Abstract
La Cassazione si interessa ancora una volta dell’importanza probatoria che il verbale della C.M.O. deve avere nei processi in ambito civile per il risarcimento del danno da emotrasfusione. Nell’incertezza giurisprudenziale la Cassazione ha chiesto l’intervento delle Sezioni Unite. Come e perché lo potete leggere nell’articolo che il nostro Davide Santovito ha preparato per voi insieme alla Dott.ssa Claudia Viteriti.
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La Suprema Corte di Cassazione Civile Sezione 3 interviene sul valore che il verbale della CMO assume nel giudizio di risarcimento del danno alla persona, conseguente al riconoscimento dell’indennizzo da emotrasfusione ex Legge 210/1992.
Nel caso di specie, un paziente nel 1988, in occasione di un intervento chirurgico, era stato sottoposto ad emotrasfusione e nel 2004 aveva appreso di essere affetto dal virus HIV, per il quale nel 2005 la Commissione medica di I istanza di Roma riconobbe il beneficio ex L. 210/1992. Nl 2007 il paziente aveva poi presentato domanda di risarcimento del danno da emotrasfusione in forza dell’art. 4 della L. 210/1992 nei confronti del Ministero della Salute.
Il Tribunale di Roma prima e la Corte di Appello poi, condannavano il Ministero della Salute a risarcire l’attore per i danni biologici, patrimoniali e non patrimoniali, nonostante il resistente negasse la sussistenza del nesso causale tra l’emotrasfusione e la patologia.
Il Ministero della Salute ricorse per Cassazione.
In sostanza, il ricorrente sosteneva l’illegittimità della sentenza della Corte d’Appello Civile in quanto sosteneva che il verbale della C.M.O. non costituisce prova del nesso causale e non equivale ad un atto confessorio e ad una attestazione pubblica fidefacente.
Il ricorrente inoltre criticava il giudice di appello per aver omesso totalmente nell’accertare il nesso causale la consulenza tecnica d’ufficio – che lo negava – e di attribuire l’effetto accertatorio alla Commissione medica, essendosi infatti “limitato a recepire il verbale della CMO, attribuendogli valore legale” e lo accusa pertanto di aver violato il principio di valutazione delle prove.
Nel sostenere la propria difesa, il Ministero richiamava la sentenza di Cassazione a Sezioni Unite n. 577 dell’11 gennaio 2008 che, in un caso di richiesta risarcitoria da emotrasfusione, esprimeva il seguente principio di diritto:
“I verbali della Commissione medico-ospedaliera di cui all’art. 4 della L n. 210/1992 fanno prova, ex art. 2700 c.c., dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza, o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione in essi contenute costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuire a loro il valore di vero e proprio accertamento.”
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Qui sotto potete leggere e scaricare la sentenza delle Sezioni Unite
Nel 2018, tuttavia, la Sezione 3 della Corte di Cassazione, con Ordinanza del 15 giugno 2018, n. 15734 (CED Cassazione 2018), rilevava che il principio espresso dalle Sezioni Unite n. 577 del 2008 era stato fatto con riferimento ad un giudizio nel quale l’accertamento era invocato contro un’A.S.L. e non contro il Ministero. La conseguenza fu che nell’Ordinanza del 15 giugno 2018, la Sezione 3 esprimeva il seguente principio di diritto:
“In tema di giudizio relativo al risarcimento del danno da emotrasfusioni, promosso dal danneggiato contro il Ministero della Salute, l’accertamento della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione compiuto dalla Commissione di cui al Decreto Legislativo n. 210 del 1992, articolo 4 ed in base al quale è stato riconosciuto l’indennizzo ai sensi di detta legge, non può essere messo in discussione dal Ministero quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative del contagio ed il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero”.
È quindi anche una questione di identità delle parti, là dove nella Sentenza a Sezioni Unite del 2008 la richiesta risarcitoria era nei confronti di una ASL, per cui il verbale della CMO assumeva valore di indizio soggetto alla libera valutazione del giudice.
Ne deriva, quindi, una incertezza giurisprudenziale riguardante l’ordinario approccio al ruolo delle commissioni mediche e, parallelamente, le modalità di intervento come parte in causa del Ministero della Salute nelle controversie risarcitorie originate da emotrasfusioni.
In virtù di tale situazione, gli Ermellini della 3° Sezione Civile con la sentenza n. 32077 del 31-10-2022 hanno rimesso al Primo Presidente della Corte la questione per la sua eventuale rimessione alle Sezioni Unite.
Qui potete leggere e scaricare la sentenza del 2022 in forma completa
Il principio di diritto espresso nel 2008 in merito al ruolo/valore processuale del verbale della CMO in tema di danno alla persona da emotrasfusione ha quindi concluso la sua fanciullezza ed ora entra appieno nell’adolescenza.
Si attende, quindi, quale nuova via interpretativa assumeranno le risoluzioni della CMO nell’alveo dei procedimenti civili instaurati per la richiesta di risarcimento del danno alla persona, posto che la legge 210/1992 ha una finalità indennitaria e di ristoro “parziale”, mentre il risarcimento del danno alla persona rientra nell’alveo nel fatto illecito o dell’inadempienza contrattuale.
Il verbale della CMO assurgerà a “prova”, un po’ come le malattie professionali tabellate, secondo il principio della presunzione legale d’origine oppure sarà soggetto al libero apprezzamento del giudice, secondo i canoni del nesso causale civilistico in ambito risarcitorio?
Chi vivrà, vedrà. Di sicuro siamo ormai fuori dalla fanciullezza.
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