Ad alcuni di voi lettori forse era già noto, ma i risultati di una grande indagine statistica sulle ATP eseguite per casi di responsabilità medica ai sensi della L. 24/17, promossa da Eurispes e dalla Studio Legale romano Di Maria – Pinò con la collaborazione della XIII Sezione del Tribunale Civile di Roma con il suo Presidente Alberto Cisterna, devono fornire motivi di riflessione per tutti: in primis per i medici legali e per chiunque pratichi attività giuridico-forense sul tema in discussione.
L’indagine
Come già detto, le risultanze di questa operazione erano già note e, anche se in forma incompleta, già pubblicate in sede internazionale (vedi). In più l’indagine era stata proposta da Eurispes alla stampa. Riproporne però la completa pubblicazione, rinvenibile anche nel sito di Eurispes previa registrazione, ad un ambiente specialistico e particolarmente seguito come il nostro, ci pareva doveroso.
La pubblicazione, prima dei dati che sono interessantissimi, è preceduta da una serie di commenti di esperti implicati a vario titolo nella ricerca e di portata a compimento dell’indagine: si tratta di Alberto Cisterna (Presidente della XIII Sezione Civile del Tribunale di Roma specializzata in responsabilità sanitaria), di Gian Maria Sara (Presidente di Eurispes), degli Avvocati Franco Di Maria e Vincenza Pinò, di Luigi Tonino Marsella (Ordinario di Medicina Legale presso l’Università di Roma Tor Vergata) e di Luca Di Donna (Ordinario di Diritto Privato presso l’Università La Sapienza).
Qualche risultato dell’indagine
Il lavoro eseguito è talmente colmo di rilievi che lasciamo tutti alla lettura del documento perché ognuno possa suggerirsi o suggerire ad altri, interpretazioni su di un fenomeno così importante e che mai, a mio avviso, era stato studiato sotto questo profilo.
Ovvero, nessuno si era mai preoccupato, di eseguire rilievi quantitativi rispetto all’innesco di procedure giudiziarie in questo ambito (la responsabilità sanitaria) passate al vaglio di un giudizio tecnico terzo per definizione ovvero quello di CTU nominati da Giudici.
Ci interessa qui, almeno come primo approccio, discutere sul risultato che definirei BASE dell’indagine.
Partendo da un campione di ca. 2000 ATP per responsabilità sanitaria seguiti dalla XIII Sezione del Tribunale Civile di Roma nel periodo che va dal 1° aprile 2017 al 31 dicembre 2021, si sono selezionate 1380 relazioni. Dall’esame di quest’ultime è emerso che che gli ATP che si concludono positivamente per il paziente sono il 65,3%; ovvero, in ca. due terzi dei casi, dunque, la responsabilità professionale del medico e/o della struttura sanitaria risultano comprovate tecnicamente.
Solo un altro dato è, per il momento degno di sottolineatura: i medici NON risultano coinvolti nelle ATP esaminate nel 70,3 % dei casi.
Qualche riflessione su questi due dati
La loro validità
Sicuramente, i risultati ottenuti sono di grande importanza.
Altrettanto, certamente non è contestabile il dato numerico in sé per sé considerato, sotto il profilo della rilevanza statistica non foss’altro per la vastità del campione.
Il numero elevato di ATP consente, almeno a mio modo di vedere, di contrastare opposizioni ai risultati ottenuti fondate sulla messa in dubbio della “terzietà” e della “competenza” dei CTU nominati. Una sola deduzione si potrebbe contrapporre a questa obiezione: i risultati sfavorevoli, per l’una e l’altra parte, comunque, si bilancerebbero in ugual misura (ovvero, per dirla con Bersani: “Se piove…Piove per tutti“).
E’ vero può esserci un rischio di “localismo” nel risultato: ovvero, quello che succede a Roma potrebbe non accadere altrove.
Sappiamo d’altronde benissimo che siamo ancora un Paese di Principati e di Comuni.
Qui soccorrerebbero, però, interventi specifici di indagine che raccolgano gli stessi dati con l’identica finalità e il medesimo metodo su Tribunali rappresentativi. Penso soprattutto a Milano ove esiste un’analoga Sezione specializzata in malpractice sanitaria e mi permetto di lanciare un appello alle forze vive scientifiche e associazionistiche medico-legali del capoluogo lombardo per operare un altro simile accertamento.
La bistrattata Legge Gelli Bianco
Tutti ne parlano male, ma osserviamo, il dato prima presentato: se nel 70 % dei casi il medico non è coinvolto (solo nell’11 % viene tirato in ballo ma lui e lui solo perché interfaccia diretta con il paziente supposto danneggiato) significa che la 24/17 ha scongiurato, in modo determinante, le chiamate in causa, almeno per quanto riguarda il profilo civilistico, di un operatore sanitario.
Attenzione, quindi, nonostante gli alti lai sollevati contro il provvedimento legislativo in questione, a toccare cose che funzionano e per i quali i Colleghi dovrebbero solo essere soddisfatti.
Per spiegare i risultati basta un po’ di esperienza
Gli autori della ricerca sembrano essersi molto meravigliati che i 2/3 delle ATP siano state vinte dai ricorrenti. Beh, se la parte tecnica, fondamentale nel proporre l’azione civile (eseguita tramite specialista in medicina legale e specialista di branca interessata) coadiuvata da un valido supporto legale, funziona, è chiaro che le ATP arrivano ad una conclusione vincente. E parte attrice, come pare l’indagine sottolinei, è ovviamente in grado di proporre casi vincenti. Quindi etica e professionalità hanno prevalso. E’ evidentemente certificato che, sulla base dei numeri a disposizione, le parti attrici hanno rispettato un mandato preciso: tentare contenziosi perdenti in questo campo è dannoso per il sistema e deontologicamente disdicevole.
Lo stesso non si può dire, però, per le parti convenute.
Contro la “medicina difensiva” ma anche contro la “medicina legale difensiva”
I giudizi tecnici possono, soprattutto se affrontati singolarmente, essere contestati. Questo è certamente vero. Ma se esaminiamo migliaia di casi, in cui, sono convinto, il motivo del contendere è l’ “an” e non il “quantum”, e ne perdi due terzi, mi sento di dire che qualcosa davvero non va.
E’ vero, e qui non lo sappiamo e dovrebbe essere un ulteriore stimolo alla ricerca, che ci possono essere situazioni incerte, dirette chiamate in causa e altre questioni, che dirigono il tutto verso l’ATP e il confronto tecnico che sfocia nel contenzioso.
Sta di fatto, comunque, che, in linea teorica, se, in fondo, il risarcimento del danno, non è che, almeno in un’ottica squisitamente medico legale centrata sul danno non patrimoniale, il tentativo di restituire “la salute” ad un soggetto danneggiato da terzi, allora questi dati sono preoccupanti sia sotto un profilo etico che squisitamente finanziario.
La domande che sorgono spontanee sono molte:
- E’ proprio così impossibile trovare un’alternativa al contenzioso ma anche al precontenzioso di cui l’ATP è parte ?
- Le valutazioni tecniche operate dalle strutture una volta presentata la richiesta di risarcimento sono scorrette o sono determinate da deduzioni di altra natura (timore dell’intervento della Corte dei Conti? Ad es.)
- Vogliamo calcolare i danni all’erario dalla scelta tecnica di adire al contenzioso senza passare per un’adeguata trattativa stragiudiziale?
Un invito alla riflessione e al dibattito
Partiamo almeno da qui e invito tutti i Colleghi, anche e soprattutto quelli che operano nel settore della responsabilità sanitaria, a cimentarsi in uno sforzo di riflessione che porti ad un dibattito più aperto e più franco, che l’indagine EURISPES, a mio modo di vedere, sollecita.
Qui sotto potete leggere e scaricare l’intero documento.