Abstract – La Cassazione entra in un tema di particolare interesse in quanto frequente discussione in ambito di CTU medico-legale in tema di valutazione del danno nonché in sede di successivo contenzioso: vanno risarcite le spese mediche sostenute da un danneggiato che avrebbe potuto usufruire delle stesse cure da parte del SSN? La Cassazione dice: sì.
. . . .
La Cassazione ci informa su un tema spesso negletto dalla Giurisprudenza ma di grande rilevanza nell’ambito del dibattito delle parti in sede di CTU medico-legale. Ovvero: il danneggiato ha diritto di ricorrere a interventi di natura sanitaria in forma “privatistica” e, quindi, non utilizzando le strutture del SSN venendone poi risarcito. Con la sentenza 29308/23 (Presidente Frasca, relatore Guizzi) la Suprema Corte (Terza Sezione Civile) del 23/10/2023 ci fornisce delle risposte che appaiono francamente univoche.
La vicenda processuale
Il fatto di cui si occupano gli ermellini è piuttosto complesso. Si tratta di un giovane, all’epoca del sinistro ancora minorenne, che riportava gravi lesioni a carico degli arti inferiori.
In primo grado il Giudice accoglieva solo parzialmente le richieste risarcitorie di parte attrice che ricorreva in appello lamentando, oltre alla insufficiente quantificazione del danno non patrimoniale (esistenziale e morale), il mancato riconoscimento di un danno sulla capacità lavorativa specifica e da perdita di chance di intraprendere la carriera professionale del padre (ingegnere su piattaforme petrolifere), anche il mancato riconoscimento delle spese mediche sostenute.
Il Giudice d’Appello, però, riconfermava appieno la sentenza del Giudice di prime cure.
Le deduzioni della Cassazione sul punto
Tutte le richieste di parte ricorrente con articolate motivazioni venivano respinte dagli ermellini, salvo quelle relative al riconoscimento delle spese mediche.
Parte ricorrente, sul punto, aveva così argomentato le sue richieste secondo la ricostruzione operata dalla Cassazione:
“Si censura la sentenza impugnata per aver confermato la liquidazione delle spese mediche, già disposto dal primo giudice, solo nella misura di euro 10.634,74. Decisione, in particolare assunta avendo riguardo non al costo effettivo delle prestazioni terapeutiche riabilitative fruite dal danneggiato presso le strutture private a cui si rivolse, bensì al (minore) esborso che costui avrebbe, invece, affrontato ove si fosse indirizzato verso strutture pubbliche e ciò sul presupposto che fu una sua scelta personale quella di affidarsi ad un servizio privato piuttosto che al sistema sanitario nazionale. Si fatta conclusioni tuttavia sarebbero in contrasto con quanto ritenuto da questa corte, secondo cui la sussistenza di un obbligo di rivolgersi a struttura sanitaria pubblica anziché privata risulta invero priva di base normativa illogica avuto riguardo alla prospettata relativa valutazione ai sensi dell’articolo 1227 codice civile”.
Vale la pena qui di citare in modo integrale le parole dei Supremi Giudici sul punto ove si accoglie la richiesta di parte attrice:
“Questa corte… ha affermato che l’obbligo di rivolgersi a struttura sanitaria pubblica anziché privata risulta invero priva di base normativa e logica avuto riguardo alla prospettata relativa valutazione ai sensi dell’articolo 1227 codice civile (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 28 febbraio 2019, n. 5801, nn massimata; spunti anche in Cass. Sez. 6-3, ord. 13, dicembre 2021, n. 39504, anch’essa non massimata), e ciò anche in considerazione del fatto che l’applicazione del comma due di tale articolo è stata persino esclusa con riferimento all’ipotesi di spese mediche sostenute all’estero (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 27 ottobre 2015, n. 21782, Rv. 637550-01). La sentenza impugnata, pertanto, merita censure nella parte in cui istituisce una sorta di automatismo, in relazione alla domanda di rimborso delle spese mediche, te la scelta di rivolgersi ad una struttura privata e l’applicazione dell’articolo 1227 codice civile”.
Così infine conclude la Suprema Corte:
“La sentenza impugnata, pertanto, va cassata in relazione rinviando alla corte d’appello di Milano in diverse sezioni composizione per la decisione sul merito… Alla stregua del seguente principio di diritto: la scelta di chi abbia subito danni alla persona di rivolgersi a una struttura sanitaria privata, in luogo di quella pubblica, non può automaticamente essere considerata, in relazione alla domanda di rimborso delle relative spese mediche, ragione di applicazione a carico del danneggiato dell’articolo 1227, secondo comma, codice civile“.
Qui sotto potete leggere e scaricare la sentenza in forma completa
Viene da chiedersi, a questo punto, se abbia senso da parte del Giudice formulare al CTU, come da più parti si usa fare, il quesito se le cure a cui si sottopose ill danneggiato potevano essere o meno erogate presso strutture pubbliche a meno di argomentazioni del tutto particolari che dovrebbero però essere allegate dai resistenti.
VUOI APPROFONDIRE QUESTO ARGOMENTO?
LEGGI ANCHE: Capitalizzazione anticipata rendita: le tabelle di Milano