La fine del 2023 e l’inizio del 2024 hanno portato importanti novità normative in merito alle malattie professionali sia come patologie di origine professionale sia come fonte di obbligatorietà di denuncia ex art. 139, argomento già trattato nelle pagine di questo sito (Santovito D, Falcetta R. Torino: l’ambulatorio di Medicina Legale Occupazionale).
I testi di Legge
Nella Gazzetta Ufficiale n. 270 del 18.11.2023 è stato pubblicato da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il Decreto 10 ottobre 2023 “Revisione delle tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura”.
Qui potete leggere e scaricare il testo il DM
Poco tempo dopo nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13.01.2024 è stato pubblicato da parte del Ministero del Lavoro e della Politiche Sociali il Decreto 15 novembre 2023 “Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’articolo 139 del Testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965 n. 1124, e successive modifiche e integrazioni”.
Qui sotto il testo dell’altro DM
I due nuovi “elenchi”
A distanza di 15 anni per il decreto riguardante la tabella delle malattie professionali e 9 anni per il decreto riguardante l’obbligatorietà della denuncia, sono stati emanati ed entrati in vigore i nuovi elenchi delle malattie professionali.
La pubblicazione quasi simultanea dei due elenchi, come stabilisce il Decreto 10 ottobre 2023 all’art. 2, trova la propria ragione all’interno del testo unico (TU) DPR 1124/1962, per il quale è obbligatoria l’assicurazione per le malattie professionali, come integrato dal decreto legislativo 38/2000, che ha definito all’art. 13 (invia sperimentale) il concetto di danno biologico.
Simultaneamente il TU all’art. 139 fissa l’obbligatorietà per qualsiasi medico di denunciare le malattie professionali indicate nell’apposito elenco.
Ne deriva quindi che, per quanto i due elenchi abbiano una propria distinta significatività operativa e di indirizzo, entrambi possono mutualmente influenzare la composizione dell’altro, tanto che è proprio l’art. 2 (Revisione delle tabelle) del decreto 10 ottobre 2023 che recita “Alla revisione periodica…delle tabelle..si provvede…anche sulla base dell’elenco delle malattie di cui all’art. 139…”.
È quindi auspicabile che tale previsione sia rispettata, anche in merito alla future acquisizioni scientifiche nel campo della eziopatogenesi delle malattia professionali che possono derivare dalle varie specifiche attività e/o esposizioni proprie di ogni lavorazione.
L’indicatore dell’OMS
Tale prospettiva non è peregrina se si pensa, come già da noi citato nel precedente contributo, che l’OMS ha profilato un nuovo indicatore globale pubblicato sul “Bulletin of the World health organization” a giugno 2023 (Pega F, Al-Emam R, Cao B, Davis CW, Edwards SJ, Gagliardi D, Fassa AG, Hassan MN, Hosseinpoor AR, Iavicoli S, Jandaghi J, Jarosinska DI, Kgalamono SM, Rad MK, Khodabakshi M, Li X, Marinaccio A, Mbayo G, Rowshani Z, Sanabria NM, Sidwell-Wilson K, Solar OH, Streicher KN, Sun X, Asl RT, Yadegari M, Zhang S, Zungu M, Momen NC. New global indicator for workers’ health: mortality rate from diseases attributable to selected occupational risk factors. Bull World Health Organ. 2023 Jun 1;101(6):418-430Q. doi: 10.2471/BLT.23.289703. Epub 2023 May 1. PMID: 37265682; PMCID: PMC10225940): il tasso di mortalità per malattie attribuibili a selezionati fattori di rischio professionale, per malattia, fattore di rischio, sesso e fascia di età. Tale indicatore è in fase di costruzione dal 2023 (consultabile on line) e fa riferimento a 21 fattori di rischio per i quali è riconosciuta l’associazione con i rispettivi gruppi di malattia, che rientrano negli elenchi dei due decreti.
Per tale motivo risulta del tutto armonico l’intendimento di reciproca influenza tra i due elenchi, posto che comunque la finalità ultima è la tutela del lavoratore, come garantita dall’art. 32 e 38 della Costituzione.
Le novità negli “elenchi”
Passando ora ad una breve analisi dei due decreti vi sono alcune novità, giudicate da alcuni assai di poca significatività.
Per quanto attiene alla tabella delle malattie professionale ex Decreto 10 ottobre 2023:
- Scompare la anchilostomiasi come malattia professionale, facendo quindi rientrare in modo definitivo il fatto che una infezione rappresenta un infortunio e non una malattia, secondo il brocardo causa violenta, causa virulenta;
- Scompare la dicitura: altre malattie causate dalla esposizione professionale a…; questa modifica se da un lato sembra voler affermare la certezza nel nesso causale tra lavorazioni e malattie tabellate, in armonia con le certezze scientifiche per le patologie nosologicamente definite, dall’altra potrebbe essere vista come una riduzione nelle tutele per il lavoratore;
- Sono stati aggiunti nuove patologie tumorali come per l’asbesto e le radiazioniionizzanti;
Il termine “cronico” nella tabella delle malattie professionali e nelle denuncie ex art. 139.
L’aspetto più “curioso” è l’introduzione dell’aggettivo “cronico” nel decreto 10 ottobre 2023, non presente nel 2008: prendiamo ad esempio la nefropatia da mercurio, amalgame e composti (Industria n. 7) notiamo che nel 2023 è stata aggiunta la qualificazione “cronica”, non presente nel 2008.
Non è ancora comprensibile quale sia l’intendimento di tale introduzione.
Infatti, la malattia professionale è per l’INAIL tale in quanto vi è una esposizione protratta nel tempo che, in modo diluito e continuo, a causa ed in occasione di lavoro determina un processo morboso. Sul sito ufficiale INAIL la malattia professionale: “…è una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo (causa diluita e non causa violenta e concentrata nel tempo). La stessa causa deve essere diretta ed efficiente, cioè in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente: il Testo Unico, infatti, parla di malattie contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose”.
Ma cosa significa “cronico”
Quindi, il termine “cronico” non può certo fare riferimento all’evento causale la patologia, posto che la lenta esposizione e la diluizione nel tempo della causa fa parte dell’eziologia della malattia professionale, sarebbe un inutile pleonasmo.
Allora c’è da chiedersi se il termine “cronico” faccia riferimento al processo morboso che, stabilizzatosi, affligge il lavoratore. Se così non fosse, però, non sarebbe malattia intesa come danno biologico permanente. Difatti, l’indennizzo scatta se vi è un danno biologico permanente che insiste come esito stabilizzato per un lungo tempo o un tempo indefinito menomando l’integrità psicofisica del lavoratore.
Infatti, se la tabella ex Decreto 10 ottobre 2023 è propria delle malattie professionali ed ha la finalità di fissare il nesso causale tra lavorazione e malattia, così da consentire al lavoratore di ricorrere al “sistema tabellare” e alla cosiddetta “presunzione legale d’origine”, l’aggettivo “cronico” non può essere inteso nel senso del danno biologico avente influenza sull’integrità psicofisica. Infatti, questo ultimo aspetto appartiene alla valutazione degli esiti stabilizzati secondo la tabella delle menomazioni (danno biologico) ex DM 12 luglio 2000, dei quali la malattia professionale alla base si giova della “presunzione legale d’origine”.
Altrimenti, vi è il rischio che ricada sotto l’ombrello dalla “presunzione legale d’origine” solo la malattia cronica quale derivante dalla lavorazione e non quella che si manifesta clinicamente in modo acuto, con un primo episodio, ma che le terapie attuate ben sono in grado di far regredire, così senza determinare una lesione permanente all’integrità psicofisica, magari anche allontanando il lavoratore dalla lavorazione pericolosa. Se così fosse, allora, verrebbe sicuramente meno la protezione del lavoratore rispetto al passato e sarebbe minato quello spirito di “prime cure” nel quale ultimamente l’Istituto INAIL ha voluto riconoscersi, elevandolo a propria missione nella tutela stessa della salute dei suoi assicurati.
Evitiamo di fare confusione
Il termine “cronico” non deve quindi essere fonte di confusione: la tabella delle malattie professionali ex Decreto 10 ottobre 2023 fonda il presupposto della “presunzione legale d’origine”; il DM 12 luglio 2000 valuta gli esiti stabilizzati delle lesioni all’integrità psicofisica, ossia il danno biologico permanente. È quindi doveroso puntualizzare cosa indichi il termine “cronico”, non cadendo nell’eventuale errore di negare la tutela da “presunzione legale d’origine” per quelle malattie che, manifestatesi acutamente per la prima volta e derivanti dalla lavorazione e da una esposizione protratta, si risolvono grazie alle terapie e all’allontanamento del lavoratore dalla fonte di danno/pericolo. Altrimenti, tutte le prime manifestazioni acute di malattie nosograficamente individuate dalla tabella, ma ben curate, nel caso in cui non diano “cronicità” non si gioverebbero della presunzione legale d’origine, con il rischio di far venire meno anche le tutele riguardanti l’inabilità temporanea assoluta e la copertura delle spese mediche.
Gli stessi concetti sono estensibili al Decreto 15 novembre 2023 per le patologie per la quali è obbligatoria la denuncia ex art. 139 TU.
Il prossimo Convegno SIMLA a Catania potrebbe essere l’alveo naturale per dirimere questo piccolo pensiero e definire cosa si intende per “cronico” nel caso specifico.