Abstract
Una sentenza della Corte di Cassazione Civile rilancia in pieno il concetto di capacità lavorativa generica. Che succederà?
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Tutti quanti e soprattutto noi medici che l’avevamo “inventata” pensavamo che il danno alla capacità lavorativa generica fosse una categoria di danno alla persona ormai scomparso in quanto ricompreso nel danno biologico.
In una sentenza della Terza Sezione della Cassazione Civile (la N. 32649 del 10 marzo 2021 Presidente Spirito, Relatore Scarano) che è venuta luce negli ultimi giorni non pare affatto così.
Si trattava di un lavoratore, all’epoca del fatto disoccupato, che aveva subito lesioni personali in seguito ad un investimento da parte di un auto.
Le Corti di merito di Milano avevano rigettato la richiesta di un risarcimento anche del danno patrimoniale in quanto il soggetto leso non aveva dimostrato la sussistenza di un’incidenza della menomazione conseguita sulla capacità di produrre reddito ovvero sulla sussistenza di danno patrimoniale.
Gli ermellini hanno chiarito che, mentre per lesioni di lieve entità, l’interessamento della capacità lavorativa viene assorbita dal risarcimento del danno biologico, tutt’altra cosa avviene per lesioni più gravi.
Sostiene la Suprema Corte, infatti:
“La lesione della capacità lavorativa generica, consistente nella idoneità a svolgere un lavoro anche diverso dal proprio ma confacente alle proprie attitudini, può invero costituire anche un danno patrimoniale, non ricompreso nel danno biologico, la cui sussistenza va accertata caso per caso dal giudice di merito, il quale non può escluderlo per il solo fatto che le lesioni patite dalla vittima abbiano inciso o meno sulla sua capacità lavorativa specifica (cfr. Cass., 16/1/2013, n. 908)”.
E ancora:
“Si è altresì precisato che l’invalidità di gravità tale da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell’aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c. (v. Cass., 12/6/2015, n. 12211)”.
Il danno alla capacità lavorativa generica, poi, sostiene la Cassazione Civile andrà liquidato con il criterio legato al triplo della pensione sociale, oggi assegno sociale, anche se in altro punto, facendo, comunque, riferimento ad una procedura di tipo equitativo che tenga conto dell’età della vittima stessa, del suo ambiente sociale e della sua vita di relazione. Ma forse i Giudici non si sono accorti che così facendo, probabilmente non si sta parlando di capacità lavorativa generica ma ad un profilo attitudinale il cui riferimento è la criteriologia di valutazione dell’assegno di invalidità INPS.
Sulla sussistenza del danno alla capacità lavorativa generica e sulla sua valutazione non si potrà che richiedere l’intervento dello specialista in medicina legale che dovrà, a questo punto, recuperare in soffitta il libro del Luvoni dopo averlo spolverato un pochino.
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