Con l’ordinanza n. 26180 del 07/10/2024 la Corte di Cassazione fa alcune brevi, ma complete, puntualizzazioni in merito alle prestazioni sanitarie chirurgiche in un ambito che ben può essere di ampia discussione: l’assenza di una sala di rianimazione, a seguito di un ricorso mosso da una clinica.
Fatto
Ad un paziente, ricoverato presso una casa di cura per una problematica cardiologica, nel corso degli esami fu diagnosticata una neoplasia duodenale, motivo per cui fu sottoposto ad intervento chirurgico nella medesima clinica. Durante l’intervento le condizioni cliniche peggiorarono e si rese necessario il trasferimento presso un altro ospedale dotato di rianimazione, ove poi il paziente andò incontro all’exitus.
Il procedimento penale a carico dei medici si concluse con l’archiviazione, in quanto sia l’intervento che la diagnosi furono considerati corretti.
Nonostante ciò, gli eredi mossero causa civile. Il Tribunale di primo grado, sulla base di una CTU che escludeva responsabilità dei medici sia per la correttezza dell’intervento sia per il fatto che l’assenza di una sala rianimatoria non aveva inciso sull’evento, dato l’immediato trasferimento in altra struttura, respingeva la richiesta risarcitoria.
In Corte di Appello la decisione di primo grado fu riformata e la clinica fu ritenuta responsabile per il fatto dei suoi medici, condannando la clinica al risarcimento.
La clinica impugnava quindi la sentenza della Corte avanti alla Corte di Cassazione che cassava la decisione di secondo grado e rinviava ad altra Corte di Appello, in diversa composizione, la decisione.
Le motivazioni della Suprema Corte
Lasciando l’integrale lettura della sentenza al Lettore, ci concentriamo solo sul secondo, quarto, quinto e sesto motivo che sono stati accolti dalla Corte di Cassazione per cassare con rinvio la sentenza di secondo grado (si segnala un probabile refuso di stampa nel PQM, che indica come accolto il terzo motivo in luogo del quinto).
Il 2° Motivo
Nella lunga vicenda giudiziaria sia i CCTTUU che i consulenti del PM non individuarono addebiti a carico dei medici sia nella fase di trattamento chirurgico, che nella fase diagnostica, ed inoltre il fatto di non aver una sala di rianimazione risultò ininfluente sull’esito posto l’immediato trasferimento presso altro ospedale. La Corte di Appello, però, si discostò da tali giudizi tecnici, senza dare motivazione in sentenza, fatto questo contestato dalla clinica ricorrente.
La contestazione è stata accolta dalla Corte di Cassazione. Inoltre, gli Ermellini sottolineano come il CTU abbia negato il nesso causale tra la mancanza della sala di rianimazione con l’evento finale e quindi la conclusione a cui era giunta la Corte di Appello non è stata giudicata condivisibile, posto che un giudizio di “imprudenza” nell’aver eseguito l’intervento presso un luogo non attrezzato a fronteggiare complicanze post-operatorie non smentiva la tesi dei CTU che tale “imprudenza” non abbia influito sugli eventi, stante il tempestivo trasferimento.
Il 4° Motivo
La Corte di merito ha ritenuto imprudente l’aver eseguito un intervento nonostante l’assenza di una sala rianimatoria, fatto questo che però contrastava con l’autorizzazione che la clinica aveva per eseguire gli interventi chirurgici. Anche tale doglianza mossa dalla clinica ricorrente è stata giudicata fondata dalla Corte di Cassazione, che sottolinea che la cautela generica violata deve essere individuata, ma se vi era l’autorizzazione ad eseguire l’intervento, in virtù del fatto che il paziente poteva essere trasferito in un centro più attrezzato, bisognava indicare quale di queste cautele sono state violate, ossia cosa imponeva alla clinica di non effettuare l’intervento nonostante avesse l’autorizzazione a farlo. L’imprudenza, infatti, non poteva consistere nella mera circostanza di aver effettuato un intervento, comunque autorizzato,
Il 5° Motivo
Dagli atti era emerso che il paziente era consapevole che nella clinica non vi era la sala di rianimazione, in quanto era dipendente proprio della clinica. La Cassazione ritiene questo fatto decisivo, in quanto dimostra come il paziente accettò il rischio e dunque è incidente sulla valutazione della colpa, fatto questo disatteso dai giudici di merito.
Il 6° Motivo
Nella vicenda causale dell’exitus entra in gioco la prestazione sanitaria erogata dall’altro ospedale, ove fu trasferito il paziente, in quanto dalla CTU (e dalla relazione dei CT del PM) era emersa una non sufficiente attenzione nella gestione del percorso clinico, fatto questo che la clinica solleva come causalmente rilevante. La Corte di Cassazione accoglie anche questa doglianza proprio in quanto, evidenziata dalla CTU, rilevava sul piano dell’accertamento del nesso di causa, ma i giudici di merito non se ne fecero carico.
Alcune riflessioni conclusive
Il ruolo del CTU e dei consulenti del PM e dei periti è nuovamente ribadito nella sua pregnanza nell’ambito giuridico/processuale. Se da un lato al Giudice, salvo condizioni specifiche cha abbiamo già avuto modo di discutere su questo sito, non necessita di motivazione nell’accogliere le conclusioni dei suoi ausiliari, dall’altro deve dare ragionevole critica là dove si discosta dal parere formulato. Quindi, non neghiamolo, l’occhiale del giudice è chiamato ad un ruolo di assai delicato ed a volte aver il coraggio di rinunciare ad un incarico in quanto “non pronti” è sinonimo di competenza e responsabilità.
Un altro pensiero che sovviene alla mente riguarda proprio il metodo di valutazione tecnica. Spesso si è tentati di sanzionare una mera violazione di condotta, quale nel caso di specie l’imprudenza, senza però entrare nel merito del nesso causale, valutazione doverosa in difetto della quale si sarebbe obbligati ad una “restituzione” solo in virtù di un giudizio sulla modalità dell’azione eseguita, ma in assenza (o scorretta) analisi del nesso causale con sia con la lesione che con il danno.
Torna ancora alla ribalta il ruolo fondamentale della trasmissione delle informazioni, anche in merito alle dotazioni della struttura, nel rapporto di fiducia tra medico e paziente che è il cardine attraverso cui si “costruisce l’obbligazione”, possiamo così dire, tra creditore e debitore, ma che assurge a dovere bioetico per l’alleanza di cura nella condivisione dei rischi.
PS: a Voi la lettura dell’8° Motivo sulla domanda di regresso.
Qui sotto potete leggere e scaricare l’intera ordinanza della Suprema Corte: