Un recentissimo episodio di cronaca, rimandato da numerose testate giornalistiche anche internazionali, ha riguardato una coppia di cittadini italiani fermata all’aeroporto di Buenos Aires prima di imbarcarsi per l’Italia con una neonata da madre surrogata di nazionalità argentina. Al di là dei retroscena che vedrebbero coinvolta una organizzazione specializzata a scopo di lucro con l’apertura di un procedimento penale oltreoceano, tale episodio potrebbe rappresentare il primo di una lunga serie in ragione dell’approvazione da parte del Senato italiano il 16.10.2024 del ddl n. 824 recante modifiche all’art. 12 della legge 19 febbraio 2024, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di gestazione per altri anche se commessa all’estero da cittadini italiani.
La Gestazione per altri (GPA) o Maternità surrogata
La GPA rappresenta quella circostanza in cui una donna si presta a portare avanti una gravidanza e a partorire un figlio non per sé ma per un’altra persona/coppia non capace di procreare.
I componenti della coppia sono definiti “committenti” e rappresenteranno coloro che si occuperanno in via esclusiva di allevare il nato. Gli stessi sono definiti genitori “intenzionali” e genitori “sociali”, cioè che esercitano socialmente tutti i diritti e i doveri di essere genitori, pur se non biologici, del figlio da madre surrogata. Quest’ultima figurerebbe quindi solo un “mezzo” per la filiazione mettendo volontariamente a disposizione il proprio corpo in “surroga” ad una donna estranea nel ruolo di madre, sostituendosi ad ella solo dal punto di vista biologico ma non della genitorialità “sociale”.
I diversi tipi di maternità surrogata
Due sono le principali tipologie di GPA: i) la cosiddetta “maternità surrogata tradizionale per concepimento e gestazionale” o “omologa” (traditional genetic/partial/straight), quando la gravidanza è il risultato di una inseminazione artificiale della madre surrogata con il gamete del padre “intenzionale”; ii) maternità “surrogata eterologa o gestazionale” (host/full surrogacy) laddove l’embrione creato dai genitori intenzionali o da un donatore/donatrice estraneo alla coppia è trasferito nell’utero surrogato, per cui la madre biologica non ha alcuna connessione genetica con il figlio.
Pur se possa apparire cinica tale visione, non può sottacersi che di base viga un “contratto” per cui la donna surrogata si impegna alla gestazione e al parto di un figlio che sarà a tutti gli effetti allevato dalla coppia committente.
La GPA può infatti essere altruistica o commerciale a seconda della tipologia di supporto finanziario che riceve la madre surrogata. Nel primo caso, la madre riceve un rimborso come compensazione di tutte le spese necessarie per la sua gravidanza, comprese quelle di copertura assicurativa. Se commerciale, la madre riceve un compenso finanziario per la surroga.
Fin dall’antichità
Come fatto notare già nella letteratura scientifica, la pratica della maternità surrogata può farsi risalire ad epoche antiche. Addirittura la legge babilonese la consentiva per evitare un divorzio altrimenti inevitabile, o nella Sacra Bibbia è Rachele a chiedere alla sua serva Bilhah di concepire un figlio con suo marito Giacobbe perché sterile.
Il primo caso noto di “maternità surrogata” in Italia risale alla fine degli anni ’80 in cui una coppia di coniugi aveva richiesto ad una immigrata straniera di portare avanti una gestazione dopo donazione da parte del solo coniuge, con corrispettivi in denaro. Alla nascita, la madre surrogata si rifiutò di affidare il figlio alla coppia continuando a pretendere denaro e beni. Rivoltasi la coppia in Tribunale, fu riconosciuta la nullità del “contratto” di maternità in ragione di una vacatio legis al tempo (in carenza di una tutela giuridica che avvallasse la pretesa della coppia di rispettare le obbligazioni) e fu prevista la possibilità di riconoscere il figlio naturale del padre biologico e, per la moglie, la possibilità di una adozione.
Per apprendimenti sul tema si rinvia, per esempio, a Patel NH, Jadeja YD, Bhadarka HK, Patel MN, Patel NH, Sodagar NR. Insight into Different Aspects of Surrogacy Practices. J Hum Reprod Sci. 2018 Jul-Sep;11(3):212-218.
L’evoluzione della normativa e della giurisprudenza
La GPA era già considerata una pratica illegale, e quindi un reato, appunto dalla legge 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” (ultimo aggiornamento all’atto pubblicato il 30/12/2020) che prevedeva al Comma 6 “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.
La giurisprudenza
La legge 40/2004 vietava altresì tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita eterologa, riformata successivamente dalla Corte Costituzionale con sentenza 10 giugno 2014, n. 162, che ha dichiarato la legittimità, a determinate condizioni, di accedere alla fecondazione eterologa precisando però che essa “va rigorosamente circoscritta alla donazione di gameti e tenuta distinta da ulteriori e diverse metodiche, quali la cosiddetta “surrogazione di maternità”, espressamente vietata …”.
Sempre la Corte Costituzionale con sentenza del 18 dicembre 2017, n. 272, ha ribadito la posizione di sostanziale e netto rifiuto della pratica della surrogazione, ammettendo che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.
Anche il Parlamento Europeo si era espresso sul tema con la nota risoluzione del 13 dicembre 2016 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea nel 2015 (2016/2009(INI)) ribadendo la condanna di “qualsiasi forma di maternità surrogata ai fini commerciali”.
Analogamente sempre le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 38162 del 30 dicembre 2022, hanno stigmatizzato il profondo disvalore per il nostro ordinamento del ricorso alla maternità surrogata, considerata una pratica che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, assecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo”. Tale circostanza non può peraltro ambire a realizzare “il miglior interesse” del minore “attuando semmai quello degli adulti che aspirano ad avere un figlio a tutti i costi”.
Il nuovo ddl tutela il minore?
Ci si augurava pertanto un intervento del Legislatore nell’ottica di disincentivare il ricorso a tale pratica ma anche a tutelare gli interessi dei minori da questa nati.
Tale auspicio è stato in parte disatteso dal ddl approvato poche settimane orsono in cui è stata introdotta una modifica al co. 6 art 12 L. 40/2004 inserendo la dicitura “Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla maternità surrogata, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana”.
Tale specifica impone quindi l’intervento della magistratura italiana nel perseguire penalmente un fatto illecito commesso da un italiano anche se al di fuori dei confini di Stato, anche in un Paese estero in cui la maternità surrogata non sia qualificata come illecita. Trattasi quindi di un “reato punibile ovunque e da chiunque (cittadino italiano o straniero) sia stato commesso” così come è definito il “reato universale”.
Tale possibilità è infatti contemplata dal nostro Codice Penale, all’art. 7 “Reati commessi all’estero” (e Art 9) che elenca le fattispecie di reato per cui “È punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati: [omissis] 5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana”.
L’aspetto sanzionatorio a chi giova
Tornando al disegno di legge approvato, è palese l’intento prettamente sanzionatorio della norma ma tanto certamente non ha impedito né impedirà di alimentare un acceso dibattito soprattutto con chi vede violato un diritto fondamentale del minore per il mancato riconoscimento dello status filiationis.
Posto che la tutela dell’interesse superiore del minore è centrale e come tale va riconosciuto e tutelato in ogni sua parte, anche lo stato di figlio nato da GPA ma riconosciuto giuridicamente da uno Paese straniero non dovrebbe violare l’ordine pubblico nel Paese di provenienza dei genitori intenzionali. Al contrario, al minore a cui è negato il riconoscimento dello status filiationis nei confronti dei genitori “sociali” sarebbe inevitabilmente di pregiudizio per il minore stesso che perderebbe dei diritti che ha legittimamente acquisito nell’altro Paese.
Ma c’è da chiedersi: qual è il best interest per il minore? Tale principio va sempre e imprescindibilmente tutelato, ma come porsi davanti a valori costituzionali e/o norme giuridicamente imposte e quindi vincolanti?
La posizione del sanitario sulla segnalazione all’AG
Accanto a tali questioni, occorre anche pensare alla posizione del professionista sanitario in materia di maternità surrogata. La Ministra Roccella ha infatti affermato che, rappresentando un illecito penale, “anche il medico dovrà segnalare i casi di violazione della legge sulla maternità surrogata alla Procura”. Prontamente il Presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Dott. Filippo Anelli ha replicato che il medico – e tutti professionisti sanitari – sarebbe esentato dalla segnalazione all’Autorità Giudiziaria atteso che rientrerebbe negli esimenti enunciati nell’Art. 365 del Codice Penale sul reato di “omissione di Referto”, a tutti noto, per cui la disposizione “non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”, oltre a rilevare che l’obbligo di segnalazione vige per circostanze in cui ricorrono delitti procedibili d’ufficio.
Certamente si resterà in attesa di ulteriori pronunce da parte della Giurisprudenza poiché molteplici sono gli spunti di interpretazione e approfondimento delle norme.