Abstract
Il Socio SIMLA, Arnaldo Migliorini di Milano, docente di Medicina Legale presso l’Università Vita e Salute Ospedale San Raffaele e Vicepresidente FAMLI, ci ha fatto pervenire questo scritto che risponde criticamente a quanto proposto dalla SMLT (Società Medico Legale del Triveneto) e dalla Sezione Veneta del SISMLA, sulle modalità operative da mettersi in atto da parte dello specialista medico-legale, nello svolgimento delle CTU ex art. 696 bis CPC.
Il dibattito è aperto e si preannuncia aspro ed interessantissimo.
Cari Colleghi, mi è giunta grazie ai canali associativi di SIMLA una comunicazione su carta intestata del Sindacato Medico Legale (SISMLA) e della Società Medico Legale del Triveneto dal titolo “protocollo tecnico operativo attività di CTU in corso di ATP conciliativa”.
Vi scrivo non come Vicepresidente FAMLI poiché ho ritenuto che una rapida risposta fosse necessaria e pertanto non vi era il tempo materiale di organizzare un doveroso confronto all’interno del direttivo, che comunque verrà messo in atto, anche perché l’argomento era già all’ordine del giorno.
il primo commento è che si tratta di un argomento, quello di un protocollo tecnico operativo per l’espletamento della consulenza tecnica medico legale in corso di ATP ex 696 bis, di sicura attualità in riferimento al quale, le associazioni medico-legali più importanti stanno lavorando proprio al fine di giungere ad una visione della problematica che sia condivisa. E’ infatti, sotto gli occhi di tutti, come ogni medico legale incaricato del ruolo di CTU in ATP ex 696bis, tenga un comportamento differente rispetto alla metodologia di tale prestazione, né ciò è sfuggito alla Federazione delle Associazioni Medico-Legali Italiane né all’Associazione Medico Legale Ambrosiana che, come suo Socio, so che sta alacremente lavorando su tale aspetto.
L’obiettivo di uniformare il più possibile la metodologia di espletamento di una consulenza tecnica medico legale in corso di accertamento tecnico preventivo non solo è meritoria, ma è una necessità affinché la nostra materia rimanga credibile; ed allora non ci pare condivisibile un documento che nasca nella forma impositiva ed apodittica come nel caso di quello redatto dalla SMLT e dal SISMLA della medesima regione.
Il primo appunto che ci si sente di fare è che non è accettabile una commistione di problematiche sindacali con quelle di tipo scientifico – dottrinale medico legale. Attenzione! Si badi bene che non si sta affatto affermando che il sindacato non si debba occupare di questa specifica prestazione medico legale, ma si stigmatizza la commistione tra criticità relate agli onorari con la qualità e la logica clinica della prestazione stessa.
Passeremo ora in rassegna le maggiori criticità del documento che ci pare pecchi non solo per la appena commentata commistione sindacale e scientifica, ma anche per una immotivata autoreferenzialità. Al proposito, chi ha partecipato a recenti convegni, ed in particolare chi ha avuto la fortuna di ascoltare il Giudice Gattari al congresso di Corinaldo ottimamente organizzato da AMAMEL, ben potrà comprendere che la posizione preminente della giurisprudenza, ancorché pure questa da armonizzare sul territorio nazionale, è quella della richiesta di una conciliazione di tipo economico. Ma non può che essere così, come meglio vedremo.
Il primo passaggio critico del documento, lo possiamo leggere al punto 3) quando si afferma che la prassi di nomina di un ausiliario è informalmente condivisa dalla maggioranza delle nostre rappresentanze associative. Non ci risulta affatto che sia così e comunque l’obiettivo delle rappresentanze associative deve essere quello di allargare la modalità collegiale dell’analisi della malpractice, non fosse che per il rispetto di una norma di Legge cristallizzata nell’Art. 15 della Legge Gelli Bianco. Dirsi garanti del ben agire consulenziale, accettando ed anzi informalmente condividendo di essere, fin dall’inizio della prestazione, fuori legge, non ci pare che possa essere lo scopo di rappresentanze associative medico-legali, ed anzi dovrebbe essere fatto fronte comune per eliminare questa cattiva abitudine residuale.
In merito al successivo punto 4) – Modalità di adempimento da parte del Ricorrente nel versamento del Fondo Spese – vi è poco da dire nel senso che è di specifico interesse, fors’anche probabilmente meritorio, sindacale e quindi dovrebbe trovare cittadinanza solo sulla carta intestata del sindacat, peraltro presentato non a nome del SISMLA nazionale..
Il punto 5) attiene all’espletamento del contraddittorio e si occupa della possibilità di redazione delle cosiddette “note pre bozza”. Si tratta di un altro argomento che effettivamente necessita di chiarimenti poiché certamente ancora facente parte della fase di consulenza tecnica ove è obbligatorio rispettare il contraddittorio; ne deriva la correttezza di porsi il problema se note scritte prima della predisposizione della bozza garantiscano il corretto contraddittorio tra i consulenti delle varie parti, ma la risposta è certamente giuridica ben più che medico-legale. Pure vi si tratta della possibilità di acquisire documentazione sanitaria, ma tale aspetto è normato e quindi è necessario rimettersi alle indicazioni di giustizia e del giudice.
I punti 7) – Richiesta di liquidazione dell’onorario – ed 8) – Liquidazione della Parcella di Onorario – sono di sicuro interesse e tuttavia certamente anch’essi di pertinenza sindacale, quindi inconferenti all’interno di un protocollo operativo.
Rimane ora da analizzare il punto 6) – Trasmissione “bozza Peritale “ – espletamento di tentativo di Conciliazione tecnica-deposito CTU – che ci vede fortemente contrari alle affermazioni contenute nel documento in oggetto. Che il CTU sia incaricato di una conciliazione solo tecnica, come si legge nel documento Sismla-Triveneta, è affermazione che nella più bonaria delle risposte necessita di attenta riflessione e confronto all’interno del mondo medico legale tutto, mentre se la risposta dovesse essere più coraggiosa ed aderente ai tempi, l’assunto contenuto nel “protocollo” potrebbe essere ritenuto inaccettabile e non dovrebbe neppure essere ipotizzato.
Allo specialista in medicina legale non può essere demandata una conciliazione tecnica che non garantisca la risoluzione del contenzioso poiché ci pare davvero di tutta evidenza che la trasformazione economica dei parametri medico legali, ancorché concordati (ma ciò solo ove l’accordo si sviluppi su basi clinico scientifiche quali diagnosi di lesione e menomazione e conseguente valutazione dei postumi) lasci ancora ampio margine di discussione risarcitoria (personalizzazione, sofferenza, monetizzazione della specifica, tabelle di Roma, Milano, Venezia e quant’altro vorrete immaginare). Pertanto, l’eventuale documento scritto rilasciato dal collegio dei CTU, qualora non si trovasse poi la conciliazione economica, non sarebbe fruibile nella successiva fase processuale di trasformazione del rito ex 702 poiché mancherebbe delle “vere” risultanze dell’indagine medico-legale che è necessariamente fondata, li sì, su basi tecnico-scientifiche e non frutto di mercanteggio, con il risultato, tanto evidente quanto negativo, che il CTU non avrebbe svolto il compito affidatogli.
Siamo consapevoli che spesso vi è un confronto dinamico attraverso il quale un CTU esperto tenti di avvicinare le parti, ma tutto ciò deve essere fatto avendo il CTU ben presente il porto di arrivo che deve necessariamente essere il corretto valore tecnico del danno a persona in discussione.
Citeremo ancora il dottor Gattari, magistrato di rango, ispiratore grazie ad alcune importanti sentenze della legge Geli-Bianco, per dire che la conciliazione tecnica può ben essere oggetto di confronto stragiudiziale tra avvocati e liquidatori e che qualora sia necessario attivare la via conciliativa ex 696 bis, evidentemente questa modalità di risoluzione della lite non è stata risolutiva.
Affermare che il CTU medico legale debba preoccuparsi di una “conciliazione solo tecnica” è sminuire clamorosamente la competenza dello specialista in medicina legale e soprattutto non voler comprendere che il ruolo di conciliatore è diverso dal ruolo di consulente tecnico d’ufficio. Pertanto sicuramente è da affermarsi la complessità estrema di questa tipologia di incarico, sostanzialmente doppio, dato dal Giudice allo specialista in medicina legale qualora la sua prestazione sia inscritta all’interno del cosiddetto 696 bis. Ma non possiamo e, soprattutto, non dobbiamo sottrarci all’incombenza (o meglio alle due distinte incombenze). Tutto ciò non potrà che aumentare la rilevanza della nostra disciplina e della nostra professionalità. Né le interazioni tra problematiche di onorario e conciliazione risarcitoria devono fermarci: queste sono del tutto irrilevanti ed anzi inconferenti con la standardizzazione di una corretta metodologia.
L’esperienza dell’AMLA, l’unica associazione che fino ad oggi mi risulti esserci occupata in serate dedicate al tema della CTU conciliativa, non per autoreferenzialità ma perché si sono chiamate a raccolta tutte le parti interessate alla CTU ovvero rappresentanti di parti attrici, di parti resistenti, giudici e amministrativi interni alle strutture nosocomiali, ha fatto sì che i soci di tale associazione si orientassero fortemente per la conciliazione risarcitoria. Anzi, da quando tale dinamica è stata posta in essere, la percentuale di conciliazioni ottenute si è sensibilmente alzata. Se ciò si aggiunge quanto affermato recentemente al congresso di Corinaldo, con anzi ferma stigmatizzazione negativa da parte del citato Magistrato dottor Gattari delle conciliazioni tecniche, credo si debba convenire che probabilmente non è la strada corretta.
“Corinaldo” ha definitivamente sdoganato il pregiudizio sulla necessità di competenza del medico legale nella quantificazione economica del danno, essendosi l’auditorio tutto, anche quindi nella sua componente accademica, espresso praticamente all’unanimità per l’inserimento nelle scuole di specialità di tale aspetto professionalizzante e ci pare che il medico legale moderno non possa prescindere da tale competenza così come non possa prescindere da una formazione specifica di conciliatore.
In definitiva auspichiamo un doveroso un approfondimento e confronto tra le varie anime medico-legali dello stivale che porti non già ad un documento “spot”, bensì ad un vero e proprio dibattito pubblico con tutti gli attori “in scena” in queste ATP (avvocati, magistrati, medici legali, strutture legali delle aziende sanitarie ecc…) che, seguendo il modello di una “conferenza di consenso”, dettino una metodologia condivisa e replicabile, sempre simile a sé stessa, che sia in grado di nobilitare la nostra competenza di specialisti in medicina legale.
D’altra parte provate ad immaginare che tra un ct attoreo che pone diagnosi di frattura ed un ct convenuto che ne neghi il ricorrere, si concili sulla diagnosi di infrazione! Follia pura. Resterà però sempre possibile al CTU conciliatore far comprendere alla parte che sta errando la diagnosi, che bene farà ad accontentarsi non già di una valutazione intermedia, poiché la quantificazione medico legale è fatto tecnico scientifico, ma di un risarcimento prossimo a quello sostenuto dalla parte che si ritiene abbia scientificamente ragione.
In definitiva spiace stigmatizzare molto negativamente un documento le cui intenzioni sono certamente positive, ma connotato da modalità di presentazione e contenuti fortemente inopportuni se non francamente contestabili.