Abstract
Un interessante articolo di revisione sistematica della letteratura conferma che l’applicazione di costrizione, come avviene frequentemente nei soggetti in stato di agitazione psicomotoria sottoposti ad arresti in operazioni di polizia, conduce alla morte.
INDICE ARGOMENTI
1. ExDS e sue caratteristiche
2. Il caso George Floyd
. . . .
È stato recentemente pubblicato sulla rivista Forensic Science, Medicine and Pathology, un interessante articolo di cui vi forniamo le referenze: Ellen M. F. Strömmer & Wendy Leith & Maurice P. Zeegers & Michael D. Freeman “The role of restraint in fatal excited delirium: a research synthesis and pooled analysis” Forensic Science, Medicine and Pathology.
Gli autori olandesi, dell’Università di Maastricht, si sono interessati di una particolare fenomenolegia clinica l’Excited delirium syndrome (ExDS) anche conosciuto come “agitated delirium” o “agitated delirium syndrome” (AgDS). I due termini, sostanzialmente sovrapponibili, anche se in ambito patologico forense la letteratura fa riferimento ai soli casi di ExDS (ovviamente tutti fatali) mentre nell’ambito clinico sono usati entrambi.
ExDS e sue caratteristiche
L’ExDS, come spiegano gli autori, è caratterizzato, clinicamente:
“da uno stato, potenzialmente fatale di estrema agitazione e delirio, spesso combinato con comportamento aggressivo, tolleranza al dolore, estrema forza fisica, resistenza e ipertermia. La presentazione tipica di un individuo con diagnosi di ExDS è un uomo sulla trentina, che:
1. è morto mentre era in uno stato di agitazione e delirio,
2. aveva una storia di abuso di droghe o malattia mentale,
3. ha usato recentemente un farmaco stimolante come la metanfetamina o la cocaina,
4. é fisicamente costretto al momento della morte, più comunemente dal personale delle forze di polizia”.
Il caso George Floyd
L’articolo affronta quindi una casistica che si è osservata anche in Italia in alcuni casi giudiziari che interessavano agenti delle Forze dell’Ordine e che potrebbe anche riferirsi anche alla morte di George Floyd, il cui decesso durante un arresto ove un poliziotto di Minneapolis (Derek Chauvin) costrinse il suo collo per alcuni minuti, scatenò, come tutti sanno poi, le reazioni della comunità nera americana con proteste e disordini.
Le notizie fornite dalla stampa americana sui risultati dell’autopsia di George Floyd eseguita dai patologi forensi degli Uffici del Medical Examiner della Contea di Hennepin in Minnesota, esclusero il rinvenimento di reperti riconducibili ad una soffocazione esterna (altri reperti patologici sarebbero stati relativi ad una cardiopatia ipertensiva ed ad una coronarosclerosi) anche se gli esami tossicologici dimostrarono la presenza nei liquidi biologici del deceduto, di fentanyl in elevate concentrazioni e di metamfetamina il che potrebbe far pensare anche ad un caso di ExDS. Al contrario, l’autopsia cosiddetta “indipendente” condotta per conto dei familiari, concluse che il decesso di Floyd era dovuto, principalmente, ad una “soffocazione” in relazione soprattutto al prolungato lasso di tempo in cui il collo di Floyd venne mantenuto sotto il ginocchio del poliziotto (più di 8 minuti). Del collegio di patologi forensi che seguirono l’autopsia per conto della famiglia di Floyd, faceva parte uno dei più famosi medici legali americani Michael Baden, già Capo dell’Ufficio del Medical Examiner di New York, ex Vice Presidente dell’American Accademy of Forensic Science e Presidente della Commissione d’Inchiesta promossa dalla Camera dei rappresentanti americana sulla morte di J- F. Kennedy nonché nominato in casi autoptici di famosi personaggi: dall’esumazioni dello zar e dei suoi familiari uccisi durante la rivoluzione russa, alla vicenda di O J Simpson, di John Belushi, del produttore discografico Phil Spector e più recentemente del campione di basket Kobe Bryant. (qui trovate la biografia del Dott. Baden).
Ritornando all’articolo che vi segnaliamo, i dati di letteratura consultata, che si riferiscono a casistiche piuttosto estese, dimostrerebbero l’associazione tra le forme di contenzione utilizzate spesso dalle forze di polizia in soggetti in condizioni di ExDS (porsi violentemente sul corpo del soggetto per immobilizzarlo con manette o con altre forme di strumenti atti a rattenere un soggetto) e la susseguente morte degli stessi nel tentativo di arresto.
Gli autori, sulla base di questo studio, giungono ad affermare che quanto si pensava in passato ovvero che l’ExDS era legata a un processo fisiopatologico occulto, non risulta scientificamente comprovato. Al contrario, non ci sarebbero prove a sostegno dell’ExDS come causa di morte in assenza di contenzione e che, di conseguenza, “l’asfissia correlata alla contenzione deve essere considerata una probabile causa della morte”.
È ovvio che un simile giudizio, di carattere puramente scientifico, non è da correlarsi ad un’espressione di condanna giuridica sotto il profilo della commissione di un reato di qualsiasi intervento di polizia su soggetti di questo tipo.
È certo, però, che, oltre ad aiutare i patologi forensi ad arrivare a conclusioni diagnostiche più precise in casi come quelli segnalati dall’articolo, pone il problema della corretta metodologia, di non certo facile applicazione, atta a bloccare, da parte degli agenti di polizia, soggetti che si presentano in stato di agitazione psico-motoria.
Riportiamo qui di seguito il link dove trovare l’articolo:
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