Da ogne bocca dirompea co’ denti
Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XXXIV
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti”
Il male esiste nel mondo e negarlo è ipocrisia, mai e mai un medico dovrebbe piegarsi ad esso. Questo è accaduto. Allora per non dimenticare, questa volta facciamo un viaggio nel “male assoluto”, per capire qual è il significato profondo di ciò che la nostra Disciplina chiama integrità psico-fisica e consenso, che si condensa nel principio di dignità umana e di umanità. Perché la Medicina Legale è questo: tutela della dignità umana.
Partiamo da un dato di letteratura, a cui siamo molto abituati.
L’articolo scientifico
1946, la rivista Minerva Medica pubblica nel volume n. XXXVI luglio-dicembre pubblica un articolo di Leonardo De Benedetti, medico-chirurgo, e di Primo Levi, chimico. Si, stropicciatevi pure gli occhi, è quel Primo Levi che ha scritto “Se questo è un uomo” e “I sommersi e i salvati”.
L’articolo ha il titolo “Rapporto sulla organizzazione igienico sanitaria del campo di concentramento per Ebrei di Monowitz (Auschwitz – Alta Slesia)” e i due autori co-internati “allo scopo di far meglio conoscere gli orrori” hanno scritto il loro resoconto sull’organizzazione “sanitaria” del campo di concentramento. Ben presto si capirà, leggendo, che tutto era apparenza e la sostanza era molto diversa.
Il nostro viaggio nell’inferno inizia ora.
Le condizioni degli internati nel campo
Nessuno spazio per vivere
Il campo era organizzato a blocchi. Ogni blocco poteva ospitare un numero massimo di deportati, usualmente ampiamente superato anche di oltre il doppio, tanto che in ogni letto (se così si poteva chiamare) dovevano dormire due persone. La cubatura della camerata del blocco era insufficiente per le necessità di respirazione ed ematosi. Il saccone e le coperte erano polverose, mai cambiate, né disinfettate, con macchie di ogni natura. Le cimici e le pulci erano ovunque.
Cibo e alimentazione insussistente
Tre pasti al giorno. Mattina: 350 gr di pane tre volte la settimana, 700 gr di pane tre volte la settimana, contenti una grande quantità di scorie, tra cui segatura di legno, 25 gr di margarina (distribuita sei volte la settimana, poi ridotta a tre) con una ventina di grammi di salame oppure un cucchiaio di marmellata o di ricotta. Mezzogiorno: un litro di zuppa di rape o di cavoli. Sera: un litro di zuppa, con qualche patata, sempre priva di condimento grasso, mai carne. Bevanda: mezzo litro di infuso di surrogato di caffè in mattinata e la sera. Non c’era acqua potabile.
Igiene
Doccia da due a tre volte la settimana, con un solo pezzo di sapone da 50 gr distribuita una sola volta al mese, privo di sostanze grasse e ricco di sabbia. Non c’era possibilità di strofinarsi il corpo o di asciugarlo. Si andava nudi dalle docce al blocco. Mancava l’acqua potabile. Non vi erano ricambi di abiti e/o indumenti e non era possibile lavare gli indumenti.
Lavoro massacrante
Tutti i lavori erano di manovalanza, faticosi, inadatti alle condizioni fisiche degli internati e le fatiche erano superiori alle forze. Nessun lavoro aveva affinità con la professione esercitata. Si lavorava indipendentemente dalle condizioni metereologiche delle stagioni e le mansioni, pesantissime, dovevano svolgersi con ritmo celere e senza sosta, eccetto una sola ora per il pasto.
Le malattia degli internati
Questo era il luogo dove i condannati, con tanta facilità, sviluppavano malattie.
De-Benedetti e Levi così le classificano:
- Malattie distrofiche: l’alimentazione ne era la causa e frequenti erano i flemmoni e le suppurazioni siero-purulente interminabili; le calzature, antifisiologiche e di legno, causavano piaghe ai piedi ed erosioni;
- Malattia dell’apparato gastrointestinale: scariche alvine, liquide, diarrea, anoressia. La sete era sempre intensa;
- Malattie da raffreddamento: bronchiti, polmoniti e broncopolmoniti, nevralgie ed artriti;
- Malattie infettive generali e cutanee: scarlattina, varicella, erisipela e difterite, tifo addominale. Foruncoli ascessi e scabbia;
- Malattie chirurgiche: per queste erano praticate gastroenteroanastomosi, appendicectomie, resezioni costali, interventi ortopedici, ernie, incisioni di flemmoni;
- Malattie da lavoro: malattie da infortunio
Il Rapporto descrive, secondo il corretto linguaggio scientifico e letterario, anche i metodi di cura e la presenza di ambulatori di medicina generale, di chirurgia, di ORL, di oculistica, il padiglione di chirurgia settica, il padiglione di riposo, il padiglione di malattie infettive. Non pensate assolutamente che queste strutture fossero provviste di dotazioni strumentali e/o farmacologiche anche per carenze dovute allo stato di guerra oltre che per il relativo interesse degli aguzzini sui prigionieri.
La constatazione dei decessi dei detenuti
La constatazione di morte era affidata a due soggetti, non medici, che armati di nervi di bue, dovevano bastonare per alcuni minuti di seguito il soggetto che pareva essere deceduto. In assenza di reazione e/o movimento, il corpo era considerato privo di vita e trasportato al crematorio. Se non era morto, era costretto a tornare al lavoro.
La medicina contro il “male” dell’uomo
L’inferno è un abisso e per ora siamo arrivati solo poco prima del suo limitare.
Lascio a te lettore l’intero Rapporto, ma non pensare che quanto puoi leggere descriva un barlume di umanità, né deve trarti in inganno il dovuto linguaggio medico-scientifico che una rivista medica richiede.
Per ora siamo giunti sul ciglio del baratro, la prossima volta guarderemo in fondo al baratro per capire quanto la nostra Disciplina sia al servizio dell’uomo per evitare di ricadere dentro quel baratro.
L’articolo di Levi e Di Benedetti
Qui potete leggere e scaricare il lavoro originale di P. Levi e di L. De Benedetti (ovviamente non presente in formati PDF “attuali” per la vetustà della redazione) la cui pubblicazione ci è stata gentilmente concessa dall’editore Minerva Medica.