Abstract
Interessante sentenza della Cassazione Penale in ambito di responsabilità medica. Non solo produrre la morte è punibile ma anche impedire l’allungamento della sopravvivenza pur di fronte ad una malattia a prognosi infausta.
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Vi segnaliamo un’interessante sentenza della IV Sezione della Cassazione Penale. Si tratta della n. 5800 del 26/01/2021 (Presidente Menichetti, relatore Consigliere Tanga).
La Corte affrontava un caso di responsabilità professionale relativo ad un paziente affetto da carcinoma pancreatico. Gli imputati erano un anatomo patologo e un gastroenterologo. Il primo, sui prelievi ottenuti nel corso di un accertamento endoscopico, non aveva individuato la neoplasia pancreatica in quanto aveva erroneamente esaminato non un frammento della ghiandola ma di mucosa duodenale. Il secondo, prendeva atto soltanto della diagnosi “negativa” dell’anatomo-patologo, ma dimetteva il paziente con una diagnosi di neoformazione istmo pancreatica di 2,3 cm con dilatazione del Wirsung. La diagnosi “vera” con i susseguenti inutili provvedimenti terapeutici era poi avvenuta a distanza di sei mesi.
La Corte territoriale aveva assolto entrambi i medici ritenendo non dimostrato con sufficiente certezza il nesso causale citando soprattutto quanto asserito dal CT della parte civile, che aveva sostenuto che, in ambito civilistico, si trattava di una mera “perdita di chance” e che la letteratura internazionale sosteneva che in pazienti con tumori pancreatici delle dimensioni di 2 cm la sopravvivenza a 5 anni raggiungeva il 60 % dei casi.
Avverso a tale sentenza, proponevano immediato ricorso in Cassazione, sia il Procuratore della Repubblica che la Parte Civile.
Il ricorso veniva accolto dalla Cassazione che sosteneva che in tema di nesso causale nei reati omissivi impropri, non può̀ escludersi la responsabilità̀ del medico il quale colposamente non si attivi e contribuisca con il proprio errore diagnostico a che il paziente venga conoscenza di una malattia tumorale laddove, nel giudizio controfattuale, vi è l’alta probabilità̀ logica che il ricorso ad altri rimedi terapeutici, o all’intervento chirurgico, avrebbe determinato un allungamento della vita, che è un bene giuridicamente rilevante anche se temporalmente non molto esteso.
Qui potete leggere e scaricare la sentenza.
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Il tema è assolutamente interessante soprattutto quando si fa sempre più strada, in ambito civilistico ma con ricadute anche in sede penale come in questo caso, il concetto di perdita di chance che a volte sembra collidere con quello di nesso causale quasi a significare che ve ne siano di due tipi tanto che alcuni, erroneamente, parlano di “nesso pieno” quando in realtà la correlazione eziologica esiste o per la morte o per la perdita di chance. Questa, di conseguenza, viene, spesso, nella pratica professionale, vista come un’alternativa mentre, nella realtà giuridica, anche se non scientifica, ci si trova di fronte a due fattispecie completamente differenti e non una fattispecie primaria o secondaria.
Il dibattito, sul tema, naturalmente, rimane sempre aperto.
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Vedi anche: Perdita di chance: il nesso causale è sempre fondamentale