The Prestige: anche il danno biologico sparisce.
La sentenza
E’ del 17/1/2018 il deposito di una Sentenza di Cassazione Civile che ha fatto e farà discutere (Sez. III relatore e Presidente Dott. Giacomo Travaglino).
Si tratta di un caso di responsabilità professionale di tipo ostetrico – ginecologico e di contestazioni alle Corti territoriali che giungono all’attenzione della Suprema Corte incentrate, in modo principale, sulle modalità di individuazione e liquidazione del danno.
Si lascia alla lettura della sentenza (qui la puoi scaricare) cassazione_travaglino_danno_morale, la vicenda e le assai complesse deduzioni – anche perché inerenti a temi di assai elevato contenuto intellettuale non solo di carattere giuridico ma anche filosofico – che vengono portate all’attenzione e alla meditazione di colui che legge.
Il passo fondamentale
Ci pare che il passo decisivo della sentenza sia quello qui sotto riportato:
“Il danno dinamico-relazionale, dunque (così rettamente inteso il sintagma “danno esistenziale”), è conseguenza omogenea della lesione – di qualsiasi lesione – di un diritto a copertura costituzionale, sia esso il diritto alla salute, sia esso altro diritto (rectius, interesse o valore) tutelato dalla Carta fondamentale.
Queste considerazioni confermano la bontà di una lettura delle sentenze del 2008 condotta, prima ancora che secondo una logica interpretativa di tipo formalistico-deduttivo, attraverso una ermeneutica di tipo induttivo che, dopo aver identificato l’indispensabile situazione soggettiva protetta a livello costituzionale (oltre alla salute, il rapporto familiare e parentale, l’onore, la reputazione, la libertà religiosa, il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, quello all’ambiente, il diritto di libera espressione del proprio pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione e di libertà religiosa ecc.), consenta poi al giudice del merito una rigorosa analisi ed una conseguentemente rigorosa valutazione, sul piano della prova, tanto dell’aspetto interiore del danno (la sofferenza morale in tutti i suoi aspetti, quali il dolore, la vergogna, il rimorso, la disistima di sè, la malinconia, la tristezza,) quanto del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno cd. esistenziale, in tali sensi rettamente interpretato il troppe volte male inteso sintagma, ovvero, se si preferisca un lessico meno equivoco, il danno alla vita di relazione).
In questa evidente realtà naturalistica si cela la risposta (e la conseguente, corretta costruzione di categorie che non cancellino la fenomenologia del danno alla persona attraverso sterili formalismi unificanti) all’interrogativo circa la reale natura e la vera, costante, duplice essenza del danno alla persona:
– la sofferenza interiore;
– le dinamiche relazionali di una vita che cambia (illuminante, in tal senso, è il disposto normativo di cui all’art. 612 bis c.p., in tema di presupposti del reato cd. di stalking).
Restano così efficacemente scolpiti i due aspetti essenziali della sofferenza: il dolore interiore, e/o la significativa alterazione della vita quotidiana. Danni diversi e perciò solo entrambi autonomamente risarcibili, ma se, e solo se, provati caso per caso, con tutti i mezzi di prova normativamente previsti (tra cui il notorio, le massime di esperienza, le presunzioni) al di là di sommarie quanto impredicabili generalizzazioni”.
La resurrezione esistenzialista
E’ chiaro che viene, da un lato resuscitato il “danno esistenziale” inquadrato in una dimensione “dinamico relazionale” di cui fa parte anche il “danno biologico” e dall’altro viene nuovamente elevato il “danno morale” (che cos’è il “dolore interiore” di cui parla il Presidente Travaglino se non quello) quale componente essenziale della forma dannosa.
Certo, entrambe queste forme dannose andranno provate, ma è evidente, che gli automatismi liquidativi previsti dalle Tabelle di Milano come forma di equità rispetto all’arbitrio di decisioni, magari non standardizzate, ma eccessivamente libere e, quindi, incontrollate, sono nel mirino. E infatti, il Dott. Spera, da anni a capo dell’Osservatorio della Giustizia Civile del Tribunale meneghino e fautore e promotore delle stesse tabelle, ha già reagito con un recente articolo pubblicato su RIDARE (Time out: il “decalogo” della Cassazione sul danno non patrimoniale e i recenti arresti della Medicina legale minano le sentenze di San Martino).
In una oscura foresta
Si lascia a ciascuno il giudizio personale su questa Sentenza, non tanto riguardo alla correttezza giuridica sulla quale – nei confronti del Presidente Travaglino – proprio non potremo mai confrontarci per nostra mera insufficienza culturale e di preparazione – ma quanto all’aspetto stridente di una costante instabilità tellurica su una materia (quella del danno a persona) sulla quale sembra che nessuno indichi, in modo chiaro agli operatori del Diritto, tra i quali ci siamo anche noi medici legali, una via chiara quasi si attraversasse nella notte una oscura foresta in cui, ogni tanto, affiora alla vista una luce fioca che dopo poco scompare, lasciandoci soli ad annusare un’aria di pericolo (infatti poi arriva il legislatore lupo mannaro e lì sono solo ossa, carne, sangue…bis, ter, quater).