Alla luce dei fatti di cronaca che recentemente sono stati diffusi sugli organi di stampa, con Umberto Bosco e Noemi Abbruzzese, studenti del V anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Torino, abbiamo cercato di focalizzare il ruolo che ogni medico dovrebbe avere nella tutela della salute dei nostri ragazzi, adolescenti o ancora più giovani, che mai vorremo chiamare “pazienti”, che subiscono angherie e offese che rientrano nei comportamenti noti come bullismo.
Sebbene siamo consapevoli che il nostro intervento qui pubblicato non può essere certamente esaustivo e non affronti con quella lente di ingrandimento che merita il fenomeno del bullismo, crediamo che la nostra Disciplina quale materia a tutela dell’essere umano, della persona, non può sottrarsi dal lanciare un monito alla società civile e medica e tutelare i nostri ragazzi con tutti mi mezzi multidisciplinari che possiede.
Chi è forte è capace di difendersi da solo, chi è più forte deve difendere gli altri.
Ben. Barnyard – Il Cortile. Paramount Pictures, 2006
Una definizione
Bullismo. Una parola che purtroppo risuona sempre più frequentemente nella cronaca odierna e nelle esperienze degli adolescenti di oggi. Un tema che tutti conoscono almeno indirettamente per i fatti di risonanza mediatica, ma a cui oggi neppure il medico e la nostra Disciplina può sottrarsi e che è bene se ne parli negli ambienti medici e pediatrici.
Per far ciò, l’arma migliore che abbiamo è l’informazione: conosci il tuo nemico.
Il bullismo è un insieme di “comportamenti aggressivi, di prevaricazione fisica e/o verbale, agiti da una o più persone nei confronti di una vittima incapace o impossibilitata a difendersi.” (Istituto Superiore di Sanità, Indagine 2022-Bullismo e Cyberbullismo).
La legge n. 70 del 17 maggio 2024 “Disposizioni e delega al Governo in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo”, modificando la legge n. 71 del 29 maggio 2017, ha definito all’art.1 che “per “bullismo” si intendono l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, in danno di un minore o di un gruppo di minori, idonee a provocare sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni”.
Dall’Indagine 2022-Bullismo e Cyberbullismo possiamo osservare come sotto questo fenomeno si nascondano tre fattori portanti che sostengono questa piaga sociale:
- L’atto volontario di danneggiare la persona, umiliandola o ferendola, verbalmente e/o fisicamente.
- Il perdurare di questi atteggiamenti nel tempo
- Un evidente sbilanciamento dell’equilibrio sociale tra i due principali attori: la vittima, che non riesce a interrompere la ciclicità degli atti a suo danno, ed il bullo, che reitera sistematicamente comportamenti aggressivi.
La classificazione
Esistono due tipi di bullismo (“Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi, anno 2014” – ISTAT):
- diretto: è presente un’aggressione frontale tra bullo e vittima. Questa a sua volta può essere di tipo fisico o verbale.
- indiretto: è costituito da attacchi subdoli alla persona e alla sua dignità. Con questo termine ci si riferisce a pettegolezzi, calunnie e anche ad esclusione della vittima da gruppi sociali.
In aggiunta a queste due categorie classiche, nel tempo si è accostato il fenomeno del cyberbullismo, una forma particolare che risiede e sfrutta le nuove tecnologie comunicative e digitali (come i social network), mantenendo gli scopi del bullismo tradizionale.
Più recentemente in letteratura è stata proposta una classificazione del bullismo suddiviso in (Richard Armitage. Bullying in children: impact on child health. BMJ Paediatrics Open 2021;5:e000939):
- Bullismo tradizionale:
- diretto fisico e verbale
- indiretto ed emozionale
- Sessuale
- Cyberbullismo
Epidemiologia e fattori di rischio
Lo studio UNESCO (UNESCO. Behind the numbers: ending school violence and bullying, 2019., citato in un lavoro più ampio che sottolinea come il bullismo sia una problematica di salute globale pubblica che interessa l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta (Richard Armitage precedente. cit.) sottolinea come circa un terzo (32%) degli adolescenti intervistati riferisce di aver subito uno o più episodi di bullismo nell’ultimo mese. Sempre la stessa ricerca ha sottolineato come il bullismo diretto è più frequente nelle aree a basso reddito, mentre quello indiretto e il cyberbullismo si ritrovano maggiormente in quelle ad alto reddito.
Inoltre, sul report dell’Istat, precedentemente citato, emerge il ruolo vitale degli amici delle vittime. I ragazzi che hanno meno amicizie risentono maggiormente del problema, tanto che i più “bersagliati” sono i più solitari.
L’Istat nel 2014 evidenziava che la frequenza era maggiore in età comprese tra 11 e 13 anni, mentre si riduceva crescendo (14-17 anni). Inoltre, si riscontrava più frequentemente nei licei e diminuiva negli istituti tecnici e nelle scuole professionali. Giocava un ruolo importante anche il sesso delle vittime. Nelle femmine non vi era una significativa differenza tra episodi di bullismo diretto (16,7%) e indiretto (14%), mentre tra i maschi vi era una netta prevalenza di quello diretto (17%) rispetto all’indiretto, che si attesta al 7,7%.
L’indagine 2022 Hbsc “Bullismo e cyberbullismo” (Health Behavior in School aged Children, Ministero della Salute, www.pnrr.salute.gov.it) ha osservato che in un arco temporale di 12 anni in Italia, si può notare “una graduale stabilizzazione del fenomeno bullismo intorno a valori sempre più bassi (20% negli 11enni, circa il 15% nei 13enni e meno del 10% nei 15enni), con una progressiva riduzione delle differenze tra le diverse fasce d’età. Negli ultimi 12 anni il fenomeno sembra essersi fortemente ridotto nei maschi di 11 anni, mentre sembra essere leggermente aumentato nelle ragazze della stessa età e nelle più grandi, rimanendo grossomodo stabile nella fascia d’età dei 13enni”.
Il maggior fattore di rischio è la diversità.
Dal già citato studio “Bullying in children: impact on child heatlh” (BMJ Paediatrics Open 2021), Richard Armitage individua alcuni dei principali motivi che spingono il bullo ad attaccare la vittima:
- Differenze di sesso: le ragazze sono più soggette a discriminazioni basate su aspetti fisici
- Differenze di età: i ragazzi più giovani hanno un maggior rischio
- Non binarietà di genere
- Disabilità fisiche e intellettuali
- Razza, nazionalità e colore della pelle
- Religione
- Stato socioeconomico
- Ambiente scolastico
- Stato di migrante
- Rendimento scolastico
- Supporto familiare
L’aspetto sanitario
Nonostante il bullismo nasca come problema sociale, psicologico e comportamentale, soprattutto in ambiente scolastico, non possono essere sottaciuti i riflessi patologici di carattere psico-organico, fino anche ad atteggiamenti anticonservativi come il suicidio.
Dieter Wolke e colleghi (Wolke D, Lereya ST. Long-term effects of bullying. Arch Dis Child 2015; 100:879–885)evidenziano come i bambini-adolescenti tra i 6 e i 17 anni, vittime di bullismo, sono più propensi a sviluppare disturbi somatici (come ad esempio cefalee, disturbi digestivi e problemi del sonno), disturbi della sfera psichica come depressione, ansia, allucinazioni, fino ad atti autolesionistici e suicidio.
Questa tendenza si ripercuote anche sull’età adulta, influenzando negativamente la salute di persone che nella loro vita hanno subito i suddetti atti, favorendo l’insorgenza di depressione o disturbo d’ansia. Inoltre, le vittime hanno un aumentato rischio di avere esperienze psicotiche, idee suicidarie e una salute più cagionevole. Si associa anche un’educazione più bassa, problemi nel gestire le finanze e difficoltà relazionali, sia per quanto concerne le amicizie, che per le relazioni sentimentali.
Tutte queste problematiche dipendono anche dalla frequenza degli atti di bullismo subiti e dall’età in cui essi sono iniziati e sono terminati. Una durata maggiore del periodo e un inizio in più tenera età porta a conseguenze più gravi, anche nel corso dell’età adulta, come ribadito anche nella pubblicazione di Richard Armitage che distingue tre principali ripercussioni: conseguenze educazionali, conseguenze relative alla salute e conseguenze nell’età adulta.
Per quanto concerne le conseguenze sanitarie, anche in questo caso emerge la correlazione con i tentativi anticonservativi e con i problemi di salute mentale. A queste si aggiungono cefalee, alterazioni dell’appetito, senso costante di stanchezza, disturbi del sonno. Questi adolescenti tendono anche ad abusare di sostanze alcoliche e ad iniziare a fumare in età precoci.

Da: Armitage R. Bullying in children: impact on child health. BMJ Paediatrics Open 2021;5:e000939. doi:10.1136/bmjpo-2020-000939.
Si noti lo sviluppo di malattie che facilmente possono confondersi con modi di essere tipici dei mutamenti dell’età adolescenziale, ma che sono vere spie di un malessere che riconosce una noxa esterna tanto da divenire malattia. L’allarme può ben cogliersi anche nel minore bullizzante.
Riguardo le conseguenze della vita adulta, esse si ripercuotono in tre principali ambiti: psicologico, suicidario e criminale. Per quanto riguarda gli atti criminali, essi sono più frequenti in quegli adulti che in passato erano stati gli attuatori degli atti di bullismo, mentre le vittime tendono a sviluppare maggiormente problemi psicologici, come disturbi depressivi, ansia, attacchi di panico e disturbi di personalità.