Abstract
La Cassazione torna a suggerire ai medici legali come valutare il danno biologico. Lo fa parlando del cosiddetto “rischio latente” definendolo e dando disposizioni sulla criteriologia di come metterlo in luce nell’ambito della valutazione percentuale. Nella sentenza si ritorna anche a parlare di “personalizzazione del danno” sottolinenando ancora una volta le disposizioni della cosiddetta “sentenza decalogo“.
. . . .
Vi proponiamo questa nuova sentenza della Cassazione Civile che torna occuparsi di danno alla persona, della criteriologia valutativa medico-legale dello stesso e dell’eventuale “personalizzazione” della liquidazione.
Si tratta di un provvedimento di recentissima pubblicazione della Terza Sezione (la N° 26118 del 27/9/2021, Presidente Travaglino, Relatore Rossetti).
Il caso riguardava un danno da ipossia da parto ascrivibile a responsabilità dai sanitari in relazione alla ritardata esecuzione di un taglio cesareo e valutata dai consulenti tecnici nella misura del 91% (c’è scritto proprio 91% ndr). Le Corti di merito avevano liquidato l’importo sulla base delle tabelle di Milano (con età della vittima presa a base del calcolo, di un anno) personalizzandolo con aumento della liquidazione del 25%.
Dopo aver preso in esame alcune problematiche relativo alla suddivisione degli importi da liquidarsi, la sentenza, per i nostri interessi, entra nel vivo su una eccezione presentata dalla Compagnia assicurativa dell’ospedale. Questa era rappresentata dal fatto che nella liquidazione del danno non patrimoniale patito dal bambino. avrebbe tenuto conto della speranza di vita di una persona sana, e non invece della ridotta speranza di vita che il danneggiato aveva concretamente, in conseguenza del trauma cerebrale patito al momento della nascita.
I fondamenti delle decisioni precedenti della Cassazione in merito, secondo questa ultima sentenza erano due:
- In caso di lesioni personali gravi che riducono la speranza di vita, la liquidazione del danno deve forzatamente tener conto di ciò;
- Il danno biologico va però liquidato in base alla speranza di vita concreta e non a quella “normale”, ma aggiungendo al risultato un quid pluris per tenere conto del pregiudizio “da anticipanda morte”
Sulla base di questi principi, il danno alla salute, nelle indicazioni della medicina legale, secondo la sentenza in questione, può consistere:
- nella temporanea compromissione dell’integrità psicofisica;
- nella permanente compromissione dell’integrità psicofisica;
- nell’aumentato rischio di contrarre malattie in futuro;
- nell’aumentato rischio di morte ante tempus.
.
Tutto ciò stante che nell’ambito dei postumi permanenti causati da una lesione della salute rientra anche il maggior rischio di una menomazione futura (per esempio: grave frattura con conseguente precoce sviluppo di artrosi).
La Cassazione chiama questa specifica circostanza “rischio latente” “già noto in tema di patologie rilevanti sul piano previdenziale (Sez. L, Sentenza n. 2260 del 02/04/1986, Rv. 445407-01)” così definendolo:
“Esso consiste nella possibilità, oggettiva e non ipotetica, che l’infermità residuata all’infortunio possa improvvisamente degenerare in un futuro tanto prossimo quanto remoto, e differisce dal mero peggioramento dipendente dalla naturale evoluzione dell’infermità. Il peggioramento è la naturale evoluzione fisiologica dei postumi; il rischio latente è invece la possibilità che i postumi provochino a loro volta un nuovo e diverso danno, che può consistere tanto in una ulteriore invalidità, quanto nella morte. Dunque il patire postumi che, per quanto stabilizzati, espongano per la loro gravità la vittima ad un maggior rischio di ingravescenza o morte ante tempus costituisce per lavittima una lesione della salute”
.
Di questa eventualità (“della minore speranza di vita in concreto, e non di quella media”) il medico legale dovrebbe tener conto nella sua valutazione percentuale e se non lo facesse (“vuoi perchè non contemplato dal bareme utilizzato nel caso concreto; vuoi per maltalento del medico-legale”) “del pregiudizio in esame dovrà tener conto il Giudice maggiorando la liquidazione in via equitativo”.
Abbastanza incredibilmente, una volta ritornato al caso concreto in esame, la Cassazione riflette sul fatto che non risulta risaltare nella sentenza della Corte di merito “se i consulenti tecnici, nel determinare il grado di invalidità permanente nella misura del 91%, abbiano o non abbiano incluso in tale percentuale anche il rischio di anticipata morte. Circostanza, alla luce di quanto detto in precedenza, essenziale per valutare se la liquidazione del danno da parte del giudice di merito sia stata corretta o scorretta”. Ci si domanda, trattandosi presumibilmente di un caso di “cerebrale palsy”, che se l’avessero fatto avrebbero dovuto valutare il danno biologico nella misura del 120 o 150% (?).
La Suprema Corte, aggiunge poi, anche presumibilmente in ragione di questa “mancanza” (della Corte d’Appello o dei CTU) che la personalizzazione della liquidazione del danno pari al 25% riconosciuta alla vittima è del tutto inadeguata neanche cassando la sentenza ma rendendola inoperativa rispetto a tale quota di risarcimento.
Questo in osservanza del principio, contenuto nella famosa “sentenza decalogo”. La personalizzazione, infatti, secondo la Cassazione non deve tener conto della gravità della menomazione ma soltanto delle eventuali conseguenze della stessa “che non sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state patite solo dal singolo danneggiato nel caso specifico, a causa delle peculiarità del caso concreto”.
Infatti, sempre secondo gli ermellini, “le conseguenze della menomazione dell’integrità psicofisica, sul piano della loro incidenza sulla vita quotidiana, che sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione guarita col medesimo tipo di postumi, non giustificano alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale”.
Qui sotto potete leggere e scaricare la sentenza in questione.
Dunque la Cassazione torna a dire ai medici legali come valutare il danno parlando di “rischio latente” (forse quello che alcuni di noi chiamano “danno futuro”) ma che comprenderebbe anche la possibilità/probabilità (?) di un anticipato decesso (compresa l’eventuale perdita di chance?) e seppellisce la possibilità di personalizzare il danno nei casi di gravi lesioni soprattutto in bambini in cui non è la nota e non è provabile alcuna peculiarità nel fare futuro.
La carne al fuoco è tanta e gli argomenti di discussione pure.
VUOI APPROFONDIRE QUESTO ARGOMENTO?
Leggi anche: I 10 punti che sconvolsero il mondo (del risarcimento del danno)