Abstract
Il comma 4 dell’art. 117 del D.L. cd Rilancio Italia prevedeva il blocco delle esecuzioni e dei pignoramenti, in corso e futuri, nei confronti delle Aziende Sanitarie. Con la sentenza 236/2021, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della norma.
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Con l’art. 117, comma 4, del “Decreto Rilancio” (D.l. n. 34 del 19 maggio 2020, conv. in L. 17 luglio 2020, n. 77) è stato introdotto, sino al 31.12.2020, il divieto di intraprendere o proseguire nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale azioni esecutive. Tale divieto è stato poi prorogato al 31.12.2021 dall’art. 3, comma 8, del D.l. 31.12.2020, n. 183 (c.d. “Milleproroghe”) conv. in L. 26 febbraio 2021, n. 21.
La norma, nell’ultima formulazione legislativa, recitava come segue:
“Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonché per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita’ necessaria allo svolgimento delle attivita’ legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita’ dei predetti enti legate alla gestione dell’emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2021”.
Avevamo già prestato attenzione a quanto accaduto anche con un articolo già pubblicato sul sito, a cui vi rimandiamo (clicca qui) in cui, gli autori, manifestavano viva preoccupazione sia per quanto riguardava il mantenimento di rapporti di forniture merci alle Aziende Sanitarie da parte di imprenditori che non avrebbero potuto riscuotere eventuali crediti anche ottenuti giudizialmente, dall’altro per l’impossibilità di riscossione di crediti dovuti a parti lese in casi di responsabilità sanitaria con possibile quindi di richiesta di richieste dirette ai medici in barba a quanto stabilito dalla Gelli Bianco.
In relazione a tale dispositivo legislativo, con ordinanza del 4 gennaio 2021, il Tribunale ordinario di Napoli sollevava questioni di legittimità costituzionale.
La Consulta (Presidente Coraggio, relatore Petitti) con la sentenza N. 236/2021, il 24/11/2021, dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 2, ovvero del provvedimento che prolungava quanto disposto dall’art.117 comma 4, del “Decreto Rilancio” (D.l. n. 34 del 19 maggio 2020, conv. in L. 17 luglio 2020, n. 77), fino al 31 dicembre 2021.
Le parole della Corte Costituzionale sul punto risultano di estrema chiarezza:
“Nonostante l’evoluzione dell’emergenza sanitaria e la possibilità di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, l’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020 ha prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell’esecutato pubblico.
In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del “blocco” delle esecuzioni sono stati lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui è stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato.
Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura è divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. nonché, al contempo, la parità delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo”.
Qui sotto potete leggere e scaricare l’intera sentenza.
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