Abstract
L’avvelenamento da nitriti: da non-intenzionale ad intenzionale. Cosa sta cambiando nel fenomeno dell’utilizzo a scopo lesivo e autolesivo di questo gruppo di sostanze.
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Nella storia della tossicologia forense i nitriti sono stati per lo più protagonisti di episodi di assunzione accidentale a motivo della facilità con la quale possono essere scambiati con il sale da cucina. I diversi composi chimici condividono infatti il medesimo aspetto cristallino incolore.
Questa tipologia di eventi è stata ben categorizzata da tempo e, di norma, l’indirizzo diagnostico è agevolato da aspetti di ordine epidemiologico poiché solitamente sono coinvolte più vittime. L’articolo di Greenberg del 1945 ne è un significativo esempio. All’esito di una meticolosa indagine il nitrito di sodio risultò il responsabile dell’avvelenamento di 10 uomini che avevano fatto colazione nella medesima tavola calda. Fu inoltre dimostrato che, fra i numerosi avventori del locale, solo le vittime in questione avevano aggiunto del sale al loro pasto, servendosi da saliere erroneamente riempite con nitrito di sodio. Quest’ultimo era “normalmente” presente nella dispensa del ristorante perché impiegato per il trattamento e la conservazione delle carni. Delle dieci vittime di avvelenamento ne decedette soltanto una mentre le altre 9 sopravvissero senza conseguenze.
Ciò che invece oggi merita di essere segnalato è il numero crescente di casi messi in luce dai media, ma così pure dalla letteratura scientifica di riferimento, in cui l’impiego dei nitriti ha assunto un prevalente carattere intenzionale.
Fra i fatti più recenti riportiamo una drammatica vicenda avvenuta in Cina che ha visto come protagonista un’insegnante di un asilo nido. La donna ha avvelenato una collega ed i suoi 25 allievi aggiungendo nitrito di sodio al loro pasto e causando così il decesso di uno dei bambini. La stessa donna aveva inoltre tentato di uccidere il marito aggiungendo “il sale” ad una bevanda ma il marito è sopravvissuto e la donna è stata condannata a morte.
A scopo ricreazionale i nitriti sono stati inoltre introdotti fra le sostanze da inalazione per gli effetti euforici evocati da un moderato stato di ipossia correlabile alla loro assunzione.
Ma l’utilizzo che certamente più inquieta e che sollecita la particolare attenzione del mondo forense, è il numero crescente di casi di assunzione intenzionale dei nitriti con volontà suicidiaria.
Sono infatti ormai numerose le segnalazioni di casi, soprattutto fra i giovani, che hanno scelto questa modalità auto-soppressiva, alcuni dei quali “ispirati” da siti web che ne illustravano le modalità di impiego. In alcune vicende è risultato l’acquisto on-line di veri e propri “kit” contenenti nitriti e farmaci, questi ultimi proposti per contenere gli effetti dei nitriti sul tratto gastro enterico, quali nausea e vomito, o il mal di testa. Dopo questi gravi fatti di cronaca diversi siti web sono stati chiusi ma la “traccia” on line di queste sventurate indicazioni ovviamente permane.
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Il fenomeno è stato ormai descritto in diversi paesi (vedi Hickey et al 2021), Italia compresa. Un caso di suicidio da nitriti, registrato nel settorato genovese, è stato oggetto di una recentissima pubblicazione su una rivista internazionale (vedi).
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Alla luce di tutto questo l’eventualità di un avvelenamento da nitriti è oggi da considerare ipotesi tutt’altro che rara e che, per le sue peculiarità, deve essere prospettata fin dalle indagini di sopralluogo, sia per la ricerca delle possibili fonti di informazione o di acquisizione delle sostanze, sia l’individuazione di tutto ciò che si correla al loro materiale utilizzo (sali, polveri, flaconi, contenitori, farmaci ecc). Da considerare che, al di là del web, i nitriti sono di facile reperibilità e possono essere acquistati senza alcuna limitazione e a basso costo, anche in farmacia.
Oltre al sopralluogo saranno poi da ricercare con estrema attenzione tutti gli elementi anamnestici e circostanziali che possono descrivere la sintomatologia riconducibile alla loro assunzione. La sintomatologia più tipica è caratterizzata da nausea, vomito, vertigini, cianosi, ipotermia, ipotensione e shock. L’esposizione a basse dosi di nitriti non è nociva e non determina sintomi di alcun genere. Per contro, quando assunti in forti dosaggi, i nitriti possono risultare fatali. La dose letale in un adulto è indicativamente di 2,5 g (meno della metà di un cucchiaino da the), anche se persone che hanno assunto dosi maggiori sono sopravvissute (vedi Dean et al. 2020).
Quelli descritti sono gli effetti legati alla capacità dei nitriti di ossidare il ferro dell’emoglobina da Fe+2 a Fe+3, ottenendosi così metaemoglobina, la cui concentrazione può essere determinata anche su campioni ematici prelevati post-mortem e che dunque assume un ruolo centrale nella diagnosi di un avvelenamento da nitriti.
Tuttavia non va dimenticato che la determinazione della metaemoglobinemia non rientra fra le indagini tossicologiche di routine e, pertanto, la corretta impostazione di casi di questo genere non può prescindere da un accurato svolgimento di tutta l’attività d’indagine che precede la fase autoptica.
La metaemoglobina è peraltro un indicatore che richiede un prudente approccio nella sua valorizzazione diagnostica poiché la concentrazione ematica della metaemoglobina può essere influenzata da diversi fattori, tra i quali ricordiamo lo stato di conservazione del cadavere, la tempistica del prelievo e quella dell’analisi, la temperatura di conservazione del campione (Varlet et. al).
In ogni caso la metaemoglobina non è la sola protagonista di questo tipo di diagnosi ma utili elementi posso essere ricavati da altre tipologie di approfondimento, quali la ricerca dei nitriti nelle urine, l’analisi del contenuto gastrico e dell’umor vitreo. Più recentemente alcuni autori hanno anche applicato metodologie di tipo radiologico, nello specifico la risonanza magnetica, osservando che il sangue contenente metaemoglobina presenta un aspetto più chiaro nelle sequenze T1- pesate (Hickey 2021).
Quanto agli aspetti autoptici il decesso da nitriti non si correla ad alterazioni di sicuro valore diagnostico. Ad esempio la colorazione tendente al marrone del sangue, e con esso delle macchie ipostatiche, derivante dall’ossidazione dell’emoglobina, può essere presente ma non in modo costante e non sempre può essere facile da apprezzare.
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