In una recente sentenza (5487 del 26/2/19 Presidente Frasca, relatore Guizzi) la Cassazione Sezione III Civile ribadisce un concetto estremamente importante in ambito medico-legale.
Nella maggior parte dei casi, in ambito di valutazione di profili di responsabilità medica, la CTU è “di norma “consulenza percipiente” a causa delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie, non solo per la comprensione dei fatti, ma per la rilevabilità stessa dei fatti, i quali, anche solo per essere individuati, necessitano di specifiche cognizioni e/o strumentazioni tecniche; atteso che, proprio gli accertamenti in sede di consulenza offrono al giudice il quadro dei fattori causali entro il quale far operare la regola probatoria della certezza probabilistica per la ricostruzione del nesso causale“.
E’ del tutto ovvio che, a fronte di tali profili decisionali, espressi nella più alta sede giuridica, l’importanza del lavoro in questo ambito del “Consulente medico-legale” assume un rilievo decisivo.
Da un lato, infatti, fortifica la posizione della disciplina medicina-legale nella sua funzione di dirigenza e controllo delle operazioni peritali e della redazione della relazione.
Dall’altro, però, aumenta la nostra responsabilità di natura etica e tecnica nello svolgimento del difficile compito a cui si è chiamati.
Si sottolinea, in più, l’interesse del caso che, ancora una volta, si esprime nell’ambito della questione relativa alla “vicinanza della prova” e al profilo della “responsabilità contrattuale” dell’ente ospedaliero coinvolto.
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