Come riportato nell’ordinanza 207/2018 del novembre 2018, nell’udienza del prossimo 24 settembre, la Corte Costituzionale si potrebbe esprimere sull’incostituzionalità dell’art. 580 CP (aiuto o istigazione al suicidio).Era la Corte d’Appello di Milano che aveva richiesto l’intervento del Giudice delle Leggi. Questa stava trattando il noto caso DJ Fabo – Cappato di cui abbiamo già parlato sul sito proprio in relazione all’intervento deciso in Piazza del Quirinale (vedi). La Corte, come è noto, aveva concesso al Parlamento, questo ampio termine, per legiferare sulla spinosissima questione. Il Parlamento non è riuscito, però, nei mesi passati, a prendere in considerazione la questione in Aula. In più la crisi di governo estiva ha ridotto ancor più questa possibilità.
Alleghiamo, a questo proposito, due progetti di Legge, che sono stati presentati all’attenzione delle Commissioni Parlamentari competenti e che potete qui scaricare.
Non possiamo escludere che altri ne siano stati presentati. Invitiamo chi ne avesse nozione di farceli pervenire per darne notizia ai Soci. Se avrete la curiosità di leggerli capirete immediatamente quale potrebbe essere l’impatto sui pazienti, sul sistema sanitario complessivamente inteso e sull’operato di tutti i medici.
L’Udienza, quindi, certamente si terrà ma quali saranno le decisioni della Corte?
Così ci ha risposto sul tema, l’Avv. Simona Viola, Presidente dell’Associazione Italia Stato di Diritto, particolarmente competente sul tema.
Complicazioni
La questione che viene posta è estremamente complessa. Non ha precedenti, infatti,nella storia della giurisprudenza della Corte Costituzionale. Nel corso dei decenni di sua attività la Corte ha progressivamente auto-ampliato la sfera delle sue possibilità di intervento sulle norme. Inizialmente poteva solo accertarne la incostituzionalità e dichiararne la nullità con effetti retroattivi. Poi ha deciso che poteva anche offrirne interpretazioni costituzionalmente orientate (la norma è costituzionale solo se così interpretata ….). Poi ancora ha deciso che poteva dichiararne l’incostituzionalità nella parte in cui non conteneva disposizioni necessarie ad assicurarne la costituzionalità (sentenze additive). Recentemente ha anche deciso di poter liberamente disporre degli effetti temporali delle proprie sentenze (tradizionalmente retroattivi) e farle disporre solo per il futuro.
Non aveva mai invece sospeso il proprio giudizio rimettendo la disciplina in discussione al Parlamento così come ha fatto in seguito alla udienza sul caso DJ Fabo. Ciò significa che non ha ritenuto che nessuno dei modelli di intervento fino ad oggi esperiti potesse essere utile a decidere il caso. Tutto ciò, anche e soprattutto, a causa della particolare “sensibilità e delicatezza” degli interessi curati dalla disposizione penale.
Delicatezza
In effetti, così come scritta, la norma punisce seccamente chiunque concorra attivamente al suicidio di un soggetto con la stessa pena riservata a chi instiga al suicidio, senza tenere in alcun conto né la volontà del suicida, né l’estraneità dell’imputato rispetto alla formazione di quella volontà, né la condizione di irrimediabile e insopportabile sofferenza del suicida e la sua dignità. Circostanze tutte che la attuale coscienza etica della nostra collettività – oltre che numerose altre norme giuridiche nel frattempo sopraggiunte – tengono invece ormai da tempo in rilevante considerazione.
Tuttavia quella formulazione così secca, se da una parte consente alla Corte di rilevarne (così come ne ha già rilevato) l’incostituzionalità, rende tuttavia molto difficile agire senza superare la barriera che impedisce alla Corte di sostituirsi alla discrezionalità del Legislatore. La Corte non vuole annullare tout court la norma che punisce l’aiuto al suicidio con la stessa gravità con cui è punita la istigazione al suicidio, ma non può autonomamente decidere i casi in cui diversificare il regime giuridico del concorso da quello della istigazione e men che meno graduare la pena o addirittura eliminarla, trattandosi di libere scelte del legislatore.
Previsioni
La mia opinione è che non potrà far altro che annullare la norma che penalizza il concorso in misura eguale alla istigazione senza tenere conto delle circostanze soggettive e oggettive al contorno, lasciando al legislatore il compito di disciplinare il “vuoto normativo” che verrà a crearsi, ma trattandosi di un caso assolutamente nuovo e inedito potrebbero essere possibili anche altri scenari. Se la Corte annullasse la norma determinerebbe un vuoto che tuttavia equivarrebbe a una depenalizzazione certa e incondizionata delle attività di chi assista un suicida, fino a quando il Parlamento non sarà nuovamente intervenuto. Peraltro la intervenuta crisi di Governo ha certamente sottratto al Parlamento – se non formalmente almeno sostanzialmente – qualche settimana di attività, circostanza che potrebbe anche indurre la Corte ad assegnare “tempi supplementari” al legislatore.
Ovviamente, stante la prossimità temporale della sentenza, cominciano a delinearsi prese di posizione sul tema. Una recente è quella del Presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) Cardinale Bassetti. Potete leggere, cliccando qui, il suo discorso sul tema tenuto in un recente Convegno di associazioni cattoliche pubblicato l’11 settembre su Avvenire.
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Siamo di fronte , infatti, ad un possibile nuovo elemento giuridico fortemente rilevante sia da un punto di vista politico, sociologico ed etico, sia per ciò che che concerne il profilo dottrinario medico-legale anche per le sue enormi conseguenze “pratiche” nell’ambito dell’universo salute italiano.