Abstract
La sentenza del Consiglio di Stato sulla possibilità di ottenere la cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo” senza ricetta anche per i soggetti minorenni. Un commento del nostro Davide Santovito e della Dott.ssa Elisa Olivetta, Specialista in formazione dell’Università di Torino.
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Tra i profili censurati e contestati le associazioni pro-vita sollevavano la violazione della legge 194 del 1978 che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza, nonchè della legge 219 del 2017 in materia di consenso informato e nello specifico “Rilevano le appellanti che la determina del Direttore AIFA sarebbe illegittima perché in contrasto con la normativa in materia di consenso informato per la somministrazione di un trattamento sanitario. Più precisamente, l’eliminazione della prescrizione medica violerebbe, da un lato, il diritto del minore ad una corretta informazione (non essendo sufficiente il foglio illustrativo di accompagnamento), dall’altra, il diritto dei titolari della responsabilità genitoriale ovvero di chi ne fa le veci a sostituirsi al minore – pur tenendo in considerazione la sua volontà – in relazione all’età, al grado di maturità, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.”
Il cardine della discussione, che qui si vuole portare all’attenzione del lettore, è il significato di Trattamento Sanitario, evidenziando come il Consiglio di Stato sottolinei che gli assetti normativi in materia di salute non lo definiscono. Ciò premesso, il punto di partenza dell’analisi è indubbiamente l’art.32 della Costituzione che recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Il Collegio ricorda che per diritto alla salute si intende il diritto:
- all’integrità psico-fisica;
- a vivere in un ambiente salubre;
- a non ricevere trattamenti sanitari, se non di carattere obbligatorio, volti a tutelare non solo il destinatario ma contemporaneamente anche la collettività.
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Il Collegio evidenzia che, per quanto l’art. 33 della Legge 23 dicembre 1978 n. 833 prevede che i “gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari”, la norma non specifica che cosa si intenda per accertamento e per trattamento sanitario, ma si fa solitamente costante riferimento al principio della “cura”, benessere psico-fisico. In questo contesto, il Collegio intende per “trattamento sanitario”:
- ogni attività prodromica alla tutela della salute intesa, in senso lato, come benessere psico-fisico;
- o, utilizzando un criterio di natura letterale ogni atto prescritto da personale sanitario, sia esso diagnostico ovvero terapeutico.
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Posto che il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima e comunque estranea al proprio sindacato nel merito la scelta di inserire il farmaco “EllaOne” tra quelli da banco, ossia senza prescrizione medica, nel caso specifico oggetto di sentenza non è in rilievo un atto medico somministrato ad un paziente (la prescrizione dell’EllaOne), per il quale quindi deve sempre essere prestato il consenso (personale, libero, esplicito, consapevole, specifico, attuale e revocabile in ogni momento). Si è di fronte ad una scelta di volontaria assunzione. Pertanto, se così non fosse, allora per ogni farmaco da banco si richiederebbe l’attivazione del meccanismo di tutela dei minori, con coinvolgimento dei genitori e/o dei tutori.
Il Collegio, peraltro, fornisce anche una lettura costituzionalmente orientata all’interno della disciplina del consenso informato che impone comunque la protezione del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’auto-determinazione della persona. Proprio in virtù di tale diritto, quest’ultimo sarebbe esposto al concreto rischio di frustrazione nel caso in cui si pretendesse, limitatamente al caso di specie, che attiene alla libertà sessuale e, più in generale, alla sfera privata, la necessità del consenso dei genitori o dei tutori.
Nasce quindi una riflessione dalla lettura della sentenza: l’atto delle Autorità sanitarie, che ha inserito il farmaco “EllaOne” tra quelli da banco, fa venire meno il principio del consenso informato come previsto dall’art. 3 Legge 219/2017 “Minori e incapaci”. Tuttavia il medico, se coinvolto dalla minore, in ossequio al rapporto di fiducia con il proprio paziente, come previsto dall’art. 1, deve valorizzare al massimo le capacità di comprensione e di decisione del minore, anche e soprattutto in armonia con il Codice di Deontologia Medica in riferimento alla tutela dei minori.
La sentenza non può quindi essere per il medico un’agevole “scappatoia” nella gestione di una simile richiesta da parte di una minore, ma deve essere vista come un ulteriore sollecito al dialogo, inteso come tempo di “cura” per esplorare la capacità di discernimento al fine di tutelarne la salute sotto la sfera sessuale.
Per ciò che attiene alla presunta violazione della legge 194/1978, il Collegio conclude che il farmaco “EllaOne” non deve essere confuso con il farmaco utilizzato per l’interruzione volontaria della gravidanza, ma si tratta di un preparato farmacologico con meccanismo d’azione anti-ovulatorio, e dunque avente un target d’azione che precede l’eventuale l’impianto dell’embrione, per cui nessuna violazione della normativa in materia di interruzione di gravidanza è configurabile.
Qui sotto potete leggere e scaricare la sentenza in forma completa
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Si ricorda che l’AIFA ha emesso la seguente nota informativa su EllaOne:
“L’Agenzia Italiana del Farmaco ricorda che è disponibile un registro delle gravidanze per raccogliere tutte le informazioni sulla sicurezza dalle donne che hanno assunto EllaOne (ulipristal acetato) in gravidanza o che hanno iniziato una gravidanza dopo aver assunto questo medicinale. Inoltre, si invitano tutti gli operatori sanitari coinvolti nell’assistenza delle donne in gravidanza e gli operatori dei Centri per l’interruzione volontaria della gravidanza a chiedere sempre informazioni alle pazienti riguardo a tutti i contraccettivi di emergenza assunti. EllaOne (ulipristal acetato 30 mg) è stato approvato come contraccettivo di emergenza da assumersi entro 120 ore (5 giorni) da un rapporto sessuale non protetto o dal fallimento di altro metodo contraccettivo. Sebbene riduca in modo significativo il rischio di gravidanza, EllaOne non può prevenire tutte le gravidanze, pertanto una donna che lo ha assunto deve informare il suo medico nel caso in cui sia riscontrata una gravidanza. Al fine di consentire il monitoraggio delle gravidanze esposte a EllaOne, le Autorità sanitarie europee hanno richiesto alla ditta titolare l’apertura di un registro delle gravidanze per raccogliere tutte le informazioni disponibili sulla sicurezza da donne che hanno assunto EllaOne in gravidanza o che hanno iniziato una gravidanza dopo aver assunto questo medicinale.”.
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