Abstract
Vi segnaliamo una non recentissima ma interessante ordinanza della Corte di Cassazione Civile Sezione III che ci porta una nuova interpretazione sulla discussa tematica del danno differenziale segno evidente che una certa confusione regna ancora sull’argomento anche in ambiti giuridici di grado più che elevato.
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Dopo la sentenza n. 28986 del 11/11/2019 (GUARDA LA SENTENZA NEL FORMATO PDF) sembrava, almeno in ambito giuridico, esservi un orientamento tracciato sul tema del cosiddetto danno differenziale incrementativo.
Non sembra però essere così.
Vi presentiamo, infatti, questa interessante (o singolare, se preferite) ordinanza della Corte di Cassazione Sezione III Civile (n. 11112 del 10-6-2020 presidente Armano relatore Dell’Utri). In un contesto decisionale riguardo ad un caso di responsabilità medica incentrato specificatamente problematiche relative all’informazione e al consenso alle prestazioni terapeutiche, si discute, in un breve ma significativo tratto dello scritto, della questione del cosiddetto danno differenziale incrementativo.
ECCO COME SI ESPRIME LA CASSAZIONE SUL PUNTO
“[…] al riguardo, è incidentalmente appena il caso di rilevare come, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (diversamente da quanto operato dal giudice a quo nel caso si specie) la liquidazione del c.d. danno differenziale (ossia l’effettivo e concreto danno alla salute subito da chi fosse già stato affetto, al momento dell’illecito, da una preesistenza invalidante) va operata stimando, prima, in punti percentuali, l’invalidità complessiva (risultante cioè dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall’illecito) e, poi, quella preesistente all’illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro, con la precisazione che in tutti quei casi in cui le patologie pregresse non impedivano al danneggiato di condurre una vita normale, lo stato di validità anteriore al sinistro dovrà essere considerato pari al cento per cento; procedendo infine a sottrarre dal valore monetario dell’invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente, fermo restando l’esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa secondo la c.d. equità giudiziale correttiva od integrativa, ove lo impongano le circostanze del caso concreto (v., da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 28986 del 11/11/2019, Rv. 656174 – 02)”.
È evidente che, nel caso di specie, non si fa cenno alcuno a menomazioni concorrenti preesistenti ma semplicemente ad un condizione pregressa che dovrebbe essere tenuta in conto purché non impedenti al danneggiato di condurre una vita normale. Se, benché menomato, il danneggiato quindi conduceva “una vita normale”, indipendentemente da qualsiasi altra valutazione, “lo stato di validità anteriore al sinistro dovrà essere considerato pari al cento per cento”.
È evidente che qualcosa non torna perché il computo differenziale / incrementativo si dovrebbe introdurre in ogni condizione di danno in cui la situazione preesistente sia gravata da una condizione invalidante importante ad esempio in un grave cardiopatico che subisca un colpo di frusta (si passerebbe dal 30 al 31 % con il punto percentuale invalidante riconducibile al colpo di frusta da calcolarsi con i valori monetari compresi tra il 30 e il 31 %).
Per non parlare del concetto di “vita normale” che oltre che di una vaghezza non superabile non è certo rappresentabile secondo un criterio medico-legale.
Lasciamo ai lettori ogni considerazione in merito ma la segnalazione di questa ordinanza è degna di nota perché è spia di incertezze e di scarsa aderenza alla realtà clinica da parte dei giuristi che si cimentano sul tema del danno differenziale – incrementativo, che, finché non avrà trovato una corretta delimitazione metodologica da parte nostra, sarà sempre terreno di scorribande interpretative che contribuiscono senz’altro a ridurre l’equità dei giudizi su questo delicato terreno.
Qui sotto potete scaricare l’ordinanza in forma completa.
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