Al dibattito già innescato con l’articolo di ieri in merito ai risultati dell’indagine Eurispes svolta sulle ATP ex art. 696 bis, svolte presso il Tribunale di Roma, partecipano oggi il Dott. Franco Marozzi, Vicepresidente Simla e il Dott. Matteo Marchesi, responsabile dell’Unità di Medicina legale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, membro del CD Amla (Associazione Medico Legale Ambrosiana).
L’intervento di Franco Marozzi
Non voglio rispondere alle argomentazioni della Dott.ssa Stucchi che certamente sa meglio di me come funzionano i CVS e quali sono i problemi delle Aziende Sanitarie.
Volevo solo attestare come un lavoro serio, come quello dell’EURISPES, mette in evidenza dati che, francamente, per gli osservatori compilatori del rapporto sono risultati inaspettati in quanto confliggevano in maniera netta con un “mainstream” che narra di una sanità pubblica assediata da casi di responsabilità sanitaria artatamente istruiti.
Alcune scomode verità
In realtà vi sono molte verità “scomode” che non riusciamo a far comprendere ai clinici con cui il dialogo deve essere chiaro una volta per tutte:
- 1) I casi di responsabilità sono eventi rarissimi se paragonati alle centinaia di migliaia di prestazioni che vengono erogate quotidianamente;
- 2) I casi di responsabilità medica – penso di dimostrarlo chiaramente con un’indagine che sto conducendo con altri – sono poco costosi per la Sanità Pubblica se paragonati alle spese complessive di un sistema che costa carissimo alla collettività (intorno all’1.5 % della complessiva produzione di un grande ente ospedaliero).
- 3) Il penale è un problema che sta diventando residuale soprattutto nelle regioni del Nord anche se resiste, proprio per limiti strutturali del sistema, nelle altre parti d’Italia specie al Sud.
La parte attrice come l’Inter quest’anno: dominatrice
Ma qui il problema è un altro: qui si assiste ad un risultato nel bilancio tra vittorie e sconfitte delle due parti che può trovare delle ragioni ma che resta purtroppo sul terreno della mera statistica straordinario: 2/3 vs 1/3. Per fare un paragone calcistico l’unica squadra nel campionato di Serie A di quest’anno che ha vinto più di due terzi delle partire è l’inter (29 vittorie su 38 partite) e la seconda classificata (il Milan) è ad un abissale distacco di 19 punti.
Quindi, nell’indagine EURISPES, al di là di tutti i problemi organizzativi, parte attrice domina, come l’Inter ha fatto nel campionato di quest’anno (ragazzi: naturalmente l’anno prossimo sarà tutto diverso).
Questo non dimostra nient’altro che le aziende ospedaliere, almeno sulla base dei casi esaminati, hanno, certamente, da una parte un’organizzazione deficitaria (lo dimostra lo stesso dire della Dott.ssa Stucchi), dall’altro che ci possono essere delle falle nel sistema che non consenta loro di strutturare dei percorsi facilitativi per ridurre il contenzioso o ribaltare il pessimo risultato certificato dall’EURISPES. E qui possiamo pensare tutti insieme a dei correttivi che potrebbero, attenti bene, mettere sotto pressione le aziende.
Immaginiamo un mondo perfetto
Ricordiamoci di una cosa: se fossimo in un mondo perfetto, un paziente che si senta danneggiato dovrebbe presentare la sua richiesta, fondata su basi tecniche, sia medico-legali che legali. L’Azienda, in un tempo ragionevole, dovrebbe prenderne atto e predisporre una controproposta su basi corrette (il che comprende anche il dinego, naturalmente), sulla base della quale si potrà o meno instaurare un giudizio non prima però di un preventivo eventuale contatto di tipo conciliativo o mediativo.
E’ inutile ricordarlo: solo la via stragiudiziale è in grado di correggere l’ormai obsoleta formula del processo che continua ad essere sostenuta dalla stragrande maggioranza del mondo legale compreso quello che si interessa di dottrina alla faccia della modernità sia nel processo civile che penale. Se pensiamo ad una possibile soluzione di quest’ultima fattispecie dovrebbe essere la “giustizia riparativa” a far parte della reale riforma del sistema penale e non accrocchi procedurali sempre pià obsoleti e ingiusti. Ma avete mai sentito parlare qualcuno di giustizia riparativa nell’ambito del dirittto penale riguardante la responsabilità medica? Eppure la riforma Cartabia (richiesta dall’UE) ha già dato un forte impulso a quest’ultima. Ma tra di noi mai si è discusso di questa tematica.
La via stragiudiziale è l’unica percorribile
Guardate che non sto parlando di fantascienza ma fantascienza diventa quando le poche risorse disponibili sono dirottate su altri progetti: di conseguenza si tratta di un problema strutturale da correggere perché l’unica via possibile per ridurre il contenzioso e le spese alla collettività è quella di risarcire giustamente e presto respingendo al contrario le richieste errate o eccessive nell’ambito di una trattativa stragiudiziale che non potrebbe essere che di giovamento alla collettività attraverso una riduzione delle spese per l’erario e arrivando a fornire “Salute” e “Giustizia”, in modo equo e rispondente al mandato etico del SSN.
E’ chiaro, e deve essere un monito per tutti, che introdurre un contenzioso in questo campo su principi errati, sia sotto il profilo dell’an che del quantum, rappresenta non solo un errore ma una grave violazione deontologica.
Ma, attenzione. Il mancato proponimento di un corretto accordo risarcitorio sulla base di un an riconosciuto, è comportamento del tutto assimilabile al primo e si pone sul medesimo livello quanto a condanna, almeno da parte del sottoscritto.
E attenzione ancora: il risarcimento del danno in questo ambito, non è nient’altro che la rispondenza al dovere di Aziende ospedaliere pubbliche o convenzionate, legato al principio fondante del SSN basato sull’art. 32 della nostra Costituzione.
Il danneggiato elemento centrale del processo civile
Qualcuno ricorderà come il Presidente Travaglino abbia sottolineato al Congresso SIMLA di Catania un concetto che in ambito giuridico deve essere sempre di monito anche per noi: il centro del processo penale è l’imputato – ovvero i suoi diritti. Quello del processo civile è il danneggiato: è chiaro che il possibile danneggiante ha anch’esso i suoi diritti ma la preoccupazione di fare Giustizia è di risarcire giustamente il danno poco, tanto o nullo che sia.
Quindi il tema per noi è come aiutare la Giustizia a proporsi correttamente nei confronti della possibile vittima che deve ottenere o meno il giusto ovvero alcunché se non è il suo Diritto. Ma se ne ha il diritto tecnicamente sotto il profilo clinico medico-legale, qualsiasi ritardo o impedimento nel non ottemperare questa necessità di Giustizia è eticamente e deontologicamente scorretto e diventa ancor più scorretto se legato a questioni di natura tecnico-clinica o organizzativa.
Distinguere tra i buoni motivi “veri” dei pagatori e gli altri
Aggiungo un’altra questione.
Guardate che se si volessero trovare argomenti tecnici per discutere sull’entità dei risarcimenti “medi” ce ne sarebbero eccome. Basti pensare al fatto che nell’ambito dei danni non patrimoniali l’Italia è certamente davanti a tutti i paesi dell’Unione Europea per quanto riguarda l’entità degli stessi (per i danni patrimoniali tutt’altra cosa e quindi i nostri macrodanneggiati vengno risarciti in modo nettamente inferiore rispetto alla media UE). Lo stesso vale per il danno parentale da uccisione. O ancora i risarcimenti di danno biologico per gli anziani sono spropoporziati rispetto a quelli dei giovani sotto il profilo meramente attuariale e demografico considerando l’aspettativa di vita.
Questi mi paiono argomenti validi.
Ma se stiamo ai dati EURISPES, la sproporzione tra ATP vinte o perse è comunque eccessiva e merita di essere sottolineata come stortura del sistema. Mi spiace ma è così al di là delle tematiche portate avanti dalla Collega Stucchi che dovrebbero però essere esaminate all’interno di un miglioramento complessivo della situazione ovvero a far sì che queste vengano superate attraverso paletti che aiutino a respingere o a risarcire in modo corretto velocemente prima di adire alla Giustizia.
Etica e scienza clinica uniche guide
Quel che importa è che dobbiamo sempre sentirci garanti tecnici pur operando nell’interesse delle parti dalle quali abbiamo mandato e che ricordiamo sempre che il nostro fine è garantire l’espletamento di processi in cui la guida sia soltanto la clinica e la scienza senza che prendano il sopravvento bias più o meno consci e/o pretese di committenti che si frappongono a quei principi. Vuoi che siano legali o aziende.
Ovvero non si può sovvertire il dovere etico e deontologico a fronte dei desiderata dei nostri clienti. Una volta un collega CTU mi disse “Qui si può dire quello che si vuole”. Mi spiace ma proprio non è così.
E attenti: una causa persa da un’azienda pubblica è un danno anche per me e qualsiasi soldo pubblico sprecato è un danno per tutti i cittadini italiani. Ma attenzione. Un danno – quindi una lesione derivata ad un uomo da un fatto considerato un illecito dalla Legge – quando non è risarcito o ancora quando il risarcimento non giunge in tempi rapidi (argomento altrettanto grave) è un vulnus alla Giustizia e, poi, costa amcora di più.
Ed è per questo che bisogna insistere perché l’ATP ex 696 bis diventi uno strumento deflattivo del contenzioso come vuole una Legge criticabile in molti punti ma che ha almeno tenuto presente, nel suo profondo, al superamento di un modello processuale antico, desueto e non più funzionale al sistema.
L’intervento di Matteo Marchesi
Carissimo Dott. Marozzi,
come al solito, le discussioni che propone sono di primario interesse medico-legale e mi unisco ai Colleghi nell’esprimerLe la mia gratitudine per il grande e costante lavoro svolto.
Concordo con tutto quanto già ben espresso dalla Collega Stucchi: i punti da lei evidenziati non sono dei cavilli, nient’affatto, e sono invece ricorrenti della gestione dei sinistri ospedalieri
Concordo anche su quanto espresso dal Collega Migliorini circa il fatto che la resistenza non debba scadere nell’immobilisimo, per il solo dare atto di aver tentato una difesa e per addebitare ad altri il fatto che si giunga ad un esborso risarcitorio.
ATP: vinte solo 1/3 da Azienda ospedaliera: è andata bene
Lei si dice stupito del rapporto 2/3 vinti – 1/3 persi.
Le posso dire che io mi stupisco del contrario, vale a dire che mi stupisce che in un caso ogni tre sia riconosciuta la ragione dei resistenti, nonostante il mantra medico-legale, professato anche e soprattuto nella nostra amata Milano, che ha portato e porta non pochi ma molti CTU a chiosare: “Siccome è un ATP, dobbiamo fare la proposta conciliativa”, quando invece persino nella famigerata disposizione del Tribunale di Verona, con la quale i CTU erano stati “sanzionati” con la decurtazione dell’onorario, il Giudice aveva scritto a chiare lettere che i CTU avrebbero dovuto fare due cose:
Cosa dovrebbe fare il CTU in un ATP ex 696 bis
- a) fare la proposta conciliativa, se ve ne fossero stati i presupposti;
- b) non fare la proposta e spiegarne la mancanza dei presupposti.
Molti di coloro che hanno sbandierato quella sentenza hanno dato pubblicità solo al primo punto e non anche al secondo e ciò non mi pare neutrale.
Abbiamo, inoltre, già avuto modo di discutere in altri consessi di come, proprio in linea con quanto sopra, il mandato conciliativo sia stato e sia tuttora non di rado interpretato come l’andare alla ricerca spasmodica di un qualsiasi appiglio pur di giustificare (forzare?) un tentativo di conciliazione, portando –sottolineo in non pochi casi, purtroppo– ad uno scadimento della metodologia medico-legale, con:
Ecco che succede
- –a sfavore dei resistenti: un approccio fin troppo approssimativo alla valutazione delle condotte (con proposte misteriche oppure con ragionamenti squisitamente ex post che vengono mascherati in modo fittizio come ex ante: “Sarebbe stato più prudente…”, in barba ai criteri di appropriatezza (—> e poi ci spertichiamo in prediche verso la medicina difensiva, quando invece siamo proprio noi CTU i primi ad indurla…), al nesso di causa e al ragionamento controfattuale (ma la leggi statistiche esistono ancora o in nome della conciliazione ad ogni costo dobbiamo buttare i principi medico-legali nel cestino?):
- a sfavore dei ricorrenti: una riduzione/svalutazione fin troppo sommaria delle poste risarcitorie, spesso secondo un imprecisato criterio riduzionistico, come a voler compensare le mancanze del punto precedente.
I limiti dei dati dell’indagine EURISPES
Il rapporto EURISPES, pur essendo un’analisi eccellente, non fa una cosa: non esegue un’analisi critica delle valutazioni peritali, ma si limita a prendere atto degli esiti.
In altre parole, è una fotografia dettagliata dello status quo dei soli esiti peritali e non della qualità e correttezza peritale.
Marozzi ha suggerito che siccome la numerosità è elevata (2.000 casi), allora possiamo confidare che gli sbilanciamenti verso una parte o verso l’altra si compensino tra loro. Ne siamo davvero sicuri?
Siamo davvero sicuri che l’applicazione data sino ad oggi dell’art. 696 bis cpc sia davvero neutrale ed equidistante tra le parti?
Se dessimo per assunto che le 2.000 CT analizzate, per l’effetto random, siano un campione equilibrato e nel complesso neutrale, non dovremmo allora concludere che ben 1 ricorso ogni 3 è stato presentato senza che ve ne fossero i corretti presupposti?
La qualità dell’indagine di CTU
Come già menzionato, oltre all’eventuale maggiore affinità/sensibilità dei CTU per la parte ricorrente o per resistente, v’è un altro importantissimo determinante: la qualità dell’analisi del caso.
E proprio sotto tale profilo, in tema di CT 696 bis / CTU, dovremmo parlare anche dell’attuazione dell’art. 15 l. 24/17: la verifica della “specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento” la vogliamo fare per davvero?
Quante volte all’atto del conferimento di un incarico peritale, viene chiesto ad un chirurgo o un Collega di altra disciplina quante volte abbia eseguito quello specifico intervento chirurgico o quella manovra invasiva, quella diagnostica differenziale, in quelle specifiche condizioni (ad es. elezione vs urgenza) e quante volte negli ultimi 5 anni?
Non siamo stanchi dei CTU che ne sanno meno dei Colleghi sui quali esprimono giudizi? Dei chirurghi che in sala operatoria ci sono stati molto poco o non ci vanno da lunghissimo tempo? Di quelli che non hanno mai lavorato in un Ospedale e giudicano le cure ospedaliere? Del Ginecologo laparoscopista che fa la CT su un parto distocico? Del chirurgo della spalla che giudica un caso di protesi d’anca? Etc etc etc?
Sono questioni già dette e ridette, ma a tutt’oggi lungi dall’essere risolte e che non possono dirsi nient’affatto rare e nient’affatto irrilevanti rispetto agli esiti delle CT di cui stiamo discutendo (“vinte” vs “perse”).
Ma è proprio colpa dei resistenti se va così?
In altre parole, siamo davvero sicuri che la causa principale di quel rapporto 2/3 – 1/3 sia una cattiva condotta delle parti resistenti?
Mi lasci esprimere un’altra cosa: Lei stigmatizza, e non la prima volta che lo fa, che il contenzioso pesi in media “solo” circa l’1,5% del bilancio degli Ospedali.
Ma in un sistema sanitario che è finanziato meno della media europea e dal quale nel contempo si pretende un’offerta sanitaria universale, i bilanci stanno in piedi a stento e non si sa per quanto riusciranno a reggere; quindi, anche un 1,5% è tutt’altro che trascurabile e ogni risarcimento è da valutare con il bilancino, anche a prescindendo del tutto dal tema della Corte dei conti.
In sintesi, non concordo con l’accezione colpevolizzante verso le parti esistenti e mi pare che tutte e tre le componenti, parte ricorrente/attrice, parte resistente/convenuta e “parte” d’ufficio, contribuiscano nel bene e nel male allo status quo fotografato da EURISPES.
Intervenite
L’apporto credo interessante di tutti i Colleghi sull’argomento è, a nostro giudizio, solo un primo approccio ad una tematica delicata ma quanto mai urgente per sciogliere i nodi su un’attività peritale che coinvolge pazienti – più o meno danneggiati -, sistema Giustizia e naturalmente medici e operatori sanitarie nonché Aziende pubbliche o private che operano in Sanità.
Non ci si accusi di aver dato spazio ai soli colleghi che gravitano nell’area milanese: sono stati solo quelli che sono intervenuti immediatamente a dar fuoco alle polveri.
Ci aspettiamo, senz’altro, contributi da altre regioni italiane perché, tutti insieme, possiamo fornire un elementi essenziali di dibattito che non possono essere che utili e fondamentali per migliorare il Sistema Sanitario di questo Paese.