Abstract
Il Dott. Enrico Pedoja, Segretario del SISMLA e della SMLT nonché membro del Consiglio Direttivo SIMLA ci fa giungere questo articolo in cui esaminando le valutazioni medico-legali di quasi 3000 CTU eseguite per conto dei Tribunali del Triveneto sottolinea la discrepanza tecnica medico legale tra percentuale di invalidità permanente biologica accertata ed automatismo liquidativo della “sofferenza media lesione/menomazione correlata”, integrante le tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano e di Roma offrendo un contributo al dibattito aperto sulla valutazione medico-legale e la liquidazione della “sofferenza” del danneggiato.
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Casistica Valutativa tecnica medico legale
Con l’avvento del “danno non patrimoniale” come sancito dalle Sentenze di Cassazione delle Sezioni Unite del 2008, si è venuta ad affermare la necessità di ricomprendere in un unico ambito tutte le componenti del danno alla persona di interesse non patrimoniale, nel rispetto dei principi di unitarietà e di integralità dello stesso.
La Giurisprudenza ha autonomamente affrontato ed approfondito numerosi aspetti di tale nuovo concetto di danno unitario alla persona, connessi a varie ipotesi di lesione di diritti costituzionalmente tutelati (che in gran parte esulano dalle specifiche competenze tecniche medico legali), affrontando, tuttavia – in tema di “lesioni del diritto alla salute” – interpretazioni Giuridiche su componenti del danno che, negli ultimi anni, sono divenute di pertinenza scientifica medico legale, proprio in relazione alla sopravvenuta necessità di fornire parametri tecnici dettagliati e motivati ai fini di una integrale determinazione delle poste di danno biologico, quale presupposto base del danno alla persona “ non patrimoniale”.
Ripercorrendo brevemente l’evoluzione Giuridica del risarcimento successiva all’emanazione delle citate Sentenze della Cassazione, va ricordato che l’Osservatorio del Tribunale di Milano, onde sopperire nel 2009 alla necessità di un adeguamento “risarcitorio” del danno non patrimoniale, come tale comprensivo sia della IP biologica, sia del “danno morale”, quale sofferenza “intrinsecamente connessa alla lesione/menomazione accertata ”, in mancanza di un adeguato supporto interpretativo medico legale, ha elaborato una tabella di liquidazione, tuttora in vigore, che prevede un incremento automatico dei parametri di liquidazione della componente “sofferenza morale ”, al variare dell’incremento di IP biologica riconosciuta dal medico legale: definita in tabella come “personalizzazione”.
Le Tabelle, pur non avendo incontrato un’unanime condivisione in ambito applicativo giudiziario, dal 2013 sono comunque diventate – a seguito di Ordinanza della Cassazione Civile n134 del 4/1/2013 – riferimento Nazionale.
Tuttavia, già dagli stessi anni 2009 – 2010, è iniziata, nell’ambito specialistico medico legale, una riflessione sul nuovo concetto di “danno biologico”, quale parametro tecnico di base del danno non patrimoniale: ciò in relazione alle problematiche interpretative relative all’effettiva valenza dell’automatismo liquidativo del cosiddetto “danno morale” rispetto ad una determinata invalidità permanente biologica accertata in sede medico legale.
Proprio il nuovo presupposto di “unitarietà” del danno alla persona ha imposto la necessità “tecnica” di distinguere l’aspetto “quantitativo” della componente menomativa rispetto all’apprezzamento “qualitativo” della componente “sofferenza correlata”, essendo basata, quest’ultima, su presupposti valutativi differenti da quelli di sola “disfunzionalità anatomica”, presenti in qualsiasi baremes medico legale: con ciò superando necessariamente la precedente generica definizione medico legale di danno biologico in quanto, in entrambi i casi, autonome componenti suscettibili di accertamento tecnico medico legale.
Sulla scorta di tale “evoluzione valutativa” tecnica medico legale, condivisa in ambito specialistico professionale del Veneto e del Friuli , nel contesto della Società Medico legale Triveneta e come tale recentemente inserita nel contesto di studio SIMLA (Statement SIMLA 3.maggio 2018: “Accertamento e valutazione medico legale della Sofferenza morale”) in tema di valutazione ed accertamento della sofferenza correlata), posto l’interesse applicativo riscontrato in ambito forense, già da alcuni anni in numerose Sezioni di Tribunale e di Giudici di Pace del Veneto e Friuli, in occasione di vertenze civilistiche in materia di risarcimento del danno alla persona, è stato inserito uno specifico quesito istruttorio di CTU relativo alla definizione dei livelli della componente “sofferenza correlata alle lesioni e alla menomazione accertate in sede medico legale “ (come tale oggetto di contraddittorio tecnico tra le Parti), talora su istanza degli stessi Patrocinatori Legali.
I parametri tecnici che sono stati utilizzati con criterio presuntivo per la valutazione della “sofferenza correlata” nella fase di lesione (e sua evoluzione) sono rappresentati dal dolore fisico della lesione , dall’entità dell’aggressione terapeutica e dall’allontanamento dai comuni piaceri della vita.
Quelli che sono stati utilizzati nella fase di menomazione sono rappresentati dal dolore fisico cronico, dall’interferenza della menomazione sulle comuni condizioni esistenziali quotidiane e dal grado presuntivo di percezione da parte del danneggiato della modifica peggiorativa della propria integrità ed identità biologica, in relazione al disvalore funzionale venutosi a determinare.
Parametri già condivisi nel contesto medicolegale Triveneto ed in linea coi principi di riferimento espressi dalla Simla nel citato Statement del 3 maggio 2018 che rapporta la sofferenza al grado di “disagio-dolore -degrado” correlato alla lesione e alla menomazione accertate in sede medicolegale.
La distinzione tra parametro quantitativo e parametro qualitativo presenta, quindi, tecnicamente, un’oggettiva “logica valutativa “medico legale in quanto serve a distinguere l’effettivo grado di “sofferenza” patita da qualsiasi danneggiato a seguito di un determinato evento lesivo ed a seguito della persistenza di una determinata invalidità permanente biologica: rilievo quest’ultimo di particolare interesse allorché analoga quota di invalidità permanente biologica afferisca all’ esito di un’unica lesione ovvero risultati il calcolo di esiti lesivi plurimi, di minor valenza menomativa, ove singolarmente considerati.
PER MEGLIO COMPRENDERE TALI ASPETTI È NECESSARIO CONSIDERARE ALCUNI ESEMPI.
Si consideri il riconoscimento, in un soggetto, adulto, di una invalidità permanente del 10%, sia in caso di esiti di perdita della milza (IP basata esclusivamente su ipotetico riscontro di alterazione della crasi ematica e degli esiti cicatriziali laparotomici) sia in caso di anchilosi post traumatica dell’articolazione tibiotarsica. Nel primo caso, a prescindere dal motivato disagio personale per la perdita dell’organo, non vi è usualmente alcuna limitazione e/o interferenza sul benessere quotidiano del soggetto che, come è noto, può continuare a svolgere qualsiasi attività lavorativa e sportiva. Nel secondo caso (anchilosi della tibiotarsica) appare evidente che la condizione menomativa può determinare difficoltà abbastanza significative in relazione alla persistente rigidità articolare con difficoltà nella vita quotidiana (salire o scendere le scale, camminare su terreno sconnesso, ecc.). In sintesi un disagio soggettivo apprezzabile, da cui ne residua un danno da sofferenza intrinseca – menomazione correlata – chiaramente superiore rispetto al soggetto splenectomizzato, pur risultando l’asettica IP biologica analoga in entrambi i casi. Il divario tra la percentuale invalidante ed effettiva sofferenza soggettiva intrinseca correlata aumenta significativamente nei cosiddetti danni di entità rilevante. Si consideri ad esempio due soggetti di pari giovane età, portatori di postumi invalidanti quantificati in entrambi i casi, secondo barèmes, nella misura del 25% di invalidità permanente biologica, ove in un caso il danno derivi dagli esiti plurimi di una pur importante colecistectomia e nefrectomia (con rene superstite integro), mentre nell’altro la stessa invalidità permanente biologica vada ascritta agli esiti di isterectomia in donna in età fertile e nubile. Nel primo caso, pur dandosi atto delle limitazioni connesse all’alterata funzionalità bilio digestiva ed alle teoriche “cautele” imposte dallo stato di nefrectomia, pare ragionevole poter collocare la condizione di sofferenza intrinseca – menomazione correlata – ad un livello qualitativo sicuramente inferiore a quello di un soggetto di pari età, di sesso femminile, nubile e isterectomizzata, proprio in relazione all’evidente disagio esistenziale della danneggiata connesso al peggioramento della preesistente integrità di donna ed alle mutate prospettive di vita: ciò indipendentemente da intercorrenti autonome ricadute negative connesse a peculiari aspetti dinamico relazionali della danneggiata, che prevedono differenti ed autonomi riscontri probatori.
Il problema relativo alla necessità di apportare un criterio valutativo medico legale che conduca ad una maggior equità liquidativa del danno alla persona di natura “non patrimoniale” emerge in particolar modo in caso di valutazione tecnica relativa ad esiti menomativi plurimi coesistenti ove possono sussistere rilevantissime difformità di riscontro tecnico della relativa “sofferenza intrinseca” rispetto ad analoghe percentuali di invalidità permanente biologica riconosciute per esiti menomativi singoli. Per fare un esempio facilmente comprensibile potrebbe verificarsi l’ipotesi dell’accertamento medico legale di una invalidità permanente biologica del 35% conseguente a valutazione complessiva di esiti plurimi coesistenti e determinati dal riscontro di esiti di fratture costali plurime stabilizzatesi anche con modesto deficit ventilatorio coesistenti con esiti di frattura di un arto superiore o inferiore con modesto deficit funzionale, a loro volta coesistenti con esiti di trauma cranio facciale fratturativo con residua sindrome soggettiva fisiogena e residuo deficit del flusso respiratorio nasale, oltre gli esiti di splenectomia con associati reliquati cicatriziali: conseguenze che, anche se degne di apprezzamento, risultano in genere, secondo comune esperienza medico legale, abbastanza compensabili sotto il profilo anatomo funzionale, le quali non interferiscono in genere, se considerate singolarmente, in modo significativo nella quotidianità del danneggiato se non per qualche ricorrente sintomatologia dolorosa e qualche minimo disturbo funzionale: quadro menomativo che globalmente non determina di fatto una qualche sostanziale e grave ricaduta negativa di natura esistenziale sulla “quotidianità” del danneggiato. Viceversa, analoga percentuale di invalidità permanente biologica potrebbe derivare autonomamente dagli esiti di un’amputazione del piede: è intuitivo che detta menomazione ha di per sé intrinsecamente una grave ricaduta sulla vita quotidiana del danneggiato, costringendolo a modificare le proprie abitudini di vita e condizionando oggettivamente un particolare disagio anche sul “sentire” personale del leso per la percezione del grave peggioramento della preesistente integrità fisica connessa alla mutilazione. In sostanza un danno alla persona di gran lunga peggiore, dal punto di vista qualitativo, desumibile dal livello di sofferenza intrinseca menomazione correlata, rispetto al precedente, pur a fronte di un riscontro tecnico preliminare di una invalidità permanente biologica uguale, così come calcolato con la sola applicazione di qualsiasi Barèmes medico legale.
Esiste dunque una oggettiva variabilità nel rapporto tra disvalore biologico (componente quantitativa ) e condizione di correlata sofferenza intrinseca (componente qualitativa ) cioè presuntivamente ammissibile per qualunque danneggiato ( con le sole variabili legate al sesso o all’età) che ha subito determinati eventi lesivi biologici è che convive – nella quotidianità- con determinate condizioni menomative: componenti entrambi accertabili e definibili in sede medico legale.
Ciò rappresenta dunque la componente biologica “base” del danno non patrimoniale, passibile di eventuali integrazioni risarcitorie – allorché sussistano – ove distintamente allegate- autonome ricadute delle lesioni o dei postumi su peculiari e personali aspetti dinamico relazionali del danneggiato.
Ogni altra condizione di “sofferenza morale “che non afferisce alla lesione della integrità psico fisica e che, quindi, può determinare, in via autonoma per differenti presupposti “giuridici” o per lesione di altri diritti tutelati dalla Costituzione , ulteriore posta risarcitoria di danno “non patrimoniale“ non rientra nelle competenze accertative medico legali.
Il presente studio concerne una revisione casistica di 2858 CTU espletate nelle predette Sedi Giudiziarie tra il 2010 ed il 2020, così ripartite:
- 1867 con valutazione di IP entro il 5%
- 339 con valutazione di IP comprese tra il 5% ed il 9%
- 491 con valutazione di IP comprese tra il 9% ed il 34 %
- 83 con valutazione di IP oltre il 34%
- 78 casi di IP fino al 5% sono stati considerati “distintamente” e non ricompresi nella sintesi grafica
Casistica Valutazioni fasce IP 0-5% e IP 5-9%
Da quanto emerge dall’analisi dei dati raccolti, risulta evidente che nei casi di IP fino al 5%, a fronte di una significativa variabilità della sofferenza “lesione – correlata”, al contrario la componente “sofferenza menomazione correlata” è stata valutata in circa il 98% dei casi di grado “lieve “. Va peraltro segnalato che in 45 casi non è stato riconosciuto alcun postumo permanente, con esclusiva valutazione del livello di sofferenza lesione correlata (stimato nella quasi totalità dei casi esclusivamente di grado lieve).
In 33 casi di IP fino al 3% di danno biologico (non riportati nei successivi grafici) il CTU non ha espresso alcun livello di sofferenza menomazione correlata avendo verosimilmente accertato minimi esiti “non disfunzionali” ovvero minime disfunzionalità soggettive , rappresentate da esclusiva componente antalgica e di difficile inquadramento tra effettiva menomazione ovvero sofferenza nocicettiva correlata a semplice esito di danno anatomico. Tenuto conto dei rilievi” quali-quantitativi medico legali “ utilizzati nella di stima del danno biologico ne deriva che le “ lesioni di lieve entità “ dovrebbero trovare un realistico inquadramento in un limite di IP del 5%.
Viceversa, nei casi di IP tra il 5% ed il 9%, la variabilità della “ sofferenza- correlata”, appare sostanziale sia nella fase di lesione- malattia, sia nella fase di menomazione , derivandone una oggettiva criticità interpretativa medico legale sul effettivo presupposto normativo del concetto di “ lesione di lieve entità” ancorato esclusivamente al parametro di “ disfunzionalità biologica” , ovvero il 9% di IP. L’indagine casistica ha infine consentito di evidenziare che in entrambe le fasce – seppur con differente ricorrenza secondo l’allegata casistica (1,55% nella fascia di IP fino al 5% e 9,73% nella fascia di IP 5-9%) – possono sussistere ulteriori componenti di “danno” dinamico –relazionale riconducibili all’art. 139, ove ricorra una oggettiva compatibilità tra realtà lesiva e/o menomativa accertata e ricaduta negativa su peculiari aspetti esistenziali del danneggiato: condizione , peraltro facilmente comprensibile ed intuitiva ove si consideri, ad esempio, l’ipotesi della perdita del polpastrello del dito anulare sinistro, in destrimane (IP prevista ,secondo barème di legge , nella misura del 2%) in chitarrista amatoriale.
Casistica Valutazioni di IP comprese tra il 10% ed il 34%
Pressoché analoghi risultati sono stati ottenuti dall’esame dei casi di valutazioni di IP comprese tra il 10% ed il 34% con ovvio incremento dei livelli superiori di soffrenza lesione correlata rispetto alle fascie di IP inferiori al 10%. Da notare una significativa variabilità della componente di “sofferenza menomazione correlata” indipendentemente dal grado di IP accertata : rilievo in parte sovrapponibile a quanto registrato per la fascia di IP tra il 5 ed 9% (vedasi ad esempio le pressoche’ analoghe percentuali di casi valutati con livello di “sofferenza menomazione –“ correlata “ di grado “ medio lieve “ nelle distine casistriche di IP 5-9% e 10-34% : risperttivamente il 35,86 ed il 33.80 dei casi).
Questo a riporova di quanto gia considerato in merito alla discrepanza interpretativa “tecnico- giuridica” sul concetto di “lesione di lieve entità”, difficilmente condivisibile per le IP superiori al 5%.
Da segnalare, infine, che nel 33,19% dei casi è stata ammessa la personalizzazione ex art 138 per compatibilita’ della menomazione con aspetti peculiari dinamico relazionali del danneggiato.
Casistica Valutazioni IP superiori al 34%
Il livello di sofferenza correlata parametrabile sotto il profilo tecnico medico legale depone quasi sempre per livelli di grado “elevato”, se non superiore. Da segnalare che solo nel 6% dei casi si è pervenuti al riconoscimento di un livello di sofferenza menomazione correlata di grado elevatissimo , in relazione ad evidenti degradi esistenziali nelle usuali attività della vita quotidiana , per necessità di assietanza da parte di terzi, annullamento o gravissime limitazioni nella vita di relazione e , ove compatibile , con ammissibile percezione da parte del danneggiato del grave mutamento peggiorativo della presistente integrita’ ed identità biologica.
Sintesi tecnica
Sulla base di quanto è emerso dalle risultanze dell’indagine casistica è possibile pervenire alle seguenti considerazioni.
- 1 – Nella stima risarcitoria del “danno base non patrimoniale” non può sussistere un automatismo liquidativo della c.d. “personalizzazione “ non essendo possibile trasferire in via automatica la componente di “sofferenza lesione – menomazione correlata” alla sola componente di disfunzionalità (temporanea o permanente) accertata in sede medico legale. Presupposto che si evince in particolare dall’esame della statistica afferente alla estrapolazione di 100 casi di valutazioni di IP comprese tra il 14 ed il 16 % (quindi sostanzialmente analoghe quantitativamente) ove il livello di sofferenza menomazione correlata è risultato distribuita “, nel 7% con livello “lieve, nel 34% con livello “ medio lieve “, nel 56% con livello “ medio” , nel 1% con livello “ medio elevato “ e nel 2% con livello “elevato“.
- 2 – Le ricadute negative delle lesioni o dei postumi su peculiari aspetti dinamico relazionali del danneggiato non hanno connessione con il variare della componente base del danno non patrimoniale.
- 3 – L’estrema variabilità della sofferenza correlata alla “lesione” e suo decorso clinico consente di evidenziare una oggettiva criticità e disparità liquidativa delle poste risarcitorie della inabilità temporanea biologica – delle tabelle di liquidazione di Legge- ove i parametri vengano rapportati al limite del 9% di invalidità permanente accertata in sede medico legale: criticità particolarmente significativa allorché sia prevista la loro applicazione anche in casi che esulano dallo stretto ’ambito dell’RC Auto (come ad esempio in contesto di Responsabilità Sanitaria).
Dott. Enrico Pedoja
Si ringraziano per la fattiva collaborazione i Collegi Specialisti della Società Medico Legale Triveneta che hanno contribuito, oltre allo scrivente, alla raccolta casistica:
Antonio Genco, Letizia Pirrami, Angelo Tolomeo, Arcangelo Di Nino, Michele Cottin , Alberto Raimondo, Gianni Barbuti, Luigi Sergolini, Giancarlo Ballo, Paola Conforti, Marina Mainente, Antonella Massara, Giulio Lorenzini, Flavio Alessio, Ermes Covre, Petra Panzan, Alessandra Rossi, Federica Gramol, Gaetano Quaranta.
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