Uno di questi giorni io, come molti altri assicurati contro gli infortuni che seguono attentamente la materia, mi sono svegliato e se non proprio come il Gregor Samsa kafkiano, ho avuto la sensazione di non sentirmi molto a mio agio né nel corpo né nello spirito.
Gregor Samsa e l’illecito arricchimento
Quindi anche se magari non mi agitavo come uno scarafaggio con la difficoltà di girare il mio orrido corpo per zampettare sul pavimento, avevo certamente la sensazione che qualcuno mi avesse preso per il naso. La rabbia d’altronde trasfigura anche i lineamenti, giusto?
Certo perché la Cassazione in questi giorni (con la nota ordinanza 3429/2025 di cui vi abbiamo parlato la settimana scorsa), nonostante qualche arresto favorevole della Giurisprudenza di merito, aveva ripreso e rilanciato la sua posizione circa l’impossibilità di cumulo tra risarcimento del danno e indennizzo da polizza privata in ossequio del principio della duplicatio lucri cum damno ovvero dell’impossibilità per il danneggiato di ottenere un incremento reddituale conseguente ad un evento dannoso. E, infatti, in quest’ottica, i Supremi Giudici avevano parlato proprio di illecito arricchimento.
I medici legali, polizze infortuni e poste di danno
Orbene argomentare con gli Ermellini riguardo a posizioni che riguardano le interpretazioni di norme e di giurisprudenza è impresa difficile se non impossibile per dei poveri medici-legali.
Tutto ciò anche se tra di noi ci ostiniamo a lambiccarci su come la Cassazione sia in grado di equiparare, dal punto di vista delle poste di “danno” rispettivamente risarcibili ed indennizzabili, due situazioni come il danno biologico e la capacità lavorativa a qualsiasi lavoro proficuo (o ultragenerica) che è il bene protetto dalla polizza che avevamo invero, forse, incautamente acquistato, equiparando le tabelle ex DPR 65 – peraltro impostate sulla capacità lavorativa attiva generica ma “operaia” – e quelle ex DL 38/2000, come fossero la stessa cosa.
A noi l’avevamo spiegata diversamente ma naturalmente ci sarà una ragione che ci è sfuggita
Polizza infortuni nel ramo danni
E d’altronde, quale diritto abbiamo di discutere quanto disposto da una decisione delle SU (10 aprile 2002, n. 5119) che inquadrò, in modo granitico, la polizza contro gli infortuni nel ramo danni e, in conformità, con il cosiddetto principio indennitario, stabilì che la garanzia assicurativa e il trasferimento del rischio da parte del contraente assicurato verso l’assicuratore, non deve costituire fonte di lucro per l’assicurato in quanto l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore deve svolgere unicamente la funzione di riparare il danno subito dall’assicurato.
Principio che sarebbe stato riaffermato nella sentenza a SU 12565 del 22/5/2018 (anche se non si parlava di uomini ma di aerei ma vabbé, noi italiani siamo anche grandi aviatori oltre che poeti, santi e navigatori).
Dura lex sed lex
Insomma la Cassazione ha deciso.
E’ anche vero che c’è dottrina contraria e anche con buoni argomenti.
In ogni caso al di là delle proteste e delle prese di posizione di alcuni anche importanti giuristi, se oggi, una Compagnia assicurativa opponesse la questione della duplicatio nei confronti di un cliente che ha contratto una polizza infortuni ed ha subito un danno riconducibile ad una responsabilità civile, avrebbe notevoli probabilità di uscire vincente in un contenzioso stante le pronunce della Cassazione.
E, di conseguenza, sarà probabilmente perdente un mio assistito che aveva contratto una polizza infortuni con un capitale importante e che dopo aver subito un danno biologico superiore all’80 %, non si vede oggi, almeno allo stato, riconosciuto né il risarcimento di questo, né l’indennizzo proveniente dalla polizza.
Infatti, le due compagnie teoricamente debitrici, una per la RC e l’altra per la polizza infortuni, rimangono ferme, da anni, ai blocchi di partenza per vedere quale sarà il computo finale dei conteggi provenienti dalle decisioni di un Giudice, per impedire a quest’uomo (privo di una gamba, con un’artrodesi di una decina di vertebre, con il massiccio facciale devastato, senza la milza e con decine costole fratturate) di arricchirsi illecitamente dopo aver regolarmente pagato i premi dovuti che riteneva, a questo punto erroneamente, di poter intascare a fronte di un infortunio, di qualsiasi tipo, l’indennizzo pattuito dal contratto che aveva stipulato.
Come dicevano i Rokes: ma che colpa abbiamo noi
Come sottoscrittore di polizze infortuni (anche per alcuni miei stretti familiari) e come molti altri di voi lettori manzonianamente non posso che rimaner “percosso e attonito”.
Anche se muto, almeno questo, proprio no.
Infatti, di una cosa sono assolutamente certo: quando ho contratto una polizza infortuni e regolarmente pagato i premi, in nessuna parte del contratto, era riportato che in caso di infortunio riconducibile a responsabilità civile da parte di un terzo, l’indennizzo sarebbe stato defalcato dal risarcimento. Anzi l’assicuratore mi diceva che rinunciava a qualsiasi forma di surroga. Ma anche qui sbaglio sicuramente se cito l’art. 1362 CC.
E d’accordo che ignorantia legis non excusat (va come son bravo) però non è che l’acquirente di un prodotto assicurativo è tenuto a conoscere tutte le contorsioni della Giurisprudenza sul tema prima di firmare un contratto anche perché, forse, il venditore, un’informazione sul punto dovrebbe darla e, certamente, questa non è stata e non viene ancor oggi fornita assolutamente (si vede che l’informazione la devono dare solo i medici e gli altri ne sono esentati…).
Una domandina con una risposta dovuta
Però una domanda la voglio fare e credo che tutti i sottoscrittori di polizze infortuni, tra i quali, per contratto, ci sono decine di migliaia di dirigenti italiani e centinaia di migliaia di cittadini, la dovrebbero fare con me: ma gli assicuratori, gli agenti, i broker, l’ANIA, l’IVASS per non parlare delle Associazioni dei consumatori ecc…che dicono di questa storia?
Le singole imprese assicuratrici e le loro rappresentanze non possono rimanere silenti perché delle due l’una:
o ci dite, come clienti, che le decisioni della Cassazione per voi non contano e quindi, indipendentemente da qualsiasi effetto di un risarcimento in capo ad una responsabilità civile, comunque, provvederete all’indennizzo.
Oppure, al contrario, ci riducete il premio in modo significativo perché il profilo del rischio oggettivamente si riduce in modo considerevole.
Io lo chiedo come piccolo, piccolissimo cliente ma cerco di urlarlo da questa altrettanto striminzita tribuna ai grandi clienti corporate che assicurano i loro dipendenti, alle associazioni di categoria che hanno stipulato convenzioni, alla Confindustria, alla Federmanager, ai Sindacati e a tutti quanti hanno contratto singolarmente, per i loro congiunti o dipendenti una polizza contro gli infortuni o contro l’invalidità permanente da malattia anch’essa interessata, per esempio, in caso di qualche forma di responsabilità medica.
E il messaggio per tutti questi consumatori è il seguente: guardate che hanno deciso che quella polizza che avete comprato non funziona come vi hanno detto.
Avete capito?
Ripeto: guardate che hanno deciso che quella polizza che avete comprato non funziona come vi hanno detto perché le coperture assicurate sono inferiori in quanto non comprendono i sinistri dovuti a responsabilità di terzi.
Come Caterina Caselli: diteci la verità (che fa male lo so)
Assicuratori ci volete dire qualcosa?
Volete cambiare i contratti?
Volete restituirci dei soldi? (qui mi sa che è dura).
Volete che continuiamo a pagare gli stessi premi ma intervenite sul punto dando spiegazioni e magari vi interfacciate con le istituzioni?
E’ una domanda credo lecita anche perché se restate nel limbo vuol dire che i vostri clienti sono soltanto una zavorra senza interesse.
E’ così?
Non credo, vero?
Allora aspettiamo risposte, altrimenti…Beh, altrimenti ci arrabbiamo.