Abstract
Fra le pagine più agghiaccianti della storia criminale degli Stati Uniti si collocano senza tema di smentita le gesta del primo serial killer documentato nel nuovo continente, Henry Howard Holmes, di poco successive a quelle dell’omologo europeo, Jack lo Squartatore. In verità Holmes si distinguerà da Jack lo Squartatore sia per l’enorme numero di vittime che gli vengono attribuite – oltre 200 – che per la forte propensione alla truffa che connota tutta la sua “folle carriera”. Vi raccontiamo la sua storia.
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Nato nel 1861 nel New Hampshire, Herman Webster Mudgett – questo il vero nome di Holmes – è un brillante studente di medicina che è ben presto costretto a lasciare gli studi perché accusato di frode. Pare infatti che egli avesse sottratto cadaveri dalle sale anatomiche per poi sfigurarli, in modo da simularne il decesso per sinistri di vario genere e poter così riscuotere le polizze da lui stesso accese sulle vittime. Queste vicende lo costringono a lasciare il New Hampshire e nel 1886 Mudgett è a Chicago e qui cambia il suo nome in Holmes omaggiando il personaggio di Sir Arthur Conan Doyle.
In quel momento Chicago è la città prescelta per la Fiera Colombiana, la grandiosa Esposizione Universale del 1893, celebrativa dei quattrocento anni dalla scoperta dell’America. Nell’occasione viene progettato e costruito un intero quartiere in stile neoclassico – la c.d. White City – destinato a ospitare le principali manifestazioni della kermesse. L’Expo del 1893 è un vero successo. I visitatori sono in numero ben superiore rispetto alle precedenti edizioni svoltesi in Europa: la White City è meta di oltre 27 milioni di persone in sei mesi!

Holmes a Chicago
Ma non va dimenticato che Chicago è anche una città dalla crescita tumultuosa dove la criminalità trova terreno fertile e dove ogni giorno qualcuno sparisce.
È questo il contesto ideale per le perversioni di Holmes che, alla truffa, affianca ben presto l’omicidio. Dopo aver avvelenato una donna per trarne profitto Holmes si fa assumere come assistente in una farmacia si dice egli abbia “acquisito” dopo averne ucciso i proprietari. Qui si industria nella creazione di intrugli miracolosi che ne aumentano la popolarità e ne rimpinguano le tasche. Ma questa non è esattamente l’idea di vita che Holmes ha in mente poiché ben altre sono le efferate ambizioni che si propone di realizzare.
Il terribile “Murder Castle”
Infatti, impiegando i proventi delle truffe assicurative, Holmes acquista un terreno a Englewood dove dà avvio alla costruzione del “Murder Castle”. Il castello di Holmes, che prende il nome di Fair Hotel, prevede negozi al pian terreno ed un gran numero di stanze ai piani superiori. Queste ultime disposte in modo caotico, con corridoi labirintici e scale che non portano da nessuna parte. Le stanze, tutte insonorizzate, hanno passaggi segreti, spioncini celati nei dipinti, botole che nascondono scivoli nascosti comunicanti con il seminterrato. Alcune stanze sono poi sigillate ermeticamente e Holmes è in grado di asfissiare il malcapitato rinchiuso all’interno stanza rimanendo comodamente seduto nel proprio ufficio. C’è poi un seminterrato in cui trovano posto pozzi di calce via e vasche acide nonché un forno crematorio, apparecchiatura per la tortura e tavoli per dissezione anatomica.


Insomma Holmes realizza la struttura che negli anni a venire diverrà il prototipo del “Castello degli orrori”, grande attrazione di fiere e parchi divertimento.
Nell’hotel-trappola così congegnato da Holmes scompaiono a decine viaggiatori, semplici turisti giunti a Chicago per l’Ex ma anche amanti occasionali dello stesso Holmes, nonché i suoi dipendenti, in prevalenza donne sole assunte a condizione di stipulare un’assicurazione sulla vita di cui Holmes è il beneficiario. I corpi, una volta trasferiti nelle cantine, vengono scarificati, le parti organiche bruciate nel forno o dissolte in acido e gli scheletri così ripuliti vengono venduti alle Facoltà di Medicina. Holmes si diletta anche di praticare dissezioni, poiché si considera comunque uno scienziato e sino all’ultimo pretenderà di essere chiamato “dottore”.
La fuga e l’arresto
Il Castello però costa più di quanto gli affari illeciti gli consentano di guadagnare e con la conclusione dell’Expo, alla fine del 1893, Holmes si trova sull’orlo della bancarotta. È così costretto a darsi nuovamente alla fuga mentre il Fair Hotel viene parzialmente distrutto da un incendio quasi certamente doloso.
Inizia un vagabondaggio fra Stati Uniti e Canada, segnato da truffe assicurative e nuovi omicidi, ma ormai le compagnie si sono insospettite e danno mandato alle famose agenzie di investigazione del tempo di acchiappare il truffatore. Holmes è così braccato dai detectives della Pinkerton ma, soprattutto, dalla stampa che, su tutto il territorio americano, pubblicizza le malefatte di Holmes e pubblica la foto identificativa del suo volto.
Dopo alterne vicende – su segnalazione di investigatori dell’agenzia Pinkerton – il 17 novembre 1894 il “dottor Morte” è infine arrestato a Boston mentre sta per imbarcarsi per l’Europa.
Nel corso degli interrogatori e poi del processo, viene alla luce la reale natura della sua spaventosa carriera criminale, che polarizza l’attenzione della stampa americana.

Il processo
Nelle udienze il serial killer alterna confessioni a ritrattazioni, descrizioni veridiche a menzogne palesi e sfrutta la sua enorme notorietà vendendo a caro prezzo – pare 10.000 dollari – il proprio memoriale al gruppo editoriale Hearst.
Nella sua autobiografia Holmes afferma di avere commesso 133 omicidi, ma in seguito ritratta dichiarando che si era trattato di un trucco per guadagnare soldi; la polizia dell’epoca gli attribuisce almeno 200 vittime, 150 delle quali documentate dai resti scheletrici rinvenuti all’interno del Fair Hotel.
La mattina del 7 maggio 1896 Holmes viene impiccato alla Moyamensing Prison a seguito della condanna per “solo” 9 omicidi. La sua è una lenta agonia di 15 minuti perché il boia ha mal realizzato il cappio. Fra le sue ultime volontà, ironicamente, esprime quella che il proprio corpo non venga smembrato dopo la morte e che la sua bara venga riempita di cemento. I resti del Fair Hotel scampati al primo incendio saranno definitivamente distrutti da un secondo incendio nel 1938.
Per Lombroso: “Il più grande criminale del secolo”

Durante il processo, visto il fallimento di diversi espedienti difensivi, Henry Holmes tenta di giustificare la propria condotta alla luce delle categorie criminologiche lombrosiane che in America erano ben conosciute e che qui avevano ricevuto maggiori consensi che in Italia. Gli scritti di Lombroso trovavano infatti spazio su testate ad amplissima diffusione come il New York World o sul New York Journal.
Anni dopo lo stesso Lombroso rievocherà la vicenda nel volume Delitti vecchi e delitti nuovi del 1902 nel capitolo dal titolo “Il dottore Holmes”, interamente dedicato alla storia di colui che l’autore riconosce come «certo il più grande e anche il più moderno delinquente del secolo», con ovvio riferimento all’800.
Nel relativo capitolo così scrive di lui Lombroso: «Di un ingegno straordinario, dopo aver tentato di negare tutto, vistosi schiacciato dalla risultanza dei fatti, tenta un metodo geniale di difesa come geniali erano i suoi metodi di offesa. Si fa radere la barba, si procura i libri della nuova Scuola penale italiana (…) e combina una strana difesa autobiografica, di cui disgraziatamente io posseggo solo un sunto, dove egli trova in sé tutti i caratteri del delinquente-nato; quindi aumenta a dismisura e inventa di sana pianta inconcepibili delitti, si dichiara pazzo morale e irresponsabile, pretende gli siano sorte anomalie craniane (stenocrotalia ed acrocefalia) durante la dimora in carcere».
Il prototipo del “delinquente nato”
Per Lombroso dunque Holmes non appartiene, per quanto lo rivendichi, alla categoria del delinquente nato: «Percorrendo infatti avidamente tutti i documenti che concernono questo terribile criminale, alcuni dei quali inviatimi da persone amiche, ho dovuto convincermi che molti di questi caratteri che io assegno ai delinquenti-nati non si ritrovano in questo, che ne è uno dei modelli più straordinari (…)».
La spiegazione che dà Lombroso è un’altra: Holmes è un genio delinquente e, come ha già sostenuto scrivendo del rapporto fra genio, delitto e follia – «negli uomini di genio manca il tipo» – ovvero i caratteri fisici del criminale – ma «non mancano però quelli psichici».
Tuttavia, al di là del tentativo di Lombroso di ricondurre il caso di Holmes entro i confini del proprio modello teorico, egli non può esimersi da riconoscere l’eccezionalità della vicenda di Holmes, il quale «compendia il massimo dei mezzi scientifici che può dare la scienza moderna ad un uomo per fare il male: arte medica; scienza chimica e tossicologica; abilità grafica; conoscenza del meccanismo d’una delle più moderne trovate che sono le assicurazioni. Egli è uno scellerato di genio che rappresenta col delitto quel progresso che hanno fatto le popolazioni degli Stati Uniti ».
Per gli appassionati di cinema
H. H. Holmes è certamente uno dei più singolari assassini seriali di tutti i tempi e la sua storia non ha mancato di catturare l’attenzione del mondo del cinema. Da oltre un anno Martin Scorsese sta lavorando alla sceneggiatura di una produzione tratta “The Devil in the White City”, tratto dall’omonimo romanzo di Erik Larson pubblicato nel 2003, che ne ricostruisce le incredibili vicende. Il viaggio dal libro allo schermo sembra ora in procinto di giungere in porto poichè per il 2024 è previsto il lancio di una miniserie di otto puntate prodotte da Leonardo Di Caprio, che ne ha acquistato i diritti già da diversi anni. Resta il mistero di quale sarà l’attore a dare il volto all’inquietante dott. Holmes.

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