Anche in ambito medico-legale, parliamo sempre più spesso di dolore, sia in ambito dottrinario, sia in quello di comune pratica clinica.
E’ ovvio che una conoscenza maggiore su questi temi non può che aiutare il medico-legale a valutare in modo più corretto i casi, e sono tanti, in cui compare una menomazione associata a “dolore cronico”. Questo elemento non potrà incidere quando si andranno a rivedere i parametri per ridefinire il ruolo del “dolore fisico” nelle scale che si andranno a elaborare per fungere da guida alla pratica valutazione dei singoli casi.
Questo studio, che deriva da una revisione sistematica della letteratura e da una conseguente metanalisi dei risultati, pubblicato sulla prestigiosa rivista Jama (Jason W. Busse, DC, PhD1; Li Wang, PhD; Mostafa Kamaleldin, MB et al. Opioids for Chronic Noncancer Pain. A Systematic Review and Meta-analysis, JAMA. 2018;320(23):2448-2460) ci pare di notevole rilevanza.
Riportiamo qui la traduzione dell’abstract.
Gli interessati sappiano che l’articolo è acquistabile o scaricabile gratuitamente per le istituzioni che ne hanno accesso, sul sito di Jama (articolo su JAMA).
Gli oppioidi per il trattamento del dolore non cangerogenico: revisione sistematica e metanalisi
Punti chiave
Domanda:
L’uso di oppiacei è usato per trattare il dolore cronico non oncologico associato a maggiori benefici o danni rispetto al placebo e agli analgesici alternativi?
Risultati:
In questa meta-analisi che comprende 96 studi clinici randomizzati e 26169 pazienti con dolore cronico non oncologico, l’uso di oppiacei rispetto ai placebo, è stato associato a una riduzione del dolore significativa (-0,69 cm su una scala di 10 cm) e ha migliorato significativamente il funzionamento fisico (2.04 di 100 punti), ma la l’importanza di queste associazioni è risultata essere di scarsa entità. L’uso di oppiacei risultava, in più, significativamente associato ad un aumentato rischio di vomito.
Significato:
Gli oppiacei possono fornire un beneficio per il dolore cronico non oncologico, ma la rilevanza dei risultati è, probabilmente, di modesta entità
Abstract
Importanza
Danni e benefici degli oppioidi per il dolore cronico non oncologico rimangono poco chiari.
Obiettivo:
Rivedere sistematicamente gli studi clinici randomizzati (RCT) relativi al trattamento del dolore cronico non oncologico con oppiacei.
Fonti di dati e selezione degli studi:
Sono stati utilizzati i database di CENTRAL, CINAHL, EMBASE, MEDLINE, AMED e PsycINFO, dall’inizio dell’anno ad aprile 2018, riguardanti gli RCT degli oppioidi per il dolore cronico noncancerogenico in comparazione con l’uso di qualsiasi controllo con farmaci nonoppioidi.
Estrazione dati e sintesi:
Gli autori hanno estratto i dati in modo indipendente. Le analisi hanno utilizzato modelli random-effects e il Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation per valutare la qualità dei risultati ottenuti.
Principali risultati e tipi di misurazioni utilizzate:
Gli esiti primari ricercati erano rappresentati dall’intensità del dolore (intervalli compresi tra 0-10 cm su una scala analogica visiva per il dolore, con dato “inferiore” considerato “migliore” e con differenza considerata come minimamente importante [MID] quando il valore era di 1 cm), funzionamento fisico (intervallo di punteggio, 0- 100 calcolato con metodica Short Form 36-item [SF-36 PCS], dato più alto “migliore” e MID di 5 punti), nonché incidenza del manifestarsi di vomito.
Risultati:
Gli studi randomizzati utilizzati sono stati novantasei comprendenti 26169 partecipanti (61% di donne, età media, 58 anni [intervallo interquartile, 51-61 anni]). Degli studi inclusi, 25 riguardavano casi di dolore neuropatico, 32 di dolore nocicettivo, 33 di sensibilizzazione centrale (dolore presente in assenza di danno tissutale) e 6 di dolore di tipi misto. Rispetto al placebo, l’uso di oppiacei era associato a dolore ridotto (differenza media pesata [WMD], -0,69 cm [95% CI, -0,82 a -0,56 cm] su una scala analogica visiva di 10 cm per il dolore, con differenza di rischio per raggiungere il MID, del 11,9% [95% CI, 9,7% al 14,1%]), miglioramento del funzionamento fisico (WMD, 2,04 punti [95% CI, 1,41-2,68 punti] sul SF-36 PC a 100 punti, differenza di rischio per raggiungimento del MID, 8,5% [IC 95%, 5,9% a 11,2%]) e aumento del vomito (5,9% con oppioidi vs 2,3% con placebo per studi che escludevano pazienti con eventi avversi durante un periodo di iniziale dell’assunzione). Evidenze di qualità da bassa a moderata hanno dato luogo a risultati simili per le associazioni di oppioidi con miglioramenti del dolore e del funzionamento fisico rispetto ai farmaci antinfiammatori non steroidei (dolore: WMD, -0,60 cm [95% CI, -1,54 a 0,34 cm], funzionamento fisico: WMD -0,90 punti [95% CI, da -2,69 a 0,89 punti]), antidepressivi triciclici (dolore: WMD, -0,13 cm [IC 95%, -0,99 a 0,74 cm], funzionamento fisico: WMD, -5,31 punti [95% CI, da -13.77 a 3.14 punti]), e anticonvulsivanti (dolore: WMD, -0,90 cm [95% CI, -1,65 a -0,14 cm], funzionamento fisico: WMD, 0,45 punti [95% CI, -5,77 a 6,66 punti ]).
Conclusioni e rilevanza:
In questa meta-analisi di studi randomizzati su pazienti con dolore cronico non oncologico, evidenze provenienti da studi di alta qualità hanno dimostrato che l’uso di oppiacei è associato a miglioramenti statisticamente significativi ma di lieve entità nel dolore e nel funzionamento fisico con aumento però del rischio di manifestazioni di vomito rispetto ai placebo. Confronti tra oppiacei e farmaci alternativi non oppiacei hanno suggerito che il beneficio per il dolore e il funzionamento fisico potrebbe essere simile, sebbene l’evidenza derivi ancora da studi di qualità da bassa a moderata.
Considerazioni medico-legali
E’ ovvio che sulla scorta dei risultati di questo lavoro, andranno attentamente considerati, in ambito valutativo medico-legale, sia dottrinario che pratico, gli effetti sui soggetti affetti da dolore cronico in trattamento con farmaci oppiacei in quanto questi hanno soltanto una relativa incidenza sia nell’alleviare il sintomo, sia nel migliorare la qualità di vita.