Introduzione
Continuiamo a parlare delle donazioni di organi nel prelievo a cuore fermo, noto come DCD (donation after cardiac/cardiopulmonary death) in relazione con l’attività medico legale. Ricordiamo che gli autori sono studenti di Medicina dell’Università Torino – Allaria Emanuele (VI anno), Ballesio Vittoria (V anno), Bavastrelli Chiara (V anno), De Nuzzo Ludovica (V anno), Angieri Carola (V anno), Campo Martina (VI anno), Armandi Di Bari Raffaele Maria (V anno) – guidati dal nostro instancabile Davide Santovito e della Dott.ssa Claudia Viteritti (Medico in Formazione Scuola di Specializzazione in Medicina Legale Torino).
Criticità e problematiche del DCD
Nonostante l’approvazione della procedura di DCD da parte di organismi professionali e nazionali (CNB, CNT) e internazionali, rinvengono sollecitazioni, specie emotive, da parte di quanto coinvolti relativamente al disagio spesso rilevato nel tempo che intercorre tra l’assistenza di fine vita e la donazione di organi, in tema di:
- percezione di un ipotetico conflitto di interessi per i sanitari coinvolti nella decisione di sospendere le terapie e in qualsiasi successiva proposta di donazione;
- liceità e accettabilità degli interventi prima o dopo la morte necessari per attuare il prelievo di organi funzionalmente integri e trapiantabili;
- condivisione bio-giuridica su nuovi criteri cardio-circolatori per l’accertamento della realtà della morte mediante.
Argomenti questi, pertinenti il consenso alla donazione, alla ricezione del ricevente, la liceità dell’atto, gli aspetti legislativi, l’accertamento della realtà della morte e la relativa certificazione, di piena pertinenza e competenza della Medicina Legale.
A parte quindi le questioni teoriche, vediamo attraverso quale sia il ruolo del medico legale nel caso concreto di una procedura DCD.
Procedura DCD controlled
Gli organi provenienti da donatori DCD controlled, rispetto a quelli da donatori DBD, sono esposti all’ischemia calda che porta a sofferenza l’organo, principalmente nel periodo tra l’asistolia e l’inizio della riperfusione, anche se questo processo inizia gradualmente dello spegnimento dei supporti vitali.
Il miglior metodo di misura del danno ischemico è la quantificazione del tempo di ischemia calda funzionale, che inizia quando la pressione sistolica del paziente scende sotto i 50 mmHg, la saturazione scende sotto il 70%, oppure entrambi e termina con l’attivazione dell’ECMO. Il danno ischemico compromette la funzionalità dell’organo e, se persiste, può precludere il suo utilizzo per il trapianto.
Gli interventi per prevenire il danno ischemico includono:
- interventi ante mortem: il CNB ha ritenuto lecita l’esecuzione di azioni tecniche non dannose finalizzate al controllo del DCD e alla sua corretta esecuzione prima dell’accertamento di morte, ma dopo la refrattarietà alle manovre rianimatorie. Al fine di evitare conflitti di interesse il team sanitario che prende in cura il paziente deve essere diverso da quello responsabile del prelievo degli organi;
- l’applicazione coerente della programmazione (schemi/orari) pubblicata per la pronta identificazione del decesso;
- riduzione dell’intervallo di tempo tra diagnosi di morte e prelievo degli organi (ad esempio sospendendo il trattamento in sala operatoria);
- riperfusione post-mortem di organi particolarmente vulnerabili (come il fegato);
- tipizzazione precoce dei tessuti per consentire una rapida identificazione e mobilitazione di riceventi idonei.
Al fine di rendere il più breve possibile il tempo che intercorre tra l’inizio del periodo agonico e il prelievo degli organi, la procedura specifica del DCD prevede delle attività prima della sospensione dei trattamenti, in piena coerenza con i principi legislativi ed etici sopra richiamati.
Per preservare dal danno ischemico gli organi addominali da prelevare si impiega l’ECMO regionale tramite incannulamento della vena e arteria femorale: è possibile introdurre i fili guida quando il paziente è ancora in vita, mentre le cannule sono inserite solo alla fine dell’accertamento della morte, secondo la regolamentazione italiana.
Per preservare i polmoni, nel caso in cui vengano donati, questi sono esclusivamente ventilanti (e non perfusi tramite ECMO) con piccoli volumi mediante intubazione a seguito del decesso.
La preparazione per l’ECMO prevede la compartimentalizzazione della perfusione addominale, in quanto l’encefalo non è perfuso. Questa può essere effettuata con l’inserimento di un pallone in aorta posizionabile in sede, sgonfio, prima del decesso del paziente. Il pallone sarà gonfiato solo dopo la constatazione della morte, oppure tramite il clmapggio dell’aorta con ad inizio delle procedure di prelievo.
Successivamente si interrompono i trattamenti, ad esclusione della terapia palliativa. Ha inizio così il periodo agonico caratterizzato da ipotensione, battiti lenti, a cui seguono la comparsa di PEA (attività elettrica senza polso) e l’asistolia; quando la pressione sistolica è inferiore ai 50mmHg e/o la saturazione è inferiore ai 70-75% si somministra eparina.
Dopo la comparsa di asistolia, inizia il no-touch period di 20 minuti (per l’Italia) durante il quale è eseguito l’ECG-tanatogramma. Al fine della registrazione dell’assenza di attività cardiaca, a morte accertata e certificata, è attivato l’ECMO e si avviano le procedure di prelievo di organi.
Al fine del presente lavoro, si schematizza tutta la procedura discussa:
Vi è poi la procedura DCD uncontrolled, che qui non è pianificata nel dettaglio, anche in quanto molto meno praticata.
Ruolo del medico-legale
La possibilità di effettuare trapianti da DCD ha portato alla luce le complessità riguardanti gli atti medici privi di valenza terapeutica o palliativa, ma effettuati anche nel periodo agonico per la preservazione degli organi da donare, quelle organizzative per il coinvolgimento di più equipe, quelle sulla diagnosi di morte usando lo standard cardiocircolatorio e la necessità di coniugare l’abbreviazione dei tempi di osservazione con il rispetto categorico della “regola del donatore morto” (dead donor rule), che impone il prelievo di organi solo dopo l’accertamento della morte.
Queste questioni, infatti, non sono sfuggite al Centro Nazionale di Bioetica CNB nel documento pubblicato il 9 dicembre 2021 “Accertamento della morte secondo il criterio cardiocircolatorio e “donazione controllata”: aspetti etici e giuridici”.
Se nella fase agonica il paziente è morente, tutti gli interventi eseguiti devono rispondere ad un criterio di prudenza e di proporzionalità, che evitino sofferenze e non ledino la dignità o, anticipino la morte.
Tutte le azioni, riportate nella descrizione della procedura DCD offerta nei paragrafi precedenti, dovranno essere effettuate solo una volta che si è a conoscenza della volontà donativa del paziente e, pertanto, si dovranno raccogliere le informazioni nel merito e, se possibile, coinvolgere i familiari o il fiduciario nel caso di DAT, in totale aderenza ai vincoli del Codice di Deontologia medica e della vigente normativa come la L. 219/2017.
Haase ha sottolineano che la decisione di interrompere i trattamenti debba essere presa quando le funzioni respiratorie e circolatorie siano irreversibilmente compromesse, così da circoscrivere quello che è il miglior interesse del paziente ovvero, nel caso di specie, la realizzazione della sua manifestazione di volontà.
A tal proposito la comunicazione con il paziente, se possibile, e con i familiari deve prendere in considerazione tutti gli aspetti scientifici, etici, religiosi, sociali, normativi attraverso una comunicazione comprensibile, in tempi e in ambienti adeguati e che sia fornita da personale sanitario adeguatamente formato.
In Italia, la morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo, come riportato all’art. 1 della legge n.578 del 29/12/1993. L’art. 2 della stessa legge stabilisce che la morte per arresto cardiaco si intende avvenuta quando la respirazione e la circolazione sono cessate per un intervallo di tempo tale da comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Si stabilisce quindi un criterio di accertamento che, in via indiretta, è in grado di supportare la diagnosi di “morte encefalica”.
Tale accertamento di natura cardiocircolatorio consiste nell’osservare l’assenza completa di battito cardiaco e di circolazione sanguigna con le modalità descritte prima del Regolamento di Polizia Mortuaria (DPR 10/09/1990 n. 285), rappresentato dalla registrazione elettrocardiografica di durata non inferiore ai 20 muniti.
Questa disposizione di legge è ulteriormente ribadita dall’art. 1 “Accertamento della morte per arresto cardiaco” del Decreto Ministeriale 22 agosto 1994 n. 582, poi aggiornato dal Decreto 11 aprile 2008, che recita:
“In conformità all’art. 2, comma 1, della legge 29 dicembre 1993, n. 578, l’accertamento della morte per arresto cardiaco può essere effettuato da un medico con il rilievo continuo dell’elettrocardiogramma protratto per non meno di 20 minuti primi, registrato su supporto cartaceo o digitale.”
Specifica il CNB che questo intervallo permette di assicurare la certezza assoluta della morte “oltre ogni ragionevole dubbio”, in linea con la comunità scientifica e non mette in discussione la piena funzionalità degli organi che viene ristabilita mantenendoli perfusi.
La letteratura e i protocolli internazionali non offrono una convergente unanimità sui tempi di osservazione dopo arresto cardiaco per accertare la morte del paziente, né al contempo definiscono una prudente soglia di riferimento rilevando una variabilità tra i due e i venti minuti. Infatti, le Linee guida della Ethics Committee della Society of Critical Care Medicinedel 2001 stabiliscono un intervallo non inferiore a due minuti, ma ritengono inutile che sia superiore ai cinque minuti “nella misura in cui l’obiettivo sia il prelievo di organi”.
La President’s Council on Bioethics in Controversies in the determination of death fissa a cinque minuti il no-touch period in caso di DCD controllati. Anche in Europa, la maggior parte degli Stati legifera sul no-touch period con misure meno garantiste; alcuni esempi vengono riportati qui sotto.
- Olanda e Ospedale di Zurigo, Svizzera: dieci minuti in situazioni controllate e non controllate;
- Spagna: no-touch period non inferiore a cinque minuti dopo “adeguato periodo di manovre rianimatorie” con monitoraggio EEG per tutta la durata della perfusione post mortem;
- UK: no-touch period non inferiore a cinque minuti con monitoraggio EEG per tutta la durata della perfusione post mortem;
- Francia: no-touch period non inferiore a cinque minuti con possibilità di prelievo da DCD di reni e fegato.
Tale etereogeneità, comunque, non fa venir meno l’elemento di garanzia che i 20 minuti offrono alla popolazione, pur rimanendo necessario incrementare gli studi osservazionali per valutare la possibilità scientifica di ridurre il tempo di accertamento del criterio cardiocircolatorio, anche alla luce delle nuove metodiche diagnostiche/strumentali, come la registrazione invasiva della pressione arteriosa e dell’ecocardiografia transesofagea.
Il medico legale dunque si inserisce in questa problematica come garante terzo della procedura, avendo il compito di accertare la morte del paziente mediante la valutazione del tanatogramma, in armonia con le previsioni del Position Paper del Centro Nazionale Trapianti (Determinazione di morte con criteri cardiaci. Prelievo di organi a scopo di trapianto da donatore in asistolia – Parte I) che afferma:
“che eventuali artefatti o residui di modesta e sporadica attività elettrica cardiaca o semplici momentanee interruzioni della registrazione per problemi tecnici testimoniati dal medico accertatore, attenendosi quindi ai criteri di responsabilità e di buona medicina, non dovrebbero essere considerati come elementi sufficienti per ripetere o ricominciare dall’inizio la registrazione stessa, allungano in modo inappropriato il periodo di ischemia”.
L’attività cardiaca residua non rappresenta una funzionalità di organo, ma esprime solo la registrazione di una vitalità cellulare che non attiva la funzione di pompa cardiaca e come tale è del tutto ininfluente sul sistema cardiocircolatorio.
Le norme prima richiamate, infatti, fanno riferimento alla metodica strumentale dell’elettrocardiogramma la cui registrazione non può essere inferiore ai 20 minuti, ma la definizione di morte (art. 2 L 578/1993) specifica che è la circolazione che deve essere cessata, ergo è interpretabile come l’assenza di funzionalità cardiaca che, in qualità di pompa, garantisce la circolazione sistemica, non una mera e residua attività elettrica registrabile.
Per quanto i 20 minuti sono elemento di garanzia a sostegno della regola del “donatore morto”, la discussione in merito necessita di un ulteriore sforzo di ricerca, anche bioetica, incrementando gli studi osservazionali per valutare la possibilità scientifica di introdurre nuove metodiche diagnostiche/strumentali, come la registrazione invasiva della pressione arteriosa e l’ecocardiografia transesofagea, che insieme alla registrazione ECG meglio documentino l’inizio dell’assenza di attività cardiaca e di flusso ematico sistemico e quindi, a maggior ragione, assenza di flusso a livello encefalico. E’ così soddisfatto anche il criterio di morte encefalica previsto dalla legge.
Infine, il medico legale, rendendosi parte attiva nella procedura, è in grado di interfacciarsi con l’Autorità Giudiziaria nel caso in cui la causa di morte presenti i caratteri di un reato, o lo sia a tutti gli effetti, per richiede il nulla osta al prelievo di organi e lasciare la salma a disposizione. Ciò richiede, inevitabilmente, che il medico legale prenda contezza di tutti gli aspetti patologici e/o traumatologici (semeiologici, clinici, laboratoristici, strumentali) che devono essere trasmessi all’Autorità Giudiziaria, unitamente alle modalità di esecuzione del DCD e degli organi da prelevare, così garantendo che i doveri dei medici, nascenti da obblighi di legge, siano pienamente rispettati e al contempo si soddisfino le richieste dell’Autorità stessa, al fine di assolvere all’obiettivo donativo.
Il medico legale è quindi la figura professionale che, attraverso la sua partecipazione al collegio che accerti la realtà della morte secondo i criteri cardiaci, vigilerà sulla trasparenza, tracciabilità ed evidenza documentale della procedura, sul rispetto della dead donor rule, con la piena consapevolezza del ruolo e del contributo che la medicina legale, per il suo tramite, in questo momento storico offre alla evoluzione non solo delle procedure di donazione d’organo, ma anche e soprattutto alla sensibilizzazione del mondo sanitario e giuridico su un tema questo di peculiarità rilevanza nel campo della solidarietà sociale, obiettivo come noto anche dalla Costituzione Italiana.
Bibliografia
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