Abstract
La Cassazione Penale ritorna sulle linee guida negando la condanna di un medico in quanto le Corti territoriali avevamo emesso la loro sentenza di censura del comportamento senza però indicare quali linee guida il sanitario avesse violato.
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Proponiamo alla vostra attenzione una recentissima sentenza del 20 settembre 2021 emessa dalla IV Sessione Penale della Corte di Cassazione (Presidente Piccialli, Relatore Serrao).
La vicenda riguardava le sequele di un intervento chirurgico di emicolectmia sinistra per un carcinoma del colon. Un’ecografia eseguita il giorno prima aveva evidenziato alcune lesioni nodulari sospette a carico di entrambi i reni. I medici non avevano eseguito altri accertamenti e avevano proceduto operando. Durante l’intervento, durante le manovre di palpazione ed esplorazione del rene sinistro, si verificava un fatto emorragico di notevole entità e, successivamente, i chirurghi producevano una lesione iatrogena a carico della milza con conseguente aumento della perdita ematica. Seguiva, purtroppo la morte del paziente. La condanna nel processo di primo grado, confermata dalla Corte d’Appello, basava le sue motivazioni sulla sola consulenza del PM (che parrebbe stata operata da un solo medico e senza l’effettuazione dell’esame autoptico). Tutto ciò nonostante gli interventi dei CT della difesa che avevano sostenuto l’assenza di linee guida in relazione al caso specifico contestando anche la sussistenza della prova del nesso causale tra intervento e decesso nonché il fatto che il CT del PM avesse affermato, nel corso del dibattimento, che non poteva provare la scorrettezza della manovra di esplorazione renale che aveva portato alla prima emorragia affermando, altresì, che le lesioni iatrogene della milza in corso di intervento chirurgico erano piuttosto frequenti.
La Suprema Corte, in relazione al caso, dapprima contestava alle Corte territoriale la scorretta applicazione in sede processuale dei dettati giurisprudenziali per cui il giudizio va fondato sulla base della Legge più favorevole all’imputato tra quelle succedutesi dalla data del fatto sino a quella del processo d’appello che, per l’imputato, era la cosiddetta Balduzzi.
La Cassazione affrontava poi la problematica relativa al mancato riferimento nelle motivazioni delle sentenze alle linee guida e alle buone pratiche cliniche.
Così si esprimeva in merito:
“Una decisione, come quella in esame, in cui si sia trascurato di indicare a quali linee-guida o, in mancanza, a quali buone pratiche clinico-assistenziali si ispira la descrizione del comportamento doveroso e di valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri in relazione al concreto rischio che si sarebbe dovuto evitare, nonché in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali, risulta viziata da carenza di motivazione (in merito alla distinzione tra attuazione ed adattamento rispetto alle linee-guida ovvero alle best practices…)“.
Aggiungeva a completamento:
“Risulta, dunque, correttamente indicato quale motivo di censura l’omesso confronto tra tesi contrapposte sulla causalità materiale dell’evento; il giudice di merito, tanto più nel caso in esame connotato da impossibilità di eseguire l’esame autoptico, avrebbe dovuto accertare, all’esito di una esaustiva indagine delle singole ipotesi formulate dagli esperti, la sussistenza di una soluzione sufficientemente affidabile, costituita da una metateoria frutto di una ponderata valutazione delle differenti rappresentazioni scientifiche del problema, in grado di fornire concrete, significative e attendibili informazioni idonee a sorreggere l’argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato, dovendo, in caso contrario, disporre una perizia ovvero pervenire a un giudizio di non superamento del ragionevole dubbio“.
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La sentenza impugnata veniva annullata senza rinvio agli effetti penali anche perché il reato era ormai caduto in prescrizione.
Qui sotto potete leggere e scaricare la sentenza in forma completa.
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