Abstract
La Cassazione torna ad occuparsi di tabelle per il risarcimento del danno e lo fa mettendo alla frusta quelle elaborate dall’Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano. Mai in modo così netto la Suprema Corte si pronuncia in merito a quest’ultime definendole erronee nella loro impostazione complessiva riguardo alla concessione della quota comprensiva del danno morale mettendo in serio dubbio l’applicazione pratica delle stesse.
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Con la sentenza 25164/2020 del 10/11/2020 (Presidente Travaglino, Relatore Sestini) la Sezione Terza della Corte di Cassazione Civile torna ad occuparsi di tabelle di liquidazione del danno. Pur ritornando su concetti già noti, l’espressione in questa ultima decisione del dissenso rispetto alle tabelle di liquidazione del danno predisposte dall’Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano, si fa davvero netta.
Ecco, in sintesi quanto ribadisce la Suprema Corte:
- La personalizzazione del danno deve trovare giustificazione “nel positivo accertamento di specifiche condizioni eccezionali ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione”.
- “La voce di danno morale mantiene la sua autonomia e non è conglobabile nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, e perciò meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi”. Essendo voce autonoma quella del danno morale, le tabelle di Milano, non supportano questi principi. Dice, infatti, la Suprema Corte che queste “prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno” e che queste, quindi, ”pervengono – non correttamente – all’indicazione di un valore monetario complessivo costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno”. Va aggiunto che la Cassazione sostiene che la componente morale del danno, da accertare caso per caso, non dovrebbe essere considerata come sempre presente e che quindi, anche per questo motivo, non può che stigmatizzare le tabelle milanesi per la sussistenza di un erroneo automatismo nella liquidazione.
- Il riferimento legislativo della Corte rimane l’art. 138 del Codice delle Assicurazioni (invitiamo a leggere un nostro precedente articolo “Gli art.i 138-139 del codice delle assicurazioni private secondo l’ultimo “Decreto Concorrenza”) che concede un possibile aumento della liquidazione del danno biologico nella misura massima del 30 % quando la menomazione incida su specifici aspetti dinamico relazionali da considerarsi, però, come si diceva più sopra, nell’ambito dell’eccezionalità nonché adeguatamente provati. In più, ancora, sempre in riferimento all’articolo citato precedentemente, la Corte fa riferimento espressamente alla questione inerente alla modalità liquidativa del danno morale prevista per Legge, ovvero all’incremento della “quota corrispondente al danno biologico…incrementata in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione”. Ed è proprio su questa base, anche in relazione all’accertamento della “prova” della sussistenza del danno morale, la Corte così si esprime: “Un attendibile criterio logico-presuntivo funzionale all’accertamento del danno morale quale autonoma componente del danno alla salute…è quella della corrispondenza, su di una base di proporzionalità diretta, della gravità della lesione rispetto all’insorgere di una sofferenza soggettiva: tanto più grave, difatti, sarà la lesione della salute, tanto più il ragionamento inferenziale consentirà di presumere l’esistenza di un correlato danno morale inteso quale sofferenza interiore, morfologicamente diversa dall’aspetto dinamico relazionale conseguente alla lesione stessa.”
QUI POTETE LEGGERE LA SENTENZA IN FORMA COMPLETA:
A questo punto ci si domanda:
Ma la famosa sentenza Amatucci (12408/2011) – pur citata – forse un po’ in contraddizione – nella Sentenza di cui ci stiamo occupando, che poneva le tabelle di Milano, per “equità”, in una sorta di posizione para-legislativa, ha ancora valore?
Quali sono le tabelle che non sono in contrasto con l’attuale orientamento della Cassazione? Sono forse quelle di Roma?
E quale contributo dottrinale può fornire la medicina legale a questi dilemmi?
A Milano, intanto, si preparano nuovi scenari.
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