Abstract
Un caso di responsabilità professionale che non provocò alcuna alterazione patologica permanente alla salute del soggetto è protagonista di questa sentenza in cui la Cassazione Civile decide comunque che anche se il soggetto non è direttamente vittima del reato, né ha subito alcuna lesione della sua integrità fisica, il danno non patrimoniale che egli potrebbe aver subito, è risarcibile.
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La vicenda che interessa la sentenza è piuttosto singolare e altrettanto interessante è quanto decide la Suprema Corte in tema. Un paziente convenne in giudizio un medico di guardia medica richiedendo il risarcimento del solo danno morale in quanto il sanitario si rifiutò di recarsi a visitarlo a domicilio lamentando egli sintomi gravi che lo portarono, comunque, al ricovero ospedaliero ove gli fu diagnosticato un infarto miocardico che venne poi adeguatamente curato senza lasciare particolari strascichi in relazione al mancato intervento del sanitario. Il Tribunale accolse la domanda e condannò il sanitario a risarcire il “danno morale” subito dal paziente con la somma di € 20.000. La Corte d’Appello replicò al contrario, che il risarcimento non era dovuto in quanto il reato commesso dal sanitario, non avendo portato a determinare “lesioni” al paziente, era soltanto configurabile come rifiuto d’atto d’ufficio contro la pubblica amministrazione e che quindi il paziente non era affatto la vittima del reato che in più non aveva subito dal reo alcuna violazione dell’integrità psico-fisica. Escludeva, quindi, la possibilità del risarcimento.
La Corte di Cassazione Sezione VI (Presidente Graziosi, Relatore Iannello) con l’Ordinanza n. 14453 del 26 maggio 2021, ribaltava, invece, la sentenza della Corte d’Appello.
Dicono, infatti, gli ermellini:
“Non vi è ragione logica o giuridica per limitare l’area dei danni risarcibili a tale ultima figura – ossia al danneggiato che non sia anche persona offesa dal reato – ai soli danni patrimoniali, con esclusione di quelli non patrimoniali, tale limitazione non essendo in particolare giustificata (ma anzi il contrario dovendosi ricavare): a) dall’art. 185 c.p., comma 2, che, nel prevedere che “ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili debbono rispondere per il fatto di lui”, lungi dal delimitare il novero dei soggetti danneggiati risarcibili, postula solo l’esistenza di un nesso causale tra il reato e il danno, patrimoniale o non patrimoniale che sia; b) dall’art. 74 c.p.p. che espressamente riconosce ad ogni “soggetto al quale il reato ha recato danno” (dunque non solo alla persona offesa), il diritto di esercitare l’azione civile nel processo penale (attraverso la costituzione di parte civile) “per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’art. 185 c.p.” (e “danno di cui all’art. 185 c.p. ” è anche quello non patrimoniale)…”
In riferimento poi alla mancanza di danno per la mancata lesione, nel caso di specie, dell’integrità psico-fisica, la Suprema Corte fa preciso riferimento a quanto già stabilito dalle Sezioni Unite (11/11/2008 n. 26972-5) ovvero che il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge cioè in un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 C.C. ovvero, nel caso di specie:
“quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale – qualunque esso sia – scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale”.
Qui sotto potrete scaricare la sentenza in forma completa:
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