Abstract
Vi proponiamo un commento dell’Avv. Antonio Serpetti di Querciara ad una recente sentenza della Corte d’Appello di Milano in cui si ribadisce l’orientamento già espresso dalla Suprema Corte ove si riconosce la responsabilità ex art. 1228 c.c. della struttura sanitaria per l’errore del medico. Non è, dunque, necessaria una specifica contestazione, essendo sufficiente la collaborazione con il medico per dare origine alla responsabilità.
. . . .
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 3367/2021 del 18 novembre 2021, dimostra di aderire all’orientamento, più volte espresso, dalla Suprema Corte di cassazione in tema di riparto della responsabilità tra medico e struttura ospedaliera. In base alla giurisprudenza maggioritaria, infatti, “la responsabilità della struttura sanitaria è una responsabilità definita a doppio binario, giacchè essa origina da due fatti distinti: quella derivante dall’inadempimento di quegli obblighi che presiedono per legge all’erogazione del servizio sanitario (i quali, ad esempio, danno luogo a responsabilità per infezioni nosocomiali, per difetto di organizzazione e per carenze tecniche, per mancata sorveglianza); quella derivante dall’attività illecita, trovante occasione nell’erogazione del servizio sanitario, imputabile a coloro della cui attività il nosocomio si sia avvalso, ex art. 1228 c.c.”. Pertanto, nel momento in cui la struttura sanitaria si avvale di un ausiliario per le proprie prestazione e questi commetta un errore, la struttura è responsabile in solido ai sensi dell’art. 1228 c.c., dovendo riconoscere la “libertà del titolare dell’obbligazione di decidere come provvedere all’adempimento, accettando il rischio connesso alle modalità prescelte, secondo la struttura di responsabilità da rischio d’impresa (cuius commoda eius et incommoda) ovvero, descrittivamente, secondo la responsabilità organizzativa nell’esecuzione di prestazioni complesse”.
La giurisprudenza, dunque, riconosce la responsabilità ex art. 1228 c.c. della struttura sanitaria per l’errore del medico. Non è, dunque, necessaria una specifica contestazione, essendo sufficiente la collaborazione con il medico per dare origine alla responsabilità. Inoltre, tale responsabilità non è ricollegabile alla culpa in vigilando o alla culpa in eligendo, ma si collega alla specifica area di rischio che ogni azienda sanitaria si assume avvalendosi di collaboratori. (cfr. Cass., civ., sez. III, n. 24688, 5 novembre 2020).
La Corte di Cassazione osserva, inoltre, che nel caso di applicazione dell’art. 1298, comma 2 c.c. la presunzione è superabile, adducendo elementi di prova relativi non solo alla colpa esclusiva del medico, ma anche a fatti causa dell’evento lesivo del tutto imprevedibili nell’ordinario svolgimento delle attività sanitarie. Ciò permette un bilanciamento diverso nelle quote di ripartizione del danno. Pertanto, la struttura potrebbe liberarsi dalla presunzione dimostrando la responsabilità assorbente del medico “in quanto grave, straordinaria, soggettivamente imprevedibile e oggettivamente improbabile”. In caso diverso, la Suprema Corte ritiene corretta l’applicazione dell’art. 1298, comma 2 c.c., traendo origine l’obbligazione solidale dagli artt. 1228 e 1218 c.c.
Sentenza di riferimento sul tema, è la nota Cass. n. 28987/2019, la quale ripercorrendo l’evoluzione della giurisprudenza ha posto dei punti fermi sulla ripartizione degli oneri risarcitori tra il sanitario e la struttura in caso di responsabilità per l’errore del medico. Pertanto, il “danno da “malpratice“” è “ripartito tra struttura e sanitario, anche in ipotesi di colpa esclusiva di quest’ultimo, salvo i casi, del tutto eccezionali, di inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza da quel programma condiviso di tutela della salute”. Ratio giustificatrice di tale approccio è garantire al paziente il pieno risarcimento del danno, potendosi rivalere integralmente sulla sola struttura sanitaria -presumibilmente debitore più facilmente escutibile- in quanto debitrice in solido con il medico. Successivamente, quest’ultima, in virtù della quota da lei non dovuta, può rivalersi sul medico. La responsabilità della struttura è desunta ai sensi dell’art. 1228 c.c. per valersi della collaborazione di ausiliari per adempiere alle proprie obbligazioni, assumendosi pertanto il rischio per i possibili errori dei medici. L’obbligazione che la struttura adempie tramite gli ausiliari trova, invece, fonte nel contratto di ospedalizzazione tra la struttura e il paziente.
La sentenza del 2019 è stata poi ripresa da una serie di pronunce successive che hanno recepito tale impostazione, perfezionandola. In particolare, chiarendo le motivazioni dell’esclusione di un regresso integrale della struttura sul medico la Cassazione ha precisato che “la concessione di un diritto di regresso integrale ridurrebbe il rischio di impresa, assunto dalla struttura, al solo rischio di insolvibilità del medico convenuto con l’azione di rivalsa, salvo che, nel relativo giudizio, la struttura dimostri, oltre alla colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno sofferto dal paziente, da un lato, la derivazione causale di quell’evento da una condotta del sanitario del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità e, dall’altro, l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze, da parte sua, nell’adempimento del relativo contratto, comprensive di omissioni di controlli atti ad evitare rischi dei propri incaricati” (cfr. cass. civ., 24688/2020).
Qui potete scaricare la sentenza in forma completa
.
VUOI APPROFONDIRE QUESTO ARGOMENTO?
Leggi anche: Report Medmal Marsh 2021