Abstract
Ancora una volta la Cassazione ribadisce le modalità di valutazione e liquidazione del cosiddetto “danno differenziale”. Ce lo segnala un nostro abituale collaboratore l’Avv. Ettore Gorini del foro di Bari.
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Con Ordinanza n. 28327 del 29 settembre 2022, la Suprema Corte (Sezione VI Civile, Presidente Cirillo, Relatore Iannello) ha, nuovamente, affrontato il tema del risarcimento del danno differenziale da invalidità permanente.
La questione trattata dal Collegio di legittimità riguarda l’errato trattamento di una frattura biossea della gamba sinistra riportata da un giocatore di calcetto nel corso di una partita amatoriale.
Il Tribunale aveva riconosciuto il diritto al ristoro del danno biologico da invalidità permanente nella misura di euro 56.598,00, a fronte di una percentuale di invalidità del 17% considerata la percentuale complessiva del 25% e quella dell’8% ascritta ai postumi permanenti che comunque sarebbero residuati a seguito dell’infortunio.
L’appello, interposto dall’attore che si doleva della errata quantificazione del danno, veniva respinto.
Seguiva il ricorso in Cassazione, giudizio nel quale la Azienda Sanitaria Locale non spiegava difese.
La Suprema Corte ha dato continuità ai principi di Cass. 11/11/2019, n. 28986 (e da ultimo ribaditi da Cass. 21/08/2020, n. 17555; 06/05/2021, n. 12052; 27/09/2021, n. 26117), secondo cui “in tema di risarcimento del danno alla salute, la preesistenza della malattia in capo al danneggiato costituisce una concausa naturale dell’evento di danno ed il concorso del fatto umano la rende irrilevante in virtù del precetto dell’equivalenza causale dettato dall’art. 41 c.p., sicché di essa non dovrà tenersi conto nella determinazione del grado di invalidità permanente e nella liquidazione del danno. Può costituire concausa dell’evento di danno anche la preesistente menomazione, vuoi “coesistente” vuoi “concorrente” rispetto al maggior danno causato dall’illecito, assumendo rilievo sul piano della causalità giuridica ai sensi dell’art. 1223 c.c.”.
E, dunque, “In tema di liquidazione del danno alla salute, l’apprezzamento delle menomazioni policrone “concorrenti” in capo al danneggiato rispetto al maggior danno causato dall’illecito va compiuto stimando, prima, in punti percentuali, l’invalidità complessiva, risultante cioè dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall’illecito e poi quella preesistente all’illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro, con la precisazione che in tutti quei casi in cui le patologie pregresse che in tutti quei casi in cui le patologie pregresse non impedivano al danneggiato di condurre una vita normale lo stato di “validità” anteriore al sinistro dovrà essere considerato pari al cento per cento; procedendo infine a sottrarre dal valore monetario dell’invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente, fermo restando l’esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa secondo la cd. equità giudiziale correttiva od integrativa, ove lo impongano le circostanze del caso concreto”.
Va detto che sull’argomento sono molteplici le pronunce di merito conformi all’arresto interpretativo da ultimo riportato, in linea con quanto sancito dalla Cassazione nella sentenza n. 6341/2014, secondo la quale: “In tema di responsabilità medica, allorché un paziente, già affetto da una situazione di compromissione dell’integrità fisica, sia sottoposto ad un intervento che, per la sua cattiva esecuzione, determini un esito di compromissione ulteriore rispetto alla percentuale che sarebbe comunque residuata anche in caso di ottimale esecuzione dell’intervento stesso, ai fini della liquidazione del danno con il sistema tabellare, deve assumersi come percentuale di invalidità quella effettivamente risultante, alla quale va sottratto quanto monetariamente indicato in tabella per la percentuale di invalidità comunque ineliminabile, e perciò non riconducibile alla responsabilità del sanitario”.
Ecco, dunque, che ai fini della liquidazione con il sistema tabellare e alla luce del principio stabilito dalla Cassazione, l’ammontare del danno effettivamente riconducibile alla responsabilità dei sanitari, non corrisponde al punto risultante dalla differenza tra le due percentuali ma va stabilito operando la differenza tra il montante risarcitorio contemplato dal sistema tabellare milanese per l’invalidità di cui è portatore il danneggiato e quello corrispondente all’invalidità ineliminabile e normalmente risultante dall’operazione chirurgica, in termini Corte d’Appello di Venezia, n. 2275 del 16 ottobre 2017, ancora, più risalente, Tribunale di Rimini, n. 1418 del 19 novembre 2016, recentissime, invece, Corte d’Appello di Perugia, n. 341 del 13 luglio 2022, Tribunale di Livorno n. 206 del 7 marzo 2022, quest’ultima in un caso di infezione nosocomiale, Tribunale di Napoli, n. 1353 dell’8 febbraio 2022.
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