Abstract – Tra il 1989 e il 2015 negli Stati Uniti le indagini genetiche hanno consentito di scagionare tardivamente 329 detenuti. Il dato più rilevante riguarda l’analisi delle evidence sulle quali erano basati i precedenti giudizi, successivamente sconfessati dal DNA: in oltre il 25% dei casi la prova ritenuta “schiacciante” derivava dall’analisi comparativa morfologica di reperti balistici, tracce di pneumatico e, soprattutto, Bite Marks. Eppure, in un sistema di Common Law e Stare Decisis quale quello statunitense, già 30 anni fa, una pronuncia della Corte Suprema su un caso di effetti avversi da farmaci aveva fissato degli stringenti criteri per l’ammissione della prova scientifica nel processo. Ciò nonostante i “criteri di Daubert” non hanno impedito che teorie scientifiche non validate imperversassero nelle aule giudiziarie.
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Daubert vs Merrel Dow Pharma
Nel 1993 la Corte Suprema degli Stati Uniti affrontò un caso inerente i supposti effetti teratogeni del Benedectin, un farmaco antiemetico considerato sicuro in gravidanza. Tuttavia, nel corso degli anni 80-90, numerosi processi erano stati celebrati al riguardo nelle Corti Statunitensi, con pronunce spesso favorevoli alla Merrel Dow Pharmaceuticals.
La casa farmaceutica, infatti, si avvaleva di documentazione redatta da consulenti tecnici atta ad evidenziare come nessuna pubblicazione scientifica di rango evidenziasse una correlazione scientifica tra l’assunzione del farmaco e malformazioni fetali. Per contro, i consulenti dei sig.ri Jason Daubert ed Eric Schuller depositarono studi in vitro, test su animali, analisi farmacologiche e rivalutazioni degli studi pubblicati atte a supportare l’ipotesi di un nesso causale tra assunzione del farmaco e malformazioni. Tali fonti, tuttavia, erano ritenute di rango inferiore a quelle prodotte dalla Casa Farmaceutica.
Il Daubert Standard
La Corte Suprema colse l’occasione per analizzare e definire i criteri di affidabilità della prova scientifica e quindi di ammissibilità di nuove scienze e tecniche scientifiche nelle Aule di Giustizia. Tale pronuncia definì così gli Standard di Daubert, attribuendo al Giudice il ruolo di garante dell’esclusiva ammissione in Aula di sapere scientifico condiviso e consolidato dalla Comunità Scientifica.
Perché ciò avvenga, è necessario che il parere dell’expert witness sia aderente al caso concreto e basato su solide fondamenta scientifiche. Fu inoltre stabilito che, affinché un parere scientifico sia considerato adeguatamente motivato, deve essere supportato da dati tangibili e dimostrabili. Le conclusioni del consulente tecnico possono essere considerate un parere scientifico motivato solo se è possibile dimostrare che gli asserti siano il prodotto di rigore metodologico espressione del metodo scientifico.
Il Rigore Scientifico Secondo Daubert e la Rule 702
La Suprema Corte definì il Rigore Metodologico Scientifico come quel processo di vaglio dell’ipotesi attraverso esperimenti di validazione potenzialmente atti a corroborare o sconfessare la teoria iniziale. Furono in particolare esplicitati dei criteri di qualità del rigore metodologico adottato:
- General acceptance della teoria o della tecnica da parte della Comunità Scientifica di settore;
- Teoria pubblicata e sottoposta a peer review;
- Teoria validabile con test empirici e con tasso di errore conosciuto;
- Teoria derivante da ricerca scientifica indipendente, non funzionale alla formazione della prova per il caso giudiziario in esame.
Nel 2000 lo standard Daubert fu parzialmente modificato e adottato nelle Federal Rules of Evidence (Rule 702). La specifica norma federale indicata dalla regola, adottata integralmente o parzialmente dalle singole giurisdizioni statali USA, fu sottoposta a una modifica nel 2011, con espressione di requisiti ancor più stringenti.
Ne è conseguito che qualsiasi precedente relativo ad ammissione di una prova scientifica in contrasto con lo standard Daubert non possa più rappresentare un pronunciamento valido sul quale basare un nuovo giudizio.
Lo Standard Daubert nella Giurisprudenza Italiana
La Regola 702 ha influenzato anche le decisioni prese nelle Aule di Giustizia italiane.
In tal senso, l’archetipo di pronunciamento della Cassazione orientato al Daubert Standard è stato individuato nella sentenza Cozzini (Cassazione Penale sez. IV, N. 43786/2010) con la quale si è cercato di tracciare criteri rigorosi di discernimento tra Good Science e Bad Science. Il caso verteva in particolare sull’ipotesi di un effetto acceleratore dell’esposizione reiterata all’amianto sull’evoluzione del mesotelioma pleurico.
I criteri di Daubert, peraltro, ben si attagliano ai requisiti di gravità, precisione e concordanza stabiliti dal codice di procedura italiano (art.192).
Ed infatti, ampi parallelismi – più o meno espliciti – allo standard Daubert sono rintracciabili nelle aspre dissertazioni giuridiche sull’ammissibilità processuale delle “nuove tecniche scientifiche” che hanno caratterizzato i principali (per interesse di opinione pubblica ma non solo) casi di cronaca dell’ultimo ventennio. Si pensi all’utilizzo della Blood Pattern Analysis nel “caso Cogne“; le risultanze delle indagini genetiche sul coltello da cucina e sul gancetto del reggiseno nel “Delitto di Perugia“; le valutazioni sulle tracce ematiche e il percorso fatto da Alberto Stasi nel “Delitto di Garlasco”; l’utilizzo dei Predictive DNA Markers nelle indagini conseguenti all’omicidio di Yara Gambirasio.
Per approfondire l’argomento, si rimanda all’Autorevole contributo della Prof.ssa Conti pubblicato su Simlaweb (LINK).
Post Daubert Forensic Sciences
Nel frattempo, la Letteratura Scientifica statunitense si è interrogata a più riprese sulla rispondenza agli Standard Daubert di Scienze Forensi la cui ammissibilità nel processo era già consolidata all’epoca della riformulazione della Rule 702.
Ciò che è emerso è che nel campo delle Scienze Forensi vi fosse un ricorso sempre meno rigoroso alla ricerca empirica. Di talchè, nel corso dei decenni erano assurte a rango di “evidenze scientifiche infallibili” tecniche di analisi che mancavano di adeguato processo di validazione della teoria di base e delle specifiche applicazioni.
Ecco allora, nel 2006 il Congresso USA diede mandato alla National Academy of Sciences (NAS) di analizzare affidabilità e rigorismo metodologico adottato nelle Scienze Forensi. Le conclusioni cui giunse il NAS nel 2009 furono tutt’altro che rassicuranti. “Molte discipline afferenti alle Scienze Forensi sono basate su una insoddisfacente ricerca sistematica di validazione delle basi teoriche e delle tecniche adottate“.
Tra queste erano annoverate: identificazione delle armi da fuoco, analisi della grafia, comparazione di capelli, analisi dei Bite Marks.
Bite Marks Analysis
L’analisi della morfologia delle lesioni da morso su oggetti inanimati o su tegumenti umani ha fatto il suo esordio nelle Aule di Giustizia americane negli anni 50 del secolo scorso. Nel corso degli anni, si è via via consolidato l’apodittico assunto secondo il quale la Bite Marks Analysis (BMA), basandosi su comuni basi teoriche con l’identificazione odontoiatrica di cadavere, potesse condividerne affidabilità e certezza di risultati.
La fallacità di tale analogia, tuttavia, risiede in tre grossolani errori di valutazione:
- A differenza dell’identificazione dentale di cadavere, una lesione da morso offre a considerare mediamente gli effetti lesivi dei profili superiori di incisivi e canini e non già le peculiari caratteristiche morfologiche delle cinque superfici anatomiche di 32 elementi dentali. Inoltre i BM non consentono di valutare gli artefatti altamente caratterizzanti di eventuali interventi odontoiatrici;
- La malleabilità ed elasticità cutanea e le reazioni flogistiche e rimarginative del tessuto traumatizzato alterano l’esatta corrispondenza tra profilo dentale e pattern lesivo, causando distorsione delle lesioni;
- Ulteriore fattore di distorsione ed incertezza è rappresentato dal movimento reciproco tra vittima ed aggressore.
Le Basi Teoriche della Bite Marks Analysis (BMA)
L’assenza di una rigorosa ricerca scientifica inerente le basi teoriche della identificazione attraverso BMA ha fatto sì che tali criticità siano state trascurate e che la BMA sia stata elevata a rango di scienza forense esatta.
Negli ultimi 15 anni, tuttavia, un tentativo di validazione scientifica della tecnica analitica è stato affrontato nella Letteratura di settore. In particolare, la Dott.ssa Mary Bush e colleghi del Laboratorio di Forensic Odontology della University of Buffalo hanno pubblicato decine di articoli su modelli empirici di BM ed analisi statistiche sulla variabilità delle discriminanti dentali nella popolazione (LINK).
I risultati hanno evidenziato come l’utilizzo della BMA a scopi forensi sia basato su esperienze aneddotiche, statistiche inappropriate e abbia acquisito autorevolezza solo in ragione di pregresse pronunce di ammissibilità da parte delle Corti Federali statunitensi (LINK).
Il Parere dell’American Board of Forensic Odontology (ABFO)
Ciò nonostante, l’ABFO ha osteggiato tali pubblicazioni, difendendo strenuamente la BMA quale tecnica forense affidabile. Per consolidare tale posizione, la ABFO nel 2015 ha presentato i risultati di uno studio condotto attraverso l’esame di 100 fotografie di BM da parte di 39 Odontoiatri Forensi esperti in BMA (LINK).
A ciascun esperto e per ciascun caso era stato chiesto:
- Nella foto esaminata, vi sono sufficienti elementi di valutazione per stabilire se la lesione figurata sia coerente con un morso umano?
- Le lesioni sono da morso umano, morso non umano o non sono affatto BM?
- La lesione esaminata riporta caratteristiche della forma dell’arco dentale o dei profili dentali che possono essere ritenute individualizzanti?
Ebbene, i 39 esperti espressero parere unanime alle 3 domande in soli 4 casi su 100 ed in soli 20 casi su 100 la concordanza delle risposte era superiore al 90%.
Nel 2018, l’ABFO ha aggiornato le proprie Linee Guida per la documentazione e valutazione dei Bite Mark. L’aderenza degli Odontoiatri Forensi alle Linee Guida, tuttavia non è mai stata verificata ufficialmente.
Nelle more la Texas Commission of Forensic Science è stata la prima Agenzia Governativa USA a dichiarare, nel 2016, che “La BMA non soddisfa gli standard necessari per essere riconosciuta una Scienza Forense“, ordinando una sospensione temporanea dell’utilizzo della BMA quale elemento di prova nello Stato.
Il Report del NIST
A Marzo 2023 il National Institute of Standards and Technology (NIST), agenzia governativa USA, ha pubblicato un documento che rappresenta l’evoluzione di precedenti analisi condotte dal National Institute of Justice e dal Center for Statistics and Applications in Forensic Evidence, integrate con una sistematica ricerca ed analisi delle fonti scientifiche bibliografiche.
Una bozza delle conclusioni era stata anticipata ad Ottobre 2022 al fine di consentire agli stakeholder ed alla popolazione di esprimere considerazioni e commenti.
Le Conclusioni
Le conclusioni cui è giunto il documento definitivo sono compendiabili in 7 Key Points:
(Clicca qui per scaricare il documento integrale del NIST)
- La base teorica della BMA non è sufficientemente dimostrata in quanto mancano dati che supportino le premesse chiave della disciplina. In particolare: a) non è dimostrato che le caratteristiche morfologiche della porzione anteriore dell’arcata dentale siano individualizzanti; b) tali caratteristiche sono trasferite a livello cutaneo con distorsioni; c) non è dimostrato che le peculiari caratteristiche del pattern lesivo possano essere analizzate accuratamente per confermare od escludere un’ipotesi identificativa.
- Le lesioni da morso riproducono tipicamente solo i profili della porzione anteriore dell’arcata dentale, limitando il numero di informazioni utilizzabili per la BMA.
- Vi è carenza di studi di popolazione relativi a frequenza, caratteristiche identificative e parametri metrici che consentano di suffragare l’ipotesi che i pattern lesivi prodotti dall’arcata dentale anteriore possano essere individualizzanti.
- Il trasferimento delle caratteristiche dentali sui tegumenti è limitato dalla distorsione causato dall’elasticità cutanea, disomogeneità delle superfici di contatto, anatomia della regione corporea attinta, movimento reciproco di vittima ed aggressore.
- Comparazioni di lesioni da morso prodotte dallo stesso individuo dimostrano un grado non trascurabile di variazione intraindividuale nella morfologia dei BM.
- La ricerca condotta su modelli cadaverici rappresenta un modello empirico in condizioni altamente controllate e pertanto potrebbe sovrastimare l’accuratezza della metodologia analitica.
- Non vi è concordanza nell’interpretazione delle lesioni da morso tra esperti certificati in BMA. Tale discordanza riguarda anche l’univoca attribuzione di una lesione ad effetto di morso. FONTI (LINK 1, LINK 2).
L’analisi dei Bite Marks è stata protagonista in passato anche delle cronache giudiziarie italiane, nel caso del “Delitto di Via Poma”. Nella sentenza consultabile al LINK sono riportati ampi estratti delle controversie relative alla interpretazione delle presunte lesioni da morso riscontrate sul corpo di Simonetta Cesaroni.
Il presente articolo vuole fungere da spunto di riflessione sulla necessità di una ponderata consapevolezza dei limiti dei pareri tecnici espressi in qualità di consulenti. Indipendentemente dal ruolo assunto (CTPM, CTP, Perito), le relazioni tecniche dovrebbero rifuggire l’autoreferenzialità, illustrare le fondamenta scientifiche delle deduzioni offerte, annoverare i più recenti studi di validazione delle metodiche utilizzate; le conclusioni, in risposta ai quesiti, dovrebbero essere espresse in termini probabilistici, per evitare, come Grandi Maestri (LINK) ci hanno insegnato, che “pareri privi del carattere di certezza (o di assai elevata probabilità) siano indebitamente trasformati in “verità” processuali“.
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