Articoli Responsabilità medica

Non siamo tutti uguali

Abstract

Attenzione non siamo tutti uguali. Anche nella valutazione della letteratura scientifica – pensiamo ai casi di responsabilità medica – ad esempio per quanto riguarda il sesso, le differenze negli esiti di alcune pratiche clinico terapeutico sono davvero sostanziali. Ve ne portiamo un esempio in questo articolo del nostro Davide Santovito e del Dott. Simone De Sanctis (specialista in medicina legale in formazione dell’Università di Torino).

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La Legge Gelli-Bianco n. 24 del 2017 ha introdotto all’interno della valutazione della responsabilità professionale le linee guida e le buone pratiche cliniche accreditate, attraverso le quali “misurare” la prestazione sanitaria erogata in caso di addebiti civili o penali.

Tuttavia, il rischio di una applicazione secondo la metodologia del “libro da cucina” è sempre incombente, se non si usa criterio nella loro rimodulazione all’interno delle aule giudiziarie.

L’esempio è fornito proprio dagli esiti dei bypass aorto-coronarici. Gli articoli narrati e citati in calce portano alla luce come la maggior parte degli algoritmi terapeutici sono formulati su pazienti di sesso maschile, mentre se si analizzano gli esiti tra sesso maschile e femminile i risultati cambiano. Da un lato per una questione di natura epidemiologica e di comorbidità, dall’altro in conseguenza di mera natura anatomica inerente le vene utilizzate per il by-pass.

Pertanto, non si può trasferire sic et sempliciter una linea guida in un’aula di giustizia senza tener a mente tali differenze. Ciò non tanto in virtù del fatto che è la stessa legge 24/2017 che salva il caso concreto, ma perché è la scienza stessa che lo afferma.

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Sintetizziamo il contenuto degli articoli

Il lavoro di Ruder

Ruder ha appena pubblicato sul JAMA Network (VEDI) un commento riguardante lo studio retrospettivo effettuato da Mario Gaudino già studente di medicina in Italia durante gli anni novanta, e attualmente professore presso il Weill Medical College di New York.

Ruder evidenzia come il lavoro di Gaudino sottolinei l’esistenza di differenze negli esiti e nei decessi tra uomini e donne dopo un by-pass coronarico, che ha preso in considerazione 1.3 milioni di pazienti con interventi di innesto di bypass aorto-coronarico (o CABG: Coronary Artery Bypass Graft) effettuati tra il 2011 e il 2020. È emerso come, in questo lasso di tempo, fosse andato incontro a complicanze o morte dopo l’intervento il 23% delle donne, contro il 17% degli uomini. Inoltre, anche la mortalità intra-operatoria era risultata essere più alta nel sesso femminile, con un 2.8% in più, opposto al 1.7% dei maschi. 

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Perché queste differenze in termini di outcome

Per spiegare tali differenze in termini di outcome, è utile sottolineare come le donne prese in considerazione avessero in media due anni in più dei maschi, e una maggior presenza di malattie concomitanti (quali ipertensione, diabete mellito, malattie vascolari periferiche o polmonari croniche). Non solo ma, per quanto riguarda gli interventi di CABG, l’80% degli studi è stato effettuato su pazienti maschi.

A prescindere dal numero di donne preso in considerazione per lo studio, nel sesso femminile, in media, la malattia coronarica si presenta ad un’età più avanzata, ed è maggiore la presenza di comorbidità rispetto al maschio. Inoltre, gli algoritmi utilizzati nell’ambito degli interventi sulla malattia coronarica sono basati in larga parte sulla presentazione della malattia nei maschi, e questo è reso evidente da alcune differenze fisiologiche esistenti tra i due sessi: nella donna le dimensioni corporee sono, in media, inferiori, e lo sono anche le dimensioni delle vene, rendendo l’intervento tecnicamente più difficile.

Come mostrato in altri studi, la mortalità in seguito all’innesto di bypass è più alta nelle donne soprattutto in conseguenza delle maggiori comorbidità, o di altri elementi biologici relativi alla malattia aterosclerotica. La maggiore difficoltà intra-operatoria presente per quanto riguarda le donne può essere correlata alle ridotte dimensioni delle vene in queste ultime, in conseguenza delle quali il condotto ricostruito dopo l’intervento può essere più facilmente piccolo e fragile rispetto alla norma, e più suscettibile a rottura (inoltre, esperimenti in vitro hanno dimostrato che i vasi coronarici delle donne possiedono maggior tendenza allo spasmo rispetto a quelli degli uomini).

Questa caratteristica, oltre a favorire l’insorgenza di complicanze post-operatorie, può quindi rendere più probabile la comparsa di difficoltà intra-operatorie, e il possibile verificarsi di errori da parte dei chirurghi.

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Il lavoro di Gaudino

La maggior frequenza di problematiche perioperatorie può influenzare anche gli effetti a medio termine dell’intervento. Nel suo lavoro (Sex differences in outcomes after coronary artery bypass grafting: a pooled analysis of individual patient data, European Heart Journal, Volume 43, Issue 1, 1 January 2022, Pages 18–28) Mario Gaudino ha concluso che, da un’analisi di quattro ampi trials sulla CABG, emergeva che, nei primi 5 anni dopo l’intervento, le donne risultavano avere peggiori outcome a livello sia cardiaco che cerebrovascolare.

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Il lavoro di Zwischenberger

Come evidenziato nel suo lavoro da Zwischenberger, queste premesse pongono indicazione per un approccio maggiormente personalizzato nelle donne per quanto riguarda gli interventi di innesto di bypass: ad esempio, l’utilizzo di un intervento minimamente invasivo che sfrutti l’incisione a livello delle coste, o l’uso di un grafting multi-arterioso. Anche svolgere più studi nell’ambito dell’intervento e dei suoi outcomes sulle donne può aiutare nel diminuire le complicanze intra e post-operatorie, così come un maggior focus sull’andamento dei sintomi precoci della malattia coronarica (come l’ipertensione la pre-eclampsia durante la gravidanza) nel genere femminile. 

L’analisi di Ruder ben descrive, rappresentando un chiaro monito alla prudenza medico legale, come debba usarsi sempre criterio nell’uso degli strumenti che la medicina mette a disposizione dei pazienti e degli operatori stessi, soprattutto se tali strumenti si mettono al servizio del giudice.


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