Abstract
Una recente sentenza della Corte dei Conti territoriale umbra, relativa ad un procedimento giuslavoratoristico, fa scalpore in quanto condanna i rappresentanti legali di un Ausl per non aver ratificato una transazione favorevole. Si tratta di un precedente che potrebbe applicarsi anche a casi di contenzioso per malpractice sanitaria?
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Il fatto
La Procura della Corte dei Conti (Sezione Giurisdizionale dell’Umbria), sollecitata, abbastanza incredibilmente, da un articolo su un giornale locale, avviava un’indagine relativamente ad una controversia tra un’Ausl e un gruppo di infermieri dipendenti dalla stessa. Il contenzioso, aveva per oggetto il riconoscimento della retribuzione dovuta in relazione al tempo necessario a ciascun lavoratore per indossare la tenuta da lavoro. Il processo si tenne dunque presso la Sezione Lavoro del Tribunale di Perugia. In detto processo vennero richiesti un notevole numero di rinvii per arrivare ad una conciliazione della lite. Il legale dell’Ausl propose una transazione per una cifra pari a 30000 € che venne accettata dai ricorrenti. Ma alla successiva udienza, l’Avvocato della Ausl ritirò la proposta e il Giudice del lavoro condannò quest’ultima a pagare ca. 118000 € ai ricorrenti.
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La decisione della Corte dei Conti
La Procura, la Corte dei Conti territoriale dell’Umbria, rilevando un errore la violazione, da parte del legale incaricato dalla Ausl, di tempestiva costituzione per proporre un’eccezione di prescrizione, la mancanza di partecipazione del legale nominato ad un interrogatorio dei dipendenti che poteva essere dirimente per la decisione del Giudice nonché la mancata adesione all’accordo transattivo proposto, convenne in giudizio il legale e il Direttore Generale dell’Ausl.
La Corte territoriale, decise per la sussistenza di colpa concentrando il suo giudizio sul problema della mancata transazione. Ritenne irragionevole la scelta di non aderire alla transazione che era stata giudicata del tutto favorevole dallo stesso legale nominato dalla Ausl. Si giunse quindi alla condanna del direttore generale dell’Ausl con colpa qualificata come “grave” e dell’avvocato dirigente dell’unità organizzativa dell’Azienda, nella misura pari, rispettivamente a 2/3 ed 1/3. Il danno venne quantificato nel differenziale tra la somma stabilita dalla possibile transazione e quanto venne determinato dal Giudice del Lavoro(ca. 88000 €).
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Qui sotto potete leggere e scaricare, in forma completa, la sentenza di cui abbiamo parlato.
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Le possibili ripercussioni in caso di contenzioso per responsabilità medica
È del tutto ovvio che ci troviamo in un campo completamente diverso ma è altrettanto ovvio che, almeno prospetticamente, le deduzioni della Corte dei Conti perugina, potrebbero benissimo essere applicate in sede di giudizi civilistici in ambito di “malpractice”.
Pensate solo, come avviene in un ambito territoriale sempre più vasto, se i CTU proponessero, in sede di 696bis, un accordo conciliativo che venisse rifiutato dalla dirigenza di un’Ausl, magari dopo un intervento tecnico in sede di Comitato Valutazione Sinistri da parte della struttura medico-legale azienda che lo giudicasse favorevole. Se il contenzioso si concludesse con la condanna al pagamento di una somma molto più alta di quella proposta, la situazione parrebbe, almeno sul fronte logico più che giuridico, del tutto simile quella verificatasi in Umbria.
Ci pare un motivo di riflessione molto importante anche per valutare in maniera più attenta l’importanza della mediazione e della conciliazione ex 696bis nei casi regolamentati dalla L. 24/17.
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