se si mollano le redini delle misure restrittive, i contagi tornano a galoppare.
In questo contesto, alcune modalità “senza visita”, pur con tutti i loro limiti, hanno avuto una loro logica e sono state adottate anche in altri ambiti specialistici.
Su tale attività, ora Marta ha riproposto l’annosissima questione del deteriorante rapporto tra le compagnie assicurative e la professionalità medico-legale.
Il ricorso eccessivo alle valutazioni “sulle carte” (l’espressione per tabulas è fin troppo nobile per quest’attività) comporta:
a) la concretizzazione della deriva da criteri risarcitori a criteri che non sono nemmeno indennitari, ma forfettari;
b) un ulteriore passo nella de-qualificazione della nostra attività, che dall’essere una professione esercitabile solo con l’abilitazione dello Stato, è oggi ancor più trattata e remunerata alla stregua di una comune pratica amministrativa di basso rango, come se la valutazione medico-legale “sulle carte” si facesse con un click e via.
A questo potremmo aggiungere tanti altri elementi, compresi quegli avvilenti sistemi di benchmarking che campeggiano nei portali di alcune compagnie: anche questi non premiano per nulla la professionalità ed anzi contribuiscono anch’essi a ridurla alla stregua di un mero processo produttivo semi-automatico, con una gara alla compressione dei tempi di valutazione e all’abbassamento dei valori medico-legali riconosciuti alle persone.
Il tema sarebbe da affrontare in logica collettiva, sul principio de “l’unione fa la forza”. Il problema è sempre quello: è che manca l’unione.
Va sottolineato che quando il Dott. Marchesi parla di benchmarking si riferisce alle statistiche raccolte dalle compagnie e, a volte, anche disponibili per i fiduciari in quanto inserite nei portali predisposti dalle stesse che misurano, particolarmente per le micropermanenti, i parametri del tempo di consegna rispetto alla ricezione dell’incarico e i valori medi delle loro valutazioni dei postumi e delle spese mediche sostenute dai danneggiati che assicurano migliori valutazioni per i fiduciari che tengono gli stessi ai valori più bassi e che possono, al contrario, condizionare l’interruzione di rapporti professionali nel caso che, invece, non si rispettino i valori medi locali o nazionali.
Intervento di Michele Dufour
Caro Matteo condivido appieno le tue osservazioni.
Forse dovremmo iniziare a chiederci come mai siamo arrivati a questo punto e cosa possiamo fare per cambiare il corso delle cose.
È solo un problema di logiche di mercato e di strategie aziendali o anche noi abbiamo qualche responsabilità?
Non lo so ma credo che qualche errore l’abbiamo commesso anche noi se, quantomeno in alcuni ambiti, abbiamo perso di credibilità e potere contrattuale.
Ben venga dunque affrontare il tema in una logica collettiva che miri a salvaguardare, nell’interesse di tutti, il futuro della nostra disciplina.
Va aggiunto che a quanto esplicitato dai Colleghi, altri medici legali si sono aggiunti commentando assai preoccupati della situazione che si è creata sul tema.
È chiaro che siamo costretti, come medici-legali, a confrontarci con l’esigenza, del tutto legittima, da parte dell’industria assicurativa di garantirsi funzionalità, rapide risposte e maggiori profitti anche tramite la riduzione delle spese. D’altra parte, però, come fanno i colleghi autori delle precedenti righe, non possiamo tralasciare il fatto che la meccanizzazione, digitalizzazione e forse, in un futuro non tanto lontano, anche i mezzi offerti dall’intelligenza artificiale, stanno travolgendo le nostre consolidate metodologie operative che sembrano essere stritolate dalla macchina produttiva post-industriale. Tanto è vero che alcune società di servizi stanno già proponendo al mercato soluzioni operative tramite tele-visita per le micropermanenti e baréme elettronici integrati in sistemi che prevedono l’utilizzo dell’IA (si veda l’articolo su Insurance Daily del 26 ottobre scorso). E allora, la domanda che non si può non porre è quale sia il limite , dal punto di vista tecnico e etico-deontologico che non deve o può essere superato.
Crediamo che l’intera comunità scientifica, associativa e sindacale non possa che interrogarsi, a breve, su tutto questo e, d’altra parte, è quello che richiedono coloro che ne fanno parte.