Ci pare molto interessante proporvi una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma 4° Sezione Penale (13129/23 del 29/11/2023 Presidente Acerra) che affrontando, in tema di reato di lesioni personali, quello della perdita della milza, disconosce l’orientamento della Cassazione in merito, dichiarandola lesione grave e non gravissima disconoscendo l’orientamento che l’aveva sempre riconosciuta come perdita d’organo.
Il fatto
O meglio il “fattaccio” è relativa all’aggressione di un uomo pluripregiudicato da parte di due soggetti, successivamente arrestati, che lo colpivano con bastoni provocandogli la rottura della milza per cui era stato operato d’urgenza con effettuazione di splenectomia) e numerose altre lesioni (lesioni al fegato e al mesentere, frattura delle ossa nasali, del pavimento dell’orbita sinistra, della parete anteriore del seno mascellare bilateralmente, dell’osso zigomatico destro nonché multiple fratture costali bilateralmente).
La sentenza del GUP
I due autori dei reati, che avevamo ammesso la loro responsabilità nei fatti, sceglievano il rito abbreviato e il GUP che l’accoglieva subordinata ad una consulenza tecnica medico-legale eseguita dal Prof. Giorgio Bolino, Professore Associato di Medicina Legale presso La Sapienza di Roma e anche membro del CD Simla.
Una volta depositata la sentenza il GUP condannava entrambi gli autori del reatorispettivamente a sei anni e due mesi e sei anni e sei mesi per violazione dell’art. 110,5 (concorso di reato) 182 (effetti delle cause di estinzione di reato) 583co2 (lesione personale gravissima) e 585 CP (aggravante connessa all’utilizzo di armi).
La richiesta d’appello
Tra le doglianze della difesa per il ricorso vi era quella per cui la perdita della milza conseguenti alle lesioni riportate dalla vittima asserendo che quest’ultima non era da ritenere lesione gravissima ma interpretabile come indebolimento del sistema emopoietico.
Le decisioni della Corte d’Appello
quest’ultima decideva di non rifarsi a note sentenze della Cassazione Penale (Cass n. 47099 del 05/07/2013) che aveva ribadito la posizione giurisprudenziale giudicando la perdita della milza come lesione gravissima in quanto “le numerose funzioni cui assolve la milza, sebbene tutte perfettamente compensabili, non possono tuttavia ritenersi propriamente vicariate, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da organi diversi“.
Del tutto contraria era la presa di posizione della Corte d’Appello che vale la pena di riportare integralmente:
La Corte si appella alla letteratura medico-legale
Ritiene la Corte che dal punto di vista medico la milza rappresenta una struttura anatomica afferente al sistema emopoietico diffuso, per cui al perdita della stessa è inquadrabile come indebolimento permanente di un organo e non come perdita dello stesso; la monografia prodotta dalla Difesa ed elaborata dal professor Giorgio Bollino, professore associato nella sezione di medicina legale dell’università di Roma La Sapienza, unitamente a Colleghi della medicina legale, e non a caso intitolata “La perdurante insensata discrasia tra giurisprudenza in medicina legale circa la valutazione della perdita della milza ni ambito penalistico” contiene rilevantissime asserzioni scientifiche medico legali per addivenire infatti a conclusioni divergenti da quelle della giurisprudenza rinvenibile sul tema (vedi anche Cass. Cass. n. 47099
del 05/07/2013).
Ala luce dele più recenti nozioni scientifiche è stato dall’equipe medica riesaminato l’effettivo ruolo funzionale svolto dalla milza, giungendo alla conclusione che la lesione che l’evento che ne cagioni la perdita debba essere inquadrato come lesione personale grave in relazione all’indebolimento che deriva al sistema di cui fa parte.
Che cosa è esattamente “l’organo” del 583 CP per la giurisprudenza
Come anche citato dal PG nella sua requisitoria finale, li concetto di lesioni gravissime connesso alla perdita dell’uso di “organo”, di cui all’art 583 uc. n.3) c.p., richiamato anche dall’articolo 590 c.p., risulta letteralmente indicato come “la perdita dell’uso di un organo” senza ulteriori specificazioni rispetto ala qualifica di “organo”; “perdita dell’uso di un organo” deve essere inteso quale la totale e permanente soppressione della funzione di un organo del corpo della persona offesa, non risultando quindi sufficiente al mera perdita di una parte del corpo, essendo necessario che venga meno anche la funzione alla quale l’organo stesso collabori; la perdita dell’uso di un organo consiste nela soppressione della funzione, dovuta alla perdita anatomica dell’ organo stesso o ad alterazioni anatomiche gravi e diffuse che distruggono il parenchima (termine che indica genericamente il tessuto proprio e specifico di un organo) funzionante.
Il PG ha correttamente osservato come, al momento della redazione del codice penale in vigore, al dottrina ed anche il legislatore già conoscevano gli approdi scientifici secondo i quali l’organo
può esere inteso non come mera singolarità anatomica, ma quale “organo funzionale”, ritenendo quindi che si fosse voluto intenzionalmente delimitare la fattispecie.
Tale concetto interpretativo risulta ad esempio sotteso a Cas. n. 4130/1994, che afferma che “In tema di lesioni personali, la perdita dell’uso (art. 583, comma 2, n. 2, c.p.) per gli organi a costituenti plurimi o a funzione similare si verifica solo quando tutti gli elementi che li compongono siano perduti, mentre la perdita di una sola parte comporta effetti che variano dall’irrilevanza all’indebolimento permanente (art. 583, comma 1, n. 2, c.p.). Pertanto, la perdita di un occhio, risolvendosi nela perdita di un organo geminato (esempio rene, testicolo), configura l’aggravante dell’indebolimento permanente e non quella della perdita dell’uso di organo.
E per la medicina legale? La funzione prevale
Dal punto di vista medico legale (vedi copiosa dottrina in merito citata nell’eleborato peritale
prodotto) si definisce come “organo” non al singola struttura anatomica, bensi il complesso di
entità strutturali che svolgono nell’insieme una specifica funzione ben delineata ai fini della vita
organica e di relazione; la “perdita dell’uso di un organo” rappresenta quindi al totale
soppressione dele funzioni essenziali e non di variabili del sistema organo funzionale
irrimediabilmente danneggiato: si distinguono gli organi unici (cuore, cervello, fegato, ecc.) che assolvono da soli le funzioni cui sono deputati e non possono ni alcun modo essere vicariati da altri; gli organi pari (polmoni, reni, testicoli, ovaie e , per i sensi, al vita e l’udito) la cui menomazione è compensata dall’adelfo superstite, se integro; gli organi multipli rappresentati dai denti edalle dita, ciascuno dei quali partecipa ala funzione rispettivamente masticatoria e prensile; i sistemi diffusi, che sono quello emopoietico e quello reticolo-endoteliale, che vengono in rilievo nel caso in esame.
La stessa giurisprudenza risulta aver adottato la nozione di organo quale “parte un insieme di parti del corpo umano che concorrono ad una determinata funzione” (vedi Cass. .n 750 del 03/05/1966: Secondo il significato attribuito all’espressione dall’art 583 cod pen, per ‘organo’ deve intendersi una parte del corpo umano che abbia una determinata capacita funzionale).
La splenectomia non è ritenuta nella dottrina medico legale “perdita dell’uso di un organo”, non solo in base ale ricerche più recenti ma sin dal secolo scorso (vedi anche qui l’accurata ricostruzione storica, con citazione delle fonti medico-legali, effettuata dal professor Bolino), integralmente perdute o rese enormemente esigue; viceversa nel caso della perdita della milza le funzioni alle quali esse presiede non cessano completamente ma continuano, sia pure in forma ridotta, emendate dagli altri organi che compongono il composito sistema di cui fa parte (come affermato da tribunale di Napoli 26 marzo 1960) concretizzandosi quindi ni un “indebolimento permanente di un organo”, che rende al splenectomia sussumibile nell’ipotesi di lesioni gravi.
La consulenza medico-legale come guida del Giudice
Come correttamente affermato nella consulenza prodotta, “da un punto di vista logico, prima ancora che medico legale, è palmare l’incompatibilità tra queste affermazioni (quella a cui giunge la sentenza n. 10644 del 04/07/1991, richiamata pedissequamente da Cass. n. 47099 del 05/07/2013, e cioè che le numerose funzioni cui assolve la milza sono “tutte perfettamente compensabili” per poi concludere “che non possono tuttavia ritenersi propriamente vicariate, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da organi diversi’) in quanto se le attività funzionali alle quali la milza partecipa come parte di complessi sistemi organo funzionali non fossero effettivamente ed adeguatamente vicariate non sarebbe possibile la sopravvivenza del soggetto privo di milza, considerata al molteplicità delle funzioni essenziali per l’economia generale dell’organismo cui al milza partecipa”.
Il professor Bolino ritiene pertanto che, pur essendo vero che la milza dà li suo contributo a numerose funzioni organiche, è anche vero che dette funzioni non sono specifiche della milza bensì dei tessuti che al costituiscono (reticolo endoteliale e linfatico) i quali sono presenti in molti altri distretti corporei e di conseguenza l’attività svolta dalla milza è solitamente ben vicariata nelle condizioni di perdita della stessa.
Di conforto a tale interpretazione è l’esame della tabella delle valutazioni del grado percentuale di invalidità Permanente di cui al D.P.R. .n 1124/65, Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che prevede per al perdita della milza senza alterazioni della crasi ematica (rapporto tra i vari elementi del sangue) il valore del 15% di invalidità permanente.
Il ruolo anatomo-fisiologico della milza
Dal punto di vista fisiologico al milza è organo dotato di un elevato flusso ematico, solo in piccola parte destinata alla sua nutrizione: riceve sangue dall’arteria lienale e lo riversa, attraverso al vena lienale, nel circolo portale; può essere considerata come un filtro ad alta capacità discriminativa per le cellule ematiche circolanti e quindi un organo che partecipa, insieme a tanti altri, alle funzioni del sistema reticolo endoteliale, sistema complesso diffuso al cui funzionamento partecipano anche li fegato, i linfonodi, i polmoni, li midollo osseo.
Contribuisce a regolare il numero delle piastrine nel sangue e a mantenere in equilibrio il tasso ematico del fibrinogeno, ragione per cui ni caso di perdita della milza si verifica una maggiore suscettibilità alla trombosi; la milza rappresenta inoltre un importante organo linfoide secondario, per cui al perdita della milza comporta una maggiore suscettibilità alle infezioni, anche se al funzione immunitaria da essa svolta può essere sostituita in buona parte compensata dal fegato.
Il rischio effettivo degli stati asplenici è sostanzialmente da ricondurre ad una minore capacità di risposta contro particolari batteri incapsulati mentre non è stabilito alcun rischio aggiuntivo per infezione da parte di altri comuni patogeni; l’aumento del rischio di sé correlato all’assenza della milza si riduce peraltro drasticamente grazie all’attuazione di misure quali l’educazione del paziente, vaccinazioni antibatteriche, profilassi antibatterica.
Del resto la splenectomia è ritenuta pratica terapeutica utile in alcuni stati patologici.
E quindi lesione grave e non gravissima
È certo peraltro che dopo al perdita della milza si verifichi un certo grado di indebolimento delle funzioni alle quali al milza partecipa, giustificandosi così l’inquadramento dell’indebolimento dell’organo complesso alla quale appartiene nella fattispecie aggravata di cui all’articolo 583, anche se dopo limitato e variabile periodo di tempo, el altre strutture reticolo endoteliali e linfatiche si adattano alle nuove esigenze dell’organismo e ni maniera consistente compensano l’ipofunzione della milza.
Si afferma nella consulenza citata che:
“è certo quindi che al milza non è né l’unica né al principale sede di dette funzioni, che sono invero espletate dal tessuto reticolo endoteliale e linfatico in qualunque viscere esso sia presente, con variazioni perlopiù quantitative tra i vari distretti piuttosto che qualitative, ni quanto le specifiche azioni svolte dipendono prevalentemente da particolari espressioni citogenetiche proprie di tutte le cellule del sistema reticolo endoteliale immunologico”[…] “.
In definitiva emerge chiaramente come in seguito alla splenectomia si instaurano diverse attività funzionali compensatori che rendono, ni generale, puramente transitori iper turbamenti da essa derivanti, seppur non tali da determinare una vera e propria restitutio in integrum”. Le conclusioni dela consulenza riportano che “se da una parte non vi è dubbio circa l’importante ruolo svolto dalla milza all’interno del sistema emopoietico immunitario e reticolo endoteliale, dall’altra è altrettanto pacifico, specie in forza di tute le evidenze scientifiche dettagliatamente riportate nel corso del presente lavoro, che nessuno dei compositi meccanismi funzionali cui partecipa coralmente il tessuto splenico viene perso in sua mancanza.
La comunità scientifica è quindi concorde nel ritenere al milza non solo non indispensabile per la sopravvivenza ma nemmeno per l’espletamento delle principali funzioni dell’organismo, ni virtù dell’accertata sua vicariabilità da parte di altri organi e tessuti, seppure come “indebolimento complessivo dell’efficienza funzionale”.
Qui sotto potete leggere e scaricare in forma completa la sentenza